Etichette che Spaccano (i Pareri)

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Il Bastardo, Sangiovese. 
La Bastarda, Bianco di Toscana.

vino bianco packaging naming design disegno grafica etichette label toscana mktgIn comunicazione si dice che per farsi notare basta affidarsi ad alcuni semplici ed universali "codici": i cuccioli (di uomo o di animali), corpi maschili e femminili nudi, testimonial famosi, verbalizzazione scurrile, bizzarrie varie. E' un modo. Chi lo sceglie per comodità, chi per mancanza di sostanza, di concetti, di idee. Nel caso di queste etichette c'è da distinguere tra il nome (discutibilmente gergale) che certo attira l'attenzione e il visual ironico, in stile "boteriano", salameccio ma simpatico. Il risultato? Fuori dagli schemi. E speriamo per l'azienda produttrice, anche fuori dagli scaffali.


Un Grasso Grazioso Dorato Ippopotamo

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Fat Bastard, Merlot, Thierry & Guy.

Non c'è dubbio che questo nome (aziendale e di prodotto) ha portato fortuna e notorietà ai due fantasiosi fondatori. Azienda americana, marchia tutti i vini della gamma con l'inconfondibile ippopotamo e con il nome "Fat Bastard" tipica espressione di stupore ammirato, diventata icona di vini moderni e ruffiani, ma sempre con la qualità al centro delle intenzioni. L'etichetta è "pulita", pone al centro e in evidenza il nome (scritto in parte in maiuscolo e in parte in corsivo: incuriosisce anche se graficamente non favorisce la leggibilità), gioca con il bordo superiore "schiacciato" da un simpatico e grassoccio ippopotamo dorato. Operazione coraggiosa e dignitosa, sicuramente attenzionale e ripagante.

La "Linea Immaginaria" dell'Autorevolezza

packaging naming design bianco nero grigio rigore eleganza grafica etichette sangioveseTorre, Sangiovese Doc, Vigna 1922.

L'unico elemento che non ci piace di questa etichetta è il carattere di scrittura del nome "Torre". Per tutto il resto non ci possono essere che apprezzamenti. Possiamo notare innanzitutto la struttura grafica della capsula, in alto, con la sagoma di una torre: un particolare che "attiene" al nome. Il sapiente uso dei bianchi, dei neri e dei grigi continua sul corpo della bottiglia regalando ottima enfasi ai vari elementi. Un altro particolare: Vigna 1922 è scritto in oro, per questo si fa notare, ma con grazia. L'eleganza del design e il rigore nella disposizione di tutti i componenti visivi e verbali è evidente. Infine il testo, che per una volta (ben venga!) è sul fronte, recita: "C'è una linea immaginaria, parallela alla via Emilia, costituita dai primi crinali dell'Appenino Romagnolo che divide la pianura dalle terre alte, vocate alla vigna ed all'olivo. Su questi crinali si ergono le medioevali torri di avvistamento e fra queste Torre San Martino tra gli antichi borghi di Faenza e Modigliana." Storia, tradizione, territorio, sogno. Ottimo lavoro.

Bouquet Moderno, Profumo di Design

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Garnatxa Negra, Bouquet d'Alella.

Il Packaging-Design è un'arte. In mirabile equilibrio (quando ben riuscito) tra il bello e l'estremo, tra il gusto e il coraggio, tra il nuovo e il vecchio, tra il sacro e il profano. Questa "vestizione" di una bottiglia di Granaccia Nera di un produttore spagnolo, vicino a Barcellona, osa con linee "moderne", cade un po' sul generico di una virgoletta "grafica" da sempre inflazionata, non fa centro con il colore, ma sorprende (in sostanza attira l'attenzione) con un mix di "misura" e stravaganza. Il risultato, nel totale, è ottimo, visto quello che circola sugli scaffali, soprattutto fuori Enotria. Certo non originale la scelta del nome che in sostanza riprende il nome aziendale proponendo in aggiunta il vitigno. 

La Presunta Modernità del Prosecco

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Sior Carlo, Prosecco Spumante Brut, V8+.

Il "mondo" della spumantistica che in teoria dovrebbe essere più elegante e celebrativo, suadente ed equilibrato di altri, recentemente lascia basiti per la "creatività" espressa in nomi ed etichette. La "scusa", in particolare per il mondo del Prosecco, è quella di dover essere allineati con un pubblico giovane. Come se le nuove generazioni non avessero la capacità e la cognizione per riconoscere la bellezza.  Certo, perché modernità e stravaganza non sono necessariamente "bellezza". E per farsi notare non basta fare gli eclettici. Dolce & Gabbana insegnano. E Giorgio Armani anche. Ognuno con il proprio stile. E quindi: nome dell'azienda Vineyards (perché in inglese?) 8+ (l'otto e il "più" vengono circostanziati sul sito del produttore, argomenti validi ma non sufficenti a suffragare la decisione di porre un numero come denominazione aziendale. La grafica dell'etichetta è ordinata e ben "distribuita", ma vogliamo parlare di quel verdino-coleottero? E il nome del prodotto: Sior Carlo, un salto nel passato, con retaggio dialettale che si scontra come un treno in corsa con lo stile generale presunto-moderno. Insomma, l'8+ si prende un bel 4!

Lambrusco e Pop-Corn (cantava Ligabue)

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Coca Cola Vintage e Lambrusco Riunite.

Dicono che il Lambrusco è la Coca-Cola dei vini. Frizzante lo è. Dolce pure (diciamo amabile e comunque c'è anche quello secco). Ma è nato prima il Lambrusco o la Coca-Cola? Certamente il vino dell'Emilia-Romagna che quanto a tradizione non deve inchinarsi a nessuno. Oggi c'è comunque chi ama bere Coca-Cola insieme a un panino col salame. Ma il culatello richiede solo e sempre il Lambrusco! Passando alle immagini proposte, ecco una versione vintage del packaging della Coca-Cola che ricorda una bottiglia di spumante. Insomma le hanno provate tutte per convincerci. Cosa dire invece sul packaging del Lambrusco delle Cantine Riunite in versione "famiglia"? Fa il suo onesto lavoro (siamo di fronte, in questo caso, di un prodotto di massa) con rigore, equilibrio, anche una tal eleganza. Tiene alto il profilo del prodotto. Unica critica quel "Riunite" in grande evidenza. Un nome che tra l'altro non è un gran nome, cioè non nobilita l'attività dell'azienda, anzi, "massifica".

Quando il Packaging fa Categoria

Chateau Miraval, Provence, Rosè.

vino rosè bottiglia etichetta packaging marketing naming design cinema celebritàvino rosè provence bottiglia etichette packaging design francia celebrità naming ricercaSarà anche il vino di Angelina & Brad, ma ricorda proprio la confezione di un profumo!  I due super-divi del cinema, hanno "creato" e logicamente sponsorizzato in giro per il mondo il "loro" vino rosè. Immaginiamo che il packaging lo abbiano fatto realizzare da qualche specialista, sicuramente di budget, dietro a questo progetto, ce n'era. Ebbene questo è il risultato. Miraval, come nome (Chateau Miraval è la tenuta) è una definizione abbastanza comune. Ci sono decine di luoghi e di alberghi e di ristoranti "Miravalle" anche in Italia, figuriamoci in Francia. E poi la forma, il colore, lo stile dell'etichetta, il design in generale, il visual "floreale", insomma tutto porta consciamente o inconsciamente al cosmetico (e non va per niente bene per un vino). Probabilmente utilizzeranno la medesima etichetta anche per un profumo. Per ottimizzare le "risorse".

Divinità e Ironia generano Notorietà e Attenzione.

bottiglia packaging zeus miti capra cornucopia design naming ricerca grappolo uva mktgAmaltea, Penedès, Loxarel.

bottiglia vino rosso spagna amaltea zeus mito pasckagin marketing naming graficaIl nome è glorioso, il produttore è coraggioso: Amaltea è la capra che allattò Zeus (in alternativa viene chiamata così la ninfa che custodì la capra che alimentò Zeus bambino). Diventato Re degli Déi, Zeus, riconoscente, diede un grande potere alle sue corna. Da questo nasce la leggenda del Corno dell'Abbondanza o cornu copiae, detto anche meno notoriamente Corno di Amaltea. Dissacrando ironicamente il tutto (ma guadagnando in attenzionalità), vediamo una capra con in bocca un grappolo d'uva. Il latte diventa vino (cabernet, merlot e tempranillo, in questo caso), perpetuando il nutrimento dei popoli. Questo produttore catalano ci gioca con modernità e leggiadria. Non elegante ma certamente gioviale.

La Parola d'Ordine è Valorizzare

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Massifitti, Trebbiano di Soave, Suavia.

Bottiglia di forma originale che crea problemi di stockaggio e di trasporto ma che, in compenso, sullo scaffale si fa notare. A suo modo si fa notare anche l'etichetta, molto "spaziosa" e soprattutto il nome, scritto con uno stile amanuense, nero fitto, proprio come i massi ai quali fa riferimento. Nome non facile da pronunciare ma dotato di un suo carattere e di una fonetica giocosa e anche per questo interessante. Nel compesso una operazione che "sta insieme" bene: valorizza un vitigno non proprio nobile con elementi di caratterizzazione forti e convincenti.

Ritrovare la Poesia nella Comunicazione Visiva

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Les Vignes Retrouvées, Saint Mont, Plaimont.

Riconcilia con lo spirito divino del packaging questa bella etichetta che fa della semplicità un dono e che esprime con gentilezza la forza di un concetto ben legato al prodotto. Le "vigne ritrovate" sono evidentemente i tre vitigni che compongono questo vino bianco: il Gros Manseng, il Petit Courbu e l'Arruflac. Sconosciuti e quindi ritrovati. Il nome evoca, racconta. L'immagine accompagna con l'estro "svolazzante" di quelle foglie di vite colorate. Eleganza, coraggio e terroir. Complimenti.

Una Tigre Gialla per Tenebrosi Birromani

etichette birra design tigre santa julia packaging marketing naming grafica consumoEl Tigre, Sta. Julia.

birra label packaging mktg tigre tiger design grafica estetica malto giallo namingUna birra è come un detersivo, difficile da etichettare, ma al tempo stesso molto facile. Dicotomie estetiche e di marketing. Insomma le birre (industriali) sono tutte simili, come i detersivi che fanno tutti la stessa cosa, detergono (la birra forse deterge le budella). Per questo i "canoni" di comunicazione ruotano attorno a ben determinati "codici". In questo caso, l'aggressività della tigre diventa "aspirazionale" e conquista con impeto il pubblico bevaiolo. Davvero ben realizzata, con un carattere (scrittura) creato appositamente "a mano", cioè ricostruito, non preso tra i "font" disponibili e precostituiti. Il risultato è di effetto. Coerenza concettuale e mood di livello.

Krug e i suoi Fratelli

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Kluge, Brut Rosè.

krug champagne etichette bottiglia rosè packaging marketing naming design franceIl problema delle similitudini nei nomi non sempre viene esorcizzato con i brevetti o risolto con azioni legali. Nulla da dire su questo vino Rosè della Virginia (Usa) se non che il suo nome e la sua etichetta somigliano abbastanza al celebre e costosissimo Champagne. Somigliano abbastanza per ricordare quel prodotto ma non abbastanza per avviare azioni legali. E quindi convivono. Anche perché il mercato interno dei vini Usa non può certo competere con l'export di Champagne francese. Si tratta comunque di un caso curioso e come questo se ne vedono tanti. Lo sa bene anche l'Italia dei Doc e delle Dop spesso "scimmiottati" commercialmente da qualche spregiudicato produttore d'oltre confine.

Effetto Porcellana che fa Guadagnare Rilievo

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Porseleinberg, Syrah, Swartland.

etichetta rilievo etichette vino design packaging grafica estetica marketing sud africaLe nuove tecnologie oggi portano etichette in rilievo realizzate con materiali innovativi. Questa etichetta di un Syrah in purezza prodotto sulle pendici della "Montagna di Porcellana", nella zona di Swartland in Sud Africa, è stata pensata e poi realizzata con una vecchia punzionatrice: tutto ritorna, le nuove tecnologie trovano ispirazione nel passato. L'effetto è un "total white" con assenza di inchiostro, certo viene valorizzata da illuminazioni particolari, la luce piatta la rende anonima. L'originalità c'è, il concetto del rilievo "anticante" è in effetti valorizzante. Il packaging ne guadagna. E forse anche le vendite.

Che Stile questo Lemon-Vintage!

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Garage, Hard Lemon, Seth & Riley's.

Sarà che lo scatto fotografico di questa bottiglietta è stato eseguito a regola d'arte con tanto di goccioline di "freschezza", ma di fatto il risultato complessivo è di sicuro effetto. Il limone, ingrediente base, viene valorizzato da una grafica old-style che però mantiene una freschezza spigliata e una gradevolezza immediata. La semplicità degli elementi in etichetta sorprende con raffinata genuinità. Il nome, che apparentemente, nulla c'entra con tutto il resto, risulta perfetto in una logica di "informalità personalizzante". Ottimo lavoro.

La Vedova è fin Troppo Allegra

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Veuve Clicquot Ponsardin, Rosè.

Certe etichette sono entrate così tanto nel "vissuto", nella memoria, nell'abitudine, che non si discutono più. Eppure è evidente che il rosa non va d'accordo con la terra di Siena (o arancione che dir si voglia). Quel quadrato al centro è un pugno in un occhio. Se non un pugno, quanto meno un buffetto. Rompe l'armonia, spezza il celebre nome anche in lettura. Eppur si muove (dagli scaffali). Il marketing della nota Maison non perde certo tempo, creando insoliti packaging per i vari portabottiglia che si avvicendano negli anni e nelle celebrazioni. Grande scuola, comunque, di merchandising e di enologia "di consumo". E il gusto?

La Luna nel Pozzo o in un Cielo Stellato?

bottiglia etichette luna oro blu packaging toscana agriturismo mktg naming ricercaTradizionale, Vino Nobile di Montepulciano, Lunadoro.

bottiglia etichetta etichette marketing packaging naming design wine grafica colore bluChe sia nobile non ci sono dubbi. Il Montepulciano. Lo è da secoli. Così come da secoli il vino viene "abbinato" a sole e luna. Al sole, di solito, per etichette di bianchi o di passiti. Alla luna, spesso, per i rossi. Ed è quello che è accaduto anche in questo caso, dove il produttore, un agriturismo con azienda (o viceversa, dipende dai punti di vista), di Pienza, in Toscana, ha voluto dedicare un cielo stellato all'immagine di uno dei vini della propria gamma. Il nome, in basso, poco in evidenza, è "Tradizionale", ostacolato da una T che non ha molto senso. Emerge molto di più il nome dell'azienda "Lunadoro". Oro su blu, notoriamente colore non alimentare, ma che in tonalità scura può anche reggere il discorso. 

Anche a Canelli bevono Marsala

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Marsala all'Uovo, Riccadonna.

Chissà perché ad un certo punto della propria  lunga storia aziendale, Riccadonna, indiscusso leader della spumantistica piemontese, decide di commercializzare anche un "vino Marsala all'uovo". Spiegazione di marketing: ampliare l'offerta verso il consumatore a fronte di una richiesta di mercato. Certo, c'era un tempo in cui nei salotti, anche quelli piemontesi, si beveva Marsala all'Uovo, vino liquoroso che niente ha da spartire con la tradizione vinicola del nord. Etichetta in linea con i tempi, visibile, allegorica, con quel mix di uova e uva che stride e arride.

Le Note di un’Etichetta che Poteva Suonare Meglio

bottiglie packaging etichette franciacorta naming marketing studio etichetta ricerca nomeVigne Note, Franciacorta.

Al centro di questa etichetta, di colori diversi per ogni elemento che compone la gamma, vediamo l’immagine di Tersicore, musa della danza e della musica che "accompagna con la sua lira ogni goccia del vino racchiuso nella bottiglia" leggiamo in rete. Tersicore è inserita in una forma a dodici punte che rappresenta il ciclo del tempo, le stagioni, i mesi, le ore, le costellazioni, i punti cardinali "poiché un buon vino è il frutto dell’attesa". Concetti e comunicazioni visive sono coordinati e ben assemblati. Qualche piccola notazione: il nome è bello, corto, originale, esprime un concetto valorizzante (se le Vigne sono Note allora una ragione ci sarà). Il suo secondo significato (note in senso di musica) genera ugualmente sensazioni positive: la musica, la danza, il suono, l’arte della composizione così come è composizione di elementi il vino. Nome bello, compiuto dal punto di vista semantico, non altrettanto da quello fonetico: la pronunciabilità incespica un po’. Passando invece a considerazioni cromatiche i colori di questa linea di etichette sono un po' pastello, come dire, forse troppo “baby”. 

Mani da Lavoro in Vigna

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Tramuz, Ribera del Duero.

Molte persone quando incontrano qualcuno per la prima volta gli guardano le mani. Le mani di un viticoltore sono facilmente identificabili. E sono una garanzia. Perché lo vedi se una persona lavora personalmente la propria vigna. Lo vedi subito, dalle mani. E allora perché non mettere questo "marchio di fabbrica" sull'etichetta? Devono aver pensato questo i designer che hanno elaborato questa etichetta. L'impatto e il messaggio sono molto forti. Non serve altro. Peccato per il carattere dei testi, non proprio adeguato. Ma almeno ci sono un'idea e un concept forti ed evidenti.

Vampirizzare il Prodotto non Va Bene.

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Vampire, Pinot Noir, California.

Tutta la grafica tenebrosa di questa etichetta spinge verso àmbiti notturni e misteriosi. Una scelta di stile e di comunicazione che può anche attirare attenzione. In questo caso "Vampire" non è il nome specifico del vino bensì il nome dell'azienda, che poi caratterizza (se così si può dire e fare) i vari vini con il nome del vitigno. Ma torniamo alla grafica: il carattere di scrittura è molto da film horror e anche il visual, che vede la V grondante sangue (o vino?), lo conferma. Come minimo discutibile: anche se il richiamo al sangue e al vino è di millenaria e religiosa usanza, per molti il sangue non è un bel vedere. In questo caso siamo di fronte a una vera e propria "americanata".

Un Vino che Sa di Vino, un Miele che Sa di Miele

bottiglia vino bianco etichetta desgin panoerama miele packaging naming nome graficaHonig, Sauvignon Blanc, Napa Valley.

Ci sono due elementi di spicco in questa etichetta: l'ampia grafica paesaggistica, di sicuro impatto, evocativa, poetica, insolita, attenzionale. E il nome, Honig (chissà perché in tedesco) che con quell'ape al centro della "H" richiama fortemente e senza dubbi il miele. D'accordo, il sauvignon in questione avrà certamente un forte afrore di miele (invece della solita pipì di gatto?), ma stiamo parlando (e vendendo) vino, non il nettare delle api. Mercato americano, forse questa la spiegazione: dove il gusto, i sapori, i richiami alle sensazioni forti sulle papille gustative, sono una mania collettiva. Se gli americani non sentono chiaramente un sapore sono delusi in partenza. E allora perché non farglielo sentire subito con la mente? Il condizionamento forzato non sposerà mai la fine sensibilità e viceversa.

Vigne in Terra, Etichetta in Alto Mare

passerina spumante bottiglia marche packaging design wine bollicine naming nomePasserina Brut, Altamarea, Ciù Ciù.

Non è uno scherzo. Passerina è il nome del vitigno, il fatto che sia Brut è una scelta del produttore, Altamarea è il nome del vino, Ciù Ciù e il nome dell'azienda. Non si sa da dove iniziare. E allora partiamo dalla grafica dell'etichetta: sterile, grigia, a forma di scudo (ma quante ce n'è?). Vediamo 4 parole con dimensioni e caratteri (detti anche "font", tecnicamente il tipo di scrittura) diversi. Una specie di sagra della comunicazione piuttosto disorganizzata. Tornando ai nomi: essere in "alto mare" è accezione negativa, da sempre. E anche l'alta marea non è che in generale sia molto positiva. E per quanto riguarda Ciù Ciù, chi lo sa, forse ci sono ragioni affettive che non abbiamo approfondito, ma non è nome da prendere sul serio senza essere, in compenso, troppo simpatico. 

A Volte l'Etichetta "non Centra"

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Magdalena Toso, Malbec, Argentina.

Se non sono storte le bottiglie allora si può stortare l'etichetta. L'obiettivo è sempre quello di farsi notare ma con eleganza grafica. Questo esempio viene da un produttore argentino. Etichetta minimalista dal punto di vista dell'ingombro. Piccola e semplice ma soprattutto decentrata in modo che all'occhio possa venire la voglia di scorrere verso destra e verso il basso ed andare a leggere tutto il resto. Si tratta di una idea di design, non proprio funzionale alla leggibilità, ma di buon impatto sullo scaffale.

Quando un Vino è un'Opera d'Arte

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Packaging Vino da Trasporto.

Le idee di "confezionamento" non servono solo a vestire la bottiglia di vino vera e propria. Il problema del trasporto è sempre stato molto "delicato". Ed ecco quindi che i designer si ingegnano per creare confezioni da trasporto che siano realmente protettive ma anche belle. In questo caso la confezione, in pratica una cornice, rende più presentabile il prodotto stesso. Valorizzando la bottiglia di vino come un'opera d'arte. Bella e pratica idea, pensiamo anche non molto più costosa delle normali scatole.

Un Lambrusco 90-60-90

vino lambrusco packaging naming confezione etichette etichetta rosso design wineBocciolo, Grasparossa Doc, Medici Ermete.

Una bottiglia di Lambrusco di ottima fattura. Forma originale (potrebbe essere anche un amaro), rilievo personalizzato, etichetta gradevole. La tipologia Lambrusco è quella che di fatto esprime la maggiore varietà di forme di bottiglia, quindi di packaging. Sarà forse quel suo essere vino "diverso". Tornando a questo Grasparossa, mentre la bottiglia si fa notare, l'etichetta scade nella normalità. Fa il proprio dovere, con tonalità adeguate, ma non spicca per design ricercato. Il nome, Bocciolo, femminile, come il prodotto del resto, è grazioso e suadente. Non si comprende la scritta "le Tenute" sopra di esso, che confonde ed è di troppo nella dinamica della grafica e per la leggibilità generale.

Olio d'Oliva: Tradizione o Innovazione?

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Olio Extra Vergine di Oliva, Torellò.

Questa azienda dal bizzarro nome, Torellò, con l'accento finale (anche se in Italia, essendo loro spagnoli, ci viene in mente la corrida) produce vini da generazioni e ha in gamma anche un olio d'oliva. Mentre per le etichette dei vini è meglio soprassedere (vedere qui quanto sono kitsch), l'etichetta dell'olio parla il linguaggio minimalista del design elegante. Semplice, pulita, stilizzata, lineare. Forse l'unico dubbio è sulla sua eccessiva modernità, laddove l'olio di oliva qualche retaggio nel passato lo dovrebbe mantenere.

United Colors of Bellavista

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Bellavista Alma e Pas Operè.

spumante vino italiano franciacorta packaging wine design colore bottiglia etichetteSarà che in Italia è sempre un gran carnevale, sarà che i colori fanno comunque allegria, fatto sta che anche un grande classico del vino come Bellavista (Franciacorta) si concede al pazzo packaging sperimentando tinte forti otticamente molto aggressive. Che dire dell’arancione catarifrangente di “Alma”? E dell'azzurrino "chiamami cielo" del Pas Operè? Forse meglio soprassedere. Ma almeno di Alma, il nome della Cuvée Brut, dobbiamo dire qualcosa. L'azienda afferma che "Alma è termine “affettuoso” verso la terra che genera meraviglie." Bella l'evocazione, breve e musicale, ma si tratta di parola in disuso almeno dai tempi di Dante Alighieri, che la utilizzò poeticamente in luogo di “anima”. Per lo più si conosce l’accezione in spagnolo, sempre con il medesimo significato. In generale ci piacevano di più le etichette di prima, ma l’ultima parola ce l’ha sempre il mercato, naturalmente.

Anche lo Spirito di Vino può Essere Santo.

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Cabernet Sauvignon, Chalice Bridge.

cabernet vino azienda australia marchio awareness grafica design logo packagingOrginale la decisione di questo produttore australiano di incollare l'etichetta proprio alla base della bottiglia. Non se ne vedono molte, quindi guadagna in originalità e si fa notare. Esteticamente discutibile, sembra sbilanciare la bottiglia, ma l'importante, in certi casi, è "uscire dal mucchio". Il visual in etichetta ripete in sostanza il logo aziendale che con quel calice al centro ha qualcosa di monastico ma anche, in positivo, di celebrativo. Raffinato, elegante, ma ottiene solo una sufficenza. Diciamo 6+.

La Salvifica Dinamica dei Simboli

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Nino Franco, Prosecco Brut.

Il mondo è sempre stato pervaso dai segni, dai geroglifici alle iscrizioni rupestri. Nino Franco, produttore di Prosecco (vitigno Glera) in Valdobbiadene, ha creato un simbolo, di origine clericale, per rappresentare i suoi vini. Le due iniziali, un grappolo e un calice. Al centro una croce. Un segno distintivo che diventa "il tutto", nel senso che ogni altro elemento del packaging ruota intorno ad esso. Attira l'attenzione, è un po' "sacrale", genera un alone di antico prestigio. L'etichetta per tutto il resto è semplice, lineare, luminosa, essenziale. E' bastato e continua a bastare quel simbolo per ben rappresentare tutta la linea di prodotti.

La Bottiglia "Storta" di Travaglini

bottiglia storta forma shape etichette etichetta packaging design vetreria originaleGattinara Riserva, Travaglini.

Bottiglia ben conosciuta tra gli appassionati di vino italiani, si tratta del Gattinara di una premiata azienda locale. La bottiglia è molto particolare, presentando una forma assolutamente unica nel panorama italiano e forse anche mondiale. E' una bottiglia irregolare, con sinuosità su entrambi i fianchi. Forse di non facile presa con le mani ma di sicura presa attenzionale. L'etichetta è quanto di più classico si possa immaginare, ma gradevole e abbastanza distintiva anch'essa. Il nome non c'è, nel senso che campeggia in alto la denominazione dell'azienda. Nel complesso si fa notare.

Quando la Bottiglia è Protagonista

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Madeira, Meio Doce.

Non esiste solo il "Vino di Paglia" francese tra le particolarità enologiche del continente Europeo, ma anche un vino "impagliato". Come il nostro vecchio Chianti nel fiasco. Salvo che in questo caso il rivestimento è totale. Certamente un vino originale e "magico" il Madeira, come l'isola portoghese dalla quale proviene. E certamente originale questa bottiglia dove l'etichetta "soccombe" di fronte alla maggiore importanza dell'involucro, del packaging vero e proprio. L'etichetta in carta è comunque piacevole, "anticata", tradizionale, in linea con la tipologia di prodotto.

Una Bella (o Brutta?) Differenza!

bottiglia storica petrus pomerol vino rosso etichetta classica grand cru franciaPetrus vs Eppa.

bottiglia sangria vino rosso brindisi giovane moderno packaging naming designL'etichetta di un Petrus Pomerol "Grand Vin" (lo chiamavano così) del 1966 e l'etichetta di una Sangria "pronta" di nome Eppa. Due mondi agli antipodi (d'accordo, uno non è nemmeno vino, diciamo così, ma l'abbiamo fatto apposta perché l'etichetta è davvero estrema, sotto un certo punto di vista), due filosofie a confronto, due stili comunicativi molto diversi. Oggi molti produttori "imitano", in chiave modernizzata, le vecchie etichette tipo Petrus. Altri invece si lanciano in esperimenti multicolor perché qualcuno del marketing ha detto loro che bisogna vendere anche alle nuove generazioni. Forse la verità sta nel mezzo.

Quando Trionfa la Non-Leggibilità

bottiglia etichetta vino packaging lettering leggibilità naming grafica design mktgMerlot Igt Toscana, Camperchi.

etichetta leggibilità nome azienda vino rosso toscana packaging italia naming ricercaLa leggibilità dell'etichetta è spesso una "chimera". Eppure uno degli elementi primari per "raggiungere" il "consumatore" è la chiarezza e il "coefficente di percettibilità" della comunicazione. Ebbene sì, cari produttori di vino, l'etichetta comunica. O meglio dovrebbe farlo. L'etichetta è una piccola affissione, un piccolo manifesto. Ha i propri tempi di lettura e le proprie regole di intelleggibilità. Esempio: il rosso su campo nero non è molto leggibile. Altro esempio: le scritte "nelle scritte" non aiutano. Un altro? Il carattere di scrittura imitativo della grafia umana o comunque  un corsivo accentuato, neppure. E come detto altre volte, le parole spezzate, oggi molto di moda a quanto si vede in giro, ostacolano lo "scorrimento" dell'occhio. Poi, per carità, ognuno è libero di farsi le etichette sue.

Una Scritta a Mano non fa il Monaco

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Vintage, Whisky.

La moda delle (finte) scritte a mano sulle etichette impazza in ogni continente. Non solo qui da noi con gli Amarone di Quintarelli e Dal Forno (e altri). Insomma sembra che la scritta "artigianale" possa ben condurre un viatico di genuinità, lavorazioni accurate e produzioni limitate. Tutto verosimile. Ma sarà ancora vero che questa percezione può muovere le vendite o almeno la brand-awareness (conoscenza di marca)? In un'epoca dove la pagina stampata e la lettera scritta sono state soppiantate da i vari Kobo e dalle email, il trucco della finta etichetta amanuense è destinato a durare ancora e ad essere realmente efficace?

Il Nettare degli Déi

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ButiNages, Vallée du Rhòne, Michel Gassier.

Un'etichetta originale, per l'immagine, il trattamento grafico, la cartotecnica stessa. Probabilmente più costosa di una "lineare" in quanto il taglio che sale dal basso, a destra, deve essere ottenuto da una fustellatura e lavorato con cura affinché risulti integro e preciso nell'incollaggio. Bello il design pulito e comunicativo, dà forza al concetto di "raccogliere nettare" attirando l'attenzione sul colibrì e con quella idea peculiare del taglio dell'etichetta. Si tratta tra l'altro non del top di gamma del produttore che in questo caso ha avuto la giusta intuizione di investire comunque su un'etichetta di impatto visivo.

Un "Vino" Davvero Bianco

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Milk, Latte in Bottiglia.

Provocazione? Genialità? Oppure spreco di tempo? Mettere il latte (questa bottiglia contiene vero e proprio latte) in una bottiglia di spumante può servire a farsi notare? A vendere di più? Certamente a farsi notare, il design è minimal ma di impatto. Forse una dimostrazione, appunto, una provocazione per essere "notiziabile", per offrirsi in pasto ai social network. Di fatto ne stiamo parlando e l'immagine circola. Graficamente innovativo e "ricercato", denota almeno spirito intraprendente.

Gufa il Gufo?

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Vini della Cantina Ignaz Niedrist.

Per le etichette, la scelta di questo ottimo produttore altoatesino è caduta sul Gufo. "E' caduta" è il termine giusto, visto che l'immagine del Gufo è controversa. Risulta molto simpatico (di fatto lo è) al mondo femminile che negli ultimi anni ne ha fatta una moda con accessori e pendagli, diademi e copricellulare a tema; ma anche anatema, perché il Gufo si porta dietro valenze negative. Legate all'essere animale notturno, forse. Oppure a causa di una letteratura che lo vede jettatore. Fatto sta che è discutibile. Per il resto queste etichette sono chiare, pulite, lineari, dirette, anche simpatiche, cromaticamente coerenti, dotate di buon equilibrio grafico. E a proposito dei nomi (che non ci sono), si punta al nome aziendale come "bandiera". Discutibile anche questo.