Nomi, Cognomi, Casi e Casali

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Terre del Casale, Frascati Superiore, Casale Mattia.

comunicazione immagine storytellingQuesta solare e gradevole etichetta ci conduce a un commento sulle dinamiche dei nomi dei vini e sui loro labirinti semantici e concettuali. Il caso che si prospetta, grazie a questo Frascati Superiore firmato da "Casale Mattia", è una sinergica ed efficace commistione tra nome di prodotto e nome d'azienda. "Terre del Casale", nome del vino e che potrebbe essere anche di senso compiuto, indipendentemente dal nome aziendale, in questo caso allude al cognome del produttore. Un "corto circuito" verbale che può solo far bene alla comprensione, alla memorabilità, alla notorietà di marca, insomma al buon esito delle vendite di questo vino. Qualche critica: alla modalità "cognome-nome" con la quale viene comunicato il produttore (perché non scrivere "Mattia Casale", il collegamento con il nome "Terre del Casale" ci sarebbe stato lo stesso) e al bizzarro, artistico, colorato marchio aziendale che risulta un po' slegato dal resto. Tornando e chiudendo con il design dell'etichetta, come detto all'inizio di questo breve trattato, le evidenze sono di solarità, pulizia grafica, piacevolezza. Ne conseguono sensazioni di genuina semplicità e di bucolica spontaneità.

Uccellacci e Uccellini

Alanera, Corvina-Merlot-Cabernet, Zenato.

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E' riservato al mercato estero questo vino di un noto produttore veronese. Di fatto non è nella gamma attuale per l'Italia. L'azienda vitivinicola Zenato si distingue per l'eleganza, piuttosto formale ma con un proprio riconoscibile stile, delle etichette. Questa per "Alanera" offre qualche emozione in più grazie alla illustrazione con i tre (corvi?) uccelli neri. Il richiamo dovrebbe essere alla "Corvina" uva "regina" della provincia di Verona e di buon potenziale. O forse al colore "corvino", cioè nero, degli uccelli golosi di acini maturi. Certo che i volatili illustrati in etichetta sembrano più rondini che altro. Forse rondoni. Ma potrebbero essere anche merli, con un po' di immaginazione, visto che nel vino c'è anche del Merlot. In ogni caso è una questione di percezione: merli, rondini, corvi o tordi, l'etichetta si presenta con eleganza e soprattutto concettualmente porta avanti il "family feeling" aziendale. Veniamo al nome, Alanera. Il riferimento cromatico non fa una piega, la sintesi c'è, l'originalità pure, la fonetica funziona. Forse qualche ombra (e non di vino) sovviene per un possibile approccio negativista legato a scaramanzie di italica fattura, ma questo vino va all'estero, come già detto, per cui il suo volo dovrebbe essere sereno.

E' Solo Marketing?

E' Solo 100 per Cento, Linea Vini, Orion Wines.

design grafica etichette branding marketingOsservando queste bottiglie da "distanza scaffale in lontananza" si scorge in primo luogo una grande E. Che in definitiva è una E' (con l'accento). Avvicinandosi a "distanza scaffale da consultazione" ci si rende conto del nome completo di questi vini: "E' solo 100 per cento Pinot Grigio"(Chardonnay, Barbera, Montepulciano d'Abruzzo, e la serie potrebbe continuare quasi all'infinito). Che idea: affermare come un valore assoluto la composizione del vino da monovitigno. E naturalmente celebrare i più conosciuti e considerati vitigni d'Italia nonché quelli internazionali. La linea di vini che viene attribuita all'intraprendenza di Orion Wines (non lasciamoci ingannare dal nome "tu vo' fa l'ammericano": la sede è a Lavis, in Trentino) viene proposta oltreconfine, a quanto si evince dalle informazioni in rete. Il nome in italiano, questo lungo nome che di fatto è una descrizione di una caratteristica, serve a quanto pare a "italianeggiare" nei mercati esteri. Non è un'idea malvagia, visto che, come ogni buona idea, rivela un concetto, in questo caso semplice e diretto ma proprio per questo efficace. Il nome, insomma, afferma in modo chiaro e diretto che quello che si sta proponendo e vendendo è un vino da monovitigno: questo richiama qualità, competenza, genuinità "in automatico". Cioè sopperisce ad altre eventuali (e magari non sostenibili) affermazioni che porterebbero comunque nella direzione dell'affidabilità. Grafica delle etichette essenziale, forse troppo easy minded, ma di fatto, grazie anche alle scelte cromatiche, di ottimo appeal.

Il Segno Insegna

naming grafica logo brand storytelling labelsProsecco, Valdobbiadene Docg, Vigna Sancòl.

Questa volta si parla di visual e non direttamente di naming, visto anche che le etichette in questione di nomi non ne mostrano. Bottiglia con particolari in rilievo sul vetro, nome del produttore in bella evidenza (anche se in verticale, leggibilità compromessa) sul collo della bottiglia, look generale di tipo black-chic e soprattutto quel "logo" al centro del design di etichetta.
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Un cerchio, di colori diversi per le varie tipologie di questo Prosecco (Cartizze, Extra Dry, Millesimato e Brut), intersecato da un "baffo grafico" che sembra un visto, una firma, di fatto un segno dinamico che apporta "movimento" alla visual. Questo segno (cerchio e "visto") ricorda molto il logo storico della Opel. E', nelle intenzioni dell'azienda, una stilizzazione delle colline di Valdobbiadene che viene utilizzata anche nel logo aziendale. Abbinata però a un cerchio diventa... Opel. Niente di male, direbbe qualcuno, i settori merceologici sono completamente diversi. Ma di queste "sfumature" è bene tenere conto: se ricorda Opel, distrae dall'etichetta stessa, porta la mente da un'altra parte. E se nell'immaginario percettivo del potenziale acquirente Opel non è marchio di pregio? E se il cliente potenziale è un fan di Ford? Insomma ci si può anche ridere sopra, ma con il packaging non si scherza!

Storia di un "Barolo" col Barbatrucco

packaging design etichette comunicazione branding storytellingBarbarolo, Langhe Rosso, Fenocchio.

Provoca scalpore (speriamo non si arrivi agli scalpi) la commercializzazione in Norvegia di un vino "di langa" che utilizza un nome furbo: Barbarolo. Allude senza troppi segreti a Barbera (questa è la scusa, visto che è composto per l'80% di questo vitigno), ma anche a Barbaresco e Barolo con i quali non c'entra nulla. Ufficialmente si fregia della menzione Langhe Rosso Piemonte e dentro ci sono Barbera (80% come già detto) e Nebbiolo (20%). La grafica dell'etichetta ricorda molto da vicino lo "stereotipo" di molte altre etichette di quella zona, e non potrebbe essere diversamente, volendo in un certo modo emulare il successo dei vini di maggior attrazione delle Langhe. Torniamo al nome, Barbarolo. Si tratta di una crasi tra Barbera e Barolo o tra Barbaresco e Barolo? In ogni caso, come minimo il riferimento a Barolo è fuorviante, visto che il vino in questione non può fregiarsi di questa denominazione. Ma è anche vero che non viene utilizzata propriamente la parola "Barolo" ma solo, diciamo così, inserita in un nome composito. Questione di etichetta etica, certo, e nel caso diventasse questione legale (se qualcuno dei produttori del Barolo o il Consorzio avvesse motivo di muovere reclamo alle istituzioni) non di facile soluzione. La dinamica dell'ideazione dei nomi a volte serve anche per raggiungere obiettivi di comunicazione attraverso strade "parallele" di dubbia opportunità. Purtroppo l'unica fotografia disponibile in rete allo stato attuale è quella qui riportata, non di buona qualità, e ripresa da un utente di Vivino, la App che consente di archiviare etichette e descrizioni dei vini e di condividerle in rete.

La Volpe, l'Uva e il Marketing

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Canterino, Vino Bianco, Cantine Riunite.

Questo vino, del quale non è dato a sapere quali sono i vitigni che lo compongono, viene venduto a cifre davvero modiche presso la Grande Distribuzione Organizzata nazionale (e forse anche internazionale, si sa che i tedeschi, ad esempio, non si tirano indietro davanti a un vino frizzantino e "canterino"), si presentava qualche tempo fa con una interessante etichetta che oltre a mettere in evidenza il simpatico e accattivante nome (Canterino), poneva al centro del visual una volpe intenta a raggiungere l'agognato grappolo d'uva. Si tratta, certo, del "solito" riferimento alla popolare novella della "Volpe e l'Uva", adottata qui con criteri di "freschezza comunicativa" ad ottenere un valido impatto mediatico.
marketing lettering branding grafica design Nella raffigurazione di cui stiamo parlando il tralcio risulta essere molto alto e la povera volpe sembra non farcela. Forse si intendeva alludere alla bontà dei grappoli o al fatto che l'unico modo per poter accedere a tal delizia è quello di aspettare che il produttore (le Cantine Riunite, in questo caso) trasformi i grappoli in nettare enologico di pronta beva. Fatto sta che la vecchia etichetta (ora il vino in questione si presenta con una etichetta più anonima, dove una deludente normalità ha preso il posto del carattere fiabesco, sia pure popolare, di cui stiamo parlando) risultava essere originale, anche nella forma, oltre che divertente e quindi coinvolgente per il suo pubblico. Ripetiamo, sia pure in un ambito molto "economico" e quindi per un target certamente non da "intenditori". Canterino, comunque, tornando al naming, per il settore di riferimento è un nome centrato e adeguato. Tutto sommato la saggezza popolare dice che "l'acqua fa male e il vino fa cantare!"

Vini Maschioni

Il Maschio da Monte, Montepulciano d'Abruzzo, 
Santa Barbara.

Per dare vita comunicativa a questo Montepulciano in purezza, uno dei top di gamma dell'azienda in questione, è stato scelto un nome forse volutamente equivoco: "Il Maschio da Monte". A una prima lettura si potrebbe pensare a un presunto "maschio montanaro", un fascinoso taglialegna, ad esempio. Ma sovviene anche una linea di pensiero che porta alla lettura di "maschio da MONTA" (espresso al plurale) che attiene sempre alla cultura contadina, ma evoca un ceppo semantico e concettuale diverso. Per maschio da monta si intende parlare dei riproduttori da bestiame, logico. Che hanno una parte importante nel settore dell'allevamento bovino ed equino. Il dubbio sul "maschio da monta" sovviene anche leggendo nel sito web del produttore anconetano (esattamente sito a Barbara, provincia di Ancona, da qui il nome aziendale Santa Barbara, si presume) il pay-off (più volte ripetuto): "in ogni cosa si nasconde la chiave del successo di un uomo", frase di significato poco chiaro, o meglio, non molto preciso. Che sia un maschio di montagna o un maschione da riproduzione, il vino si presenta scuro e duro, con un "baffo" di colore giallo a "muovere" graficamente la rigida etichetta. L'effetto cormatico a scaffale può essere funzionale. Poco consono, a nostro modesto parere, il carattere di scrittura (font) del naming.

Storie, Emozioni, Vite, Viti

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Tempo dopo Tempo, Grieco-Cerreto, Podere Veneri Vecchio.

"Non c'è poesia che possa a lungo piacere e perpetuarsi qualora l'abbia scritta un bevitore d'acqua" (Orazio) scrive nella home-page del proprio sito, il produttore di "Tempo dopo Tempo", un vino che nasce dai vitigni Grieco e Cerreto (una rarità della zona di Castelvenere, Benevento). "Tempo dopo Tempo" racconta a suo modo una storia.
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Colloca il vino e il lavoro di chi l'ha prodotto entro un'aura di tradizione, di pazienza, di sapienza, di storia non solo narrata ma anche vissuta e per questo amalgamata con la terra, con la vigna, con l'uomo, un tutt'uno che dà già sapore al vino prima ancora di assaggiarlo. Questo deve fare un nome che "racconta". Far venire voglia di gustare quel vino e tutto quello che gli sta attorno. I nomi che questo piccolo produttore ha deciso di dare ai propri vini sono particolari: non proprio dei nomi, sono frasi, evocazioni, sprazzi di "poesia pratica". Forse non perfettamente memorabili in ogni loro parte, sicuramente non frutto di sintesi semantica, ma dotati di anima. Ecco gli altri: "Perdersi e Ritrovarsi" (Aglianico e Piedirosso), "Frammenti di Terra" (Sciascinoso, antico vitigno autoctono) e "Tempo Ritrovato" (Grieco e Cerreto). Certo che le etichette, graficamente, non volano alto, ma questa e tutta un'altra storia.

Agli Astemi il Dio Bacco Rese la Vita Difficile

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Siccis Omnia Dura Deus Proposuit, Langhe Nebbiolo, Franco M. Martinetti.

naming pay offUno dei nomi (se così si può definire la frase composita che "nomina" questo vino occupando buona parte dell'etichetta) più insoliti e originali tra quelli in circolazione negli italici scaffali. La scelta stessa di adottare un motto di Orazio in latino (Carminum Liber Primus 1,18) come nome di un vino, denota una personalità di spicco e la coraggiosa voglia di osare. Questo nome di fatto si presta alla più consistente delle critiche: è decisamente lungo e fin troppo colto. E' anche difficile da recitare. Quindi da ricordare. Ma la sua funzione, in questo caso, valica i confini delle "non-regole" per accedere di diritto all'Olimpo dei nomi strani. Ed è quasi un gigionare nei confronti di chi non beve vino, la sua traduzione: "Agli astemi il Dio Bacco rese la vita difficile". A voler dire che questo vino, sia pure di nebbiolo, vitigno austero e rigoroso, è di facile beva, di ottima fruibilità, insomma corromperebbe facilmente anche il gargarozzo di rinsecchiti astemi. Che le scelte di questo produttore siano state controcorrente sin dall'inizio lo si deduce anche dal "pay-off" aziendale: Vinicultore (in vece del solito Viticoltore). Quasi un gioco di parole, che però fa una bella differenza, semantica e concettuale. Particolari anche alcuni degli altri nomi dell'offerta di vini piemontesi di Franco M. Martinetti: Bric dei Banditi, Marasco, Sine Cura, tra i rossi e Alcedo, Martin (Pescatore) e Quarantatré tra i bianchi, tutti ben argomentati sul sito aziendale. Grafica delle etichette tra il classico e il tradizionale, senza "spari" creativi ma di buon gusto.

Stranieri Straniti da Strani Nomi

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Bachiarro, Sangiovese-Cabernet-Canaiolo, Palazzo di Piero.

Un nome "locale" come molti altri, che pesca forse anche nel dialettale, viene chiamato a denominare questo blend toscano (al confine con l'Umbria). La lettura e la pronuncia già possono mettere in difficoltà un italiano, a causa dell'insolita sillabazione. Figuriamoci uno straniero. Un inglese probabilmente pronuncerà la "ch" senza "h" cioè dirà "Baciarro". Poco male, ci si ricollega al concetto di bacio e del baciare, o almeno così sembrerà all'acquirente anglofono. Per i tedeschi che sono "duri" di pronuncia, chissà. Gli spagnoli invece ci si ritroveranno, tanto è assonante questo nome a certe espressioni in lingua iberica. Vediamo cosa dice il produttore riguardo la scelta di questo nome: "Il nome Bachiarro deriva da quello della casa che si trova sopra alla tinaia dove il vino viene realizzato, antistante la cantina" testualmente, dal sito dell'azienda. Una scelta di tipicità forse esagerata, forse centrata per il mondo che si vuole rappresentare. Ma per il naming gli elementi di cui tenere conto sono anche quelli, come già detto, legati alla pronunciabilità. Estesa, come minimo, al continente europeo.

Dolceamaro, Rosa di Lago.

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RosaMara, Blend di Rossi, Costaripa.

Il produttore, di ottima notorietà, con le vigne sulle sponde assolate del lago di Garda, produce questo rosato da quattro vitigni: Groppello, Sangiovese, Marzemino e Barbera. Non discutiamo sulle scelte enologiche perché non è il nostro campo. Parliamo di etichette. Più precisamente di nomi. Questo rosato è stato denominato RosaMara. Le ragioni risiedono, a quanto si evince dal sito del produttore, negli aromi che il vino sprigiona: delicato di rosa (frutto della soffice spremitura "a goccia" del primo fiore, ma poi vengono utilizzate, per il 50%, delle barrique) con un fondo di mandorla amara. C'è anche da considerare che il nome presenta la M maiuscola di "Mara" che sconfessa la mandorla, dando l'impressione che si sia voluto omaggiare qualche gentil fanciulla. In ogni caso RosaMara offre un classico contrasto semantico tra la "dolcezza" della rosa e del suo profumo e la durezza dell'amaro e del suo aroma. Ad alcuni non piace il "fondo" amaro nel vino, ma a molti sì. Forse non è propriamente un carattere che ci si aspetta da un rosato, ma insomma il nome offre sfaccettature di significato e si distingue per originalità. Il design dell'etichetta è molto classico, equilibrato, non esce dal seminato. Insolita la collocazione di un breve "racconto" (storytelling dicono gli am(e)aricanti) sul fronte etichetta. Forma della bottiglia sinuosa. Voto 6+.

La Sicilia che Osa

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Osa!, Frappato Rosato, Paolo Calì.

Originale nelle proposte dei vini, nella loro composizione, e anche nella comunicazione: l'azienda di Paolo Calì in ogni caso vuole distinguersi. Lo fa con una etichetta speciale, edizione limitata che non risulta nella gamma ufficiale e che recita a tutto campo un clamoroso "Questo non è un vino tranquillo". Una sorta di dialogo aperto con il consumatore. Una "avvertenza carismatica", tra l'oracolare e l'informativo da retroetichetta. Anche il nome ufficiale di questo vino attira l'attenzione: Osa! Chiaramente tratto da rOSAto, che fa rima con frappato. O viceversa. La filosofia aziendale fatta nome e manifestata a chiare lettere sulle etichette. Non c'è che dire, l'originalità spicca. In generale anche la grafica, il design delle etichette è degno di nota positiva: equilibrato, attualizzato e piacevole. Da segnalare anche gli altri nomi dei vini dell'azienda di Paolo Calì: Sbajato, Manene, Mandragola, Violino e Bianca di Luna. Osare per credere. O viceversa.

Dialetto e Diletto

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Setecàpita, Barbera d'Asti, Tenuta Santa Caterina.

storytelling etichette lettering marketing brandingChe bel nome Setecàpita! Abbiamo molte volte chiosato contro i nomi dialettali, avversi a chiunque non fosse "compaesano" del vino in questione, ma in questo caso dobbiamo fare un'eccezione. E l'eccezione è motivata: narra il sito del produttore che Setecàpita "è un omaggio a un contadino che per cinquant'anni ha coltivato questo vigneto e che aveva come interloquire "setecàpita" nel parlare della vita e del suo lavoro in campagna". Già la storia regge ed emoziona. Se poi consideriamo che ad una analisi semantica e di percezione di questo nome emerge un "sete" e un "capita", nel senso di dire che "la sete capita", aggiungiamo alternative di significato e altro spessore. Il tutto si sviluppa con simpatia, leggerezza, semplicità tutta contadina. L'originalità è assicurata, anche se si tratta di un nome lungo e composito, forse non facile da pronunciare, ma da ricordare sì, in quanto genera immagini e sensazioni. E questo dovrebbe sempre esser il "compito" di un buon nome, non solo quello di farsi leggere. Come amiamo dire spesso: "ogni vino ha una storia da raccontare". Lo deve fare. Lo deve a chi lo sceglie e per questo lo elegge ad essere protagonista di una serata, datore di emozione, della mente e nel corpo.

Guerra di Idee

marketing etichette grafica branding storytelling labellingArmas de Guerra, Vinos Guerra.

marketing branding logo lettering grafica illustrazioneSi tratta di un grande produttore spagnolo che gestisce diversi marchi e che recentemente ha ridefinito, anche graficamente, la linea destinata a un consumo giovane e di "mercato", non rinunciando per questo a dare sostanza a un concetto a suo modo vincente. Sfruttando il nome aziendale si fa riferimento alle "armi da guerra" utilizzate nei vigneti al fine di produrre vino. Un segno di qualità e di accuratezza presentato con un certa dose di "filosofia" e anche di ironia. Il risultato sono delle etichette semplici nell'impaginazione, ma dirette nel messaggio. Armas de Guerra è il nome di linea, mentre per ogni tipologia di vino vengono illustrati gli strumenti di lavoro tipici del vignaiolo. Belle illustrazioni, in stile un po' retrò, che nell'economia grafica dell'etichetta spiccano e si fanno notare. Unica nota che potrebbe essere negativa è la parola "guerra", in grande evidenza, che potrebbe generare sentimenti contrastanti. Ma di fatto il "gioco" tra parole e immagini fa subito subentrare un sorriso di simpatia e di approvazione verso queste armi "di lavoro" che non uccidono e semmai vivificano gli animi consentendo la produzione del "nettare degli Dei".

Nomi (e Vini) con una Storia

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Ades, Aglianico, Colli Frigentini.

grafica etichette branding lettering marketingFinalmente una azienda vitivinicola che sul proprio sito web indica con chiarezza, sia pure con sintesi, l'origine, la storia, il riferimento dei nomi dei propri vini. Pochissimi lo fanno, lasciando spesso nel magma del dubbio gli ignari clienti. Apprendiamo quindi, attraverso il moderno e funzionale sito internet dell'azienda www.collifrigentini.it che innanzitutto il logo, che riporta la scritta Tabernae, fa riferimento ai locali dove gli Antichi Romani mescevano il vino. Poi possiamo leggere e apprendere che l'Aglianico "Ades" è riferito come "espressione della meraviglia della natura" (Dio Greco, fratello di Zeus, che ispirò Virgilio). Inoltre sul sito si possono leggere le orgini e i rational degli altri nomi dei vini del produttore, cioè Salacone, Mephytis, Colubrà, Trèbula: non tutti pienamente apprezzabili come composizione semantica e fonetica, ma certamente creativi e soprattutto dettagliati e concettualmente impostati. E' già molto. Sulla grafica delle etichette ci sarebbe da aprire un dibattito: sicuramente moderne, di concezione "dinamica" e improntata ad una freschezza di design ancora inusitata per il mondo del vino. Forse alcune di esse si allontanano troppo dalla "classicità" spesso richiesta a un vino di Enotria, alcune giocano tutto sul lettering del nome con caratteri (font) troppo ludici, ma in generale lo sforzo creativo dell'azienda è da tenere in considerazione come modello di intraprendenza. Chi osa vince, dicevano poeti antichi.

Un Vino per Poeti e Naviganti

lettering branding mktg comunicazione storytelling grafica etichetteAmarante, Aglianico, Azienda Agricola Campomare.

Una piccola azienda agricola dalla produzione limitata (solo 7500 bottiglie per questo vino) si è presa l'incombenza (e il costo) di realizzare un'etichetta di livello "superiore". Insomma un'etichetta che non stonerebbe sulle bottiglie di grandi produttori che fanno del marketing un'attività primaria. Dentro a questa bottiglia c'è l'Aglianico, siamo in provincia di Salerno, nel Cilento esattamente. Ma passiamo all'etichetta: pulita, semplice, evocativa, elegante ma anche "rupestre". Essenziale ma con gusto. Tutto coerente, nome e visual... coerente a "modo suo", per chi lo sa apprezzare, insomma. Il nome è "Amarante" che allude all'amaricante, al colore del vino, ma anche al mare. Infatti la vigna di Aglianico che dà vita a questo vino si trova proprio in riva al mare e il produttore ne fa un vanto. Ecco la spiegazione di quei pesci in etichetta: discutibili perché potrebbero sembrare consiglio di abbinamento. Ma forse questo Rosso di Mare ha nel proprio Dna caratteristiche che possono anche essere adatte a piatti di pesce. L'importante, anche nel packaging, è rompere le regole... ma sempre con gusto!

Nel Vino c'è il Sole

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Bramasole, Syrah, La Braccesca.

L'occhio (che vuole la sua parte, anche prima della bocca) viene subito attirato da questo elegante, e al tempo stesso classico, design dedicato a un Syrah toscano. L'azienda è una della più grandi e storiche d'Italia, Marchesi Antinori, nella declinazione del marchio La Braccesca, con vigneti a Montepulciano e a Cortona. Non si può evitare di notare la finezza dell'elaborato: l'accurata scelta dei caratteri di scrittura, la compattezza dell'impaginazione, l'uso del rilievo per la carta dell'etichetta, e non ultima la scelta del nome: Bramasole. Un nome molto coerente con tutto il resto: elegante, storico, insolito, significante, vagamente arcaico, musicale. Il suo significato fa la parte del protagonista: un vitigno che "brama" il sole (il Syrah, di fatto, viene coltivato preferibilmente nel sud Italia), sicuramente messo a dimora in una vigna ben esposta, che darà frutti maturi e mosti ben torniti. 

Amore per il Vino (e per il Packaging)

concept storytelling packaging etichette marketing grafica Enamore, Malbec e Cabernet, Allegrini/Renacer.

Bello questo esperimento, sia enologico che eno-concettuale, messo in atto da una nota azienda italiana (celebre per l'Amarone) e da un produttore argentino della zona di Mendoza. Il "co-marketing" ha generato un vino costituito da un blend di rossi, tra i quali Malbec, Cabernet e anche la Bonarda nella variante francese Corbeau, più nota come Douce Noir. Ed è proprio "dolcezza d'animo" che trasmette subito questo nome: "Enamore", originale neologismo, probabilmente frutto di una crasi tra Enologia e Amore. In italiano potrebbe anche essere interpretato con "E' un Amore". Coerente anche il racconto visivo, molto sintetico e diretto, cromaticamente attenzionale, che raffigura due "percorsi" (le due aziende promotrici del progetto) che puntano le loro frecce verso la M del nome in questione. "M" che potrebbe orientare l'attenzione anche verso "more" che in inglese significa "più": aggiungere, sommare, unire. Un assolo che punta alla qualità e alla visibilità, due elementi necessari al buon gradimento e al successo commerciale di ogni vino.

Immaginazione Senza Confini

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Confini, Blend di Bianchi, Lis Neris.

bottiglia vino friuli naming branding mktg labels winePer produrre buone idee creative serve immaginazione. Capacità di superare i confini del consueto. Questo non significa necessariamente pensare e fare cose "strane". Spesso la forza di un'idea risiede in una semplice, chiara, diretta esposizione di un concetto di peso. Bella parola "confini". Con le sue valenze negative, certo. Vediamo di mettere i pesi sulla bilancia: i confini delimitano, privano della libertà, tracciano, dividono. Ma in Friuli i confini rappresentano la qualità, infatti le zone vocate per i bianchi tipici di quella regione sono tutte a ridosso dei confini con la Slovenia. Confini che oggi praticamente non ci sono più: le vigne si abbracciano e non hanno bandiere. Forse lo stimato produttore Lis Neris intendeva infrangere i confini della qualità per offrire un prodotto ogni anno migliore. Certo che, grazie anche all'aiuto della parte visual, questo nome "Confini" porta più verso una sconfinata passione, forse con un po' della malinconia dei colli sassosi del Carso, ma anche come simbolo della cocciuta dedizione dei viticoltori giuliani.

Vespasiani e Servizi Vari

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Brunello di Montalcino, Sangiovese Grosso, Pian dell'Orino.

Certo quando si beve molto vino (e correttamente si beve anche acqua per "stemperare") scatta il "bisogno". Quello molto umano di andare a svuotare la vescica. In italiano si dice orinare. La Treccani recita in proposito: "corrisponde al popolare pisciare o al famigliare fare la pipì". Questa azienda toscana si chiama Pian dell'Orino. Di conseguenza molti vini della attuale produzione portano in bella evidenza tale nominazione, con "precedenza grafica" proprio alla parola Orino che appare più grande delle altre. Possiamo affermare con certezza che nessun consulente in materia di naming e packaging avrebbe caldeggiato tale scelta. Se poi tra i consulenti ci fosse anche un semiologo (come si dovrebbe fare... per fare le cose bene) l'anatema sarebbe totale. Insomma, rispetto per i luoghi di "estrazione", per il territorio, per la sacralità della storia locale, ma inequivocabilmente Orino è orino. Urina, pipì. Nemmeno di gatto, visto che non si tratta di Sauvignon Blanc.

Pienezza e Sintesi

immagine comunicazione marketing storytellingPlenio, Verdicchio dei Castelli di Jesi, Umani Ronchi.

Il concetto ė semplice: esprimere pienezza, d'intenti e di prodotto. La pienezza in un vino si manifesta con il gusto, la profondità, il corpo, la lunghezza. Ed ė proprio questo che il noto produttore marchigiano ha voluto esprimere con il nome del suo quotato Verdicchio dei Castelli di Jesi. Dal latino "plenum", per dire pienezza, logico, ma anche per affermare complessità e struttura. "Plenio" ė un ottimo esempio di nome breve, incisivo, significante, autorevole. Inoltre viene accompagnato, si può dire agevolato, da un design arrotondato, che ricorda la luna piena o comunque la "quadratura del cerchio", con una grafica semplice e al tempo stesso preziosa, grazie ad un inchiostro speciale dorato. Nel complesso un'operazione di packaging-design di livello, che non mancherà di avere effetti memorabili nelle dinamiche commerciali e nella costruzione di una efficace immagine di marca.