Un Fiero e Scuro Lambrusco Salamino

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FieroNero, Lambrusco di Modena, Cavicchioli.

Quante definizioni per questo Lambrusco: Modena Doc, Salamino, Scuro e naturalmente... Fiero e Nero! Ne deriva un nome sincopato, ritmico, poetico: "FieroNero". Con la dicitura, subito sotto, "Lambrusco Scuro". Proprio perché questo tipo di lambrusco si distingue dai suoi fratelli più "chiaretti" e presenta una profondità anche di colore, in grado quasi di intimidire. Se non davanti a un buon culatello, che la battaglia del gusto se la gioca tutta. "FieroNero" significa "fieramente, orgogliosamente nero", a sottolineare giustamente una delle caratteristiche salienti del prodotto. A conferma e a gioco semantico ecco spuntare in etichetta una "fiera", una pantera nera si direbbe, il grande felino felpato dotato di grande personalità. Per il resto pulizia grafica, eleganza, linee moderne anche per i caratteri di scrittura, sia pure nel rispetto di quella tradizione che a Modena difende il buon nome del Lambrusco a spada tratta. D'altro canto Cavicchioli è uno dei fondatori di questa tipologia di vino. Un benefattore di taverne e trattorie dove il Lambrusco, lasciata la bottiglia, si versa ancora nella tazza. E che gran piacere poterlo bere così!

Le Non Buone Ragioni della Regionalità

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Uis Blàncis, Borc Dodon, Denis Montanar.

Questo vino avrà anche la "Triple A" ma non passa il vaglio delle buone etichette. E vediamo perché. Innanzitutto la grafica, che come impatto cromatico può avere il suo karma, non tanto invece come stile e creatività, considerati i tre grossi tasselli squadrati che la caratterizzano. Qualche barlume di originalità lo può vantare, certo, soprattutto in una regione che come etichette è ancora molto tradizionalista (e anche per il vino, fortunatamente). Ma i problemi arrivano con le parole. Il nome, le definizioni letterali, insomma. "Uis Blàncis" (blend di uve bianche) e "Borc Dodon" (toponimo) sono in dialetto friulano, notoriamente una delle lingue locali italiane più difficili per chi non è di quella regione, logicamente. E va bene la tipicità, anzi va molto bene. Ma non crediamo che il produttore abbia unicamente ambizione di vendere il proprio vino nel circondario. Tra l'altro, anche a voler prendere le nomèica di questa etichetta come "tradizionale", le difficoltà fonetiche, di pronuncia e conseguentemente di memorabilità sono evidenti. Siamo in un ambito molto piccolo, artigianale al massimo, direbbe qualcuno. Ma allora perché stampare un'etichetta vera e propria? Basterebbe un pezzo di carta incollato sulla bottiglia con le diciture necessarie, magari scritte a mano, che farebbe ancora più "rurale" e in linea con il concetto di fondo dell'azienda.

Classico il Vino, Innovativa l'Etichetta

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Dolcetto di Diano d'Alba,
 Azienda Agricola Bonetto.

I piemontesi dicono (e c'è da crederci) che il Dolcetto è il vero grande classico "da tavola" tra i vini della regione. Poi c'è il Re, certo, il Nebbiolo (Barolo e Barbaresco in particolare). Ma quello, una volta non era per tutti i giorni, era per situazioni particolari e probabilmente solo per la Domenica, per chi poteva permetterselo. Il Dolcetto, quindi, come vino della tradizione, popolare e conveniente. In questo caso si tratta di una enclave del Dolcetto, quella di Diano d'Alba. Molte etichette piemontesi sono rimaste al classico anche per quanto riguarda la grafica, la modalità di vestire la bottiglia, insomma. Non è il caso di questa azienda vinicola che sceglie di innovare, con simpatia, per quanto riguarda il packaging. Colori solari, forti, impattanti. Il tema della coccinella, cioè della "naturalità" dei trattamenti, una proposta artistica dove un filo d'erba conduce la coccinella fino al sole, stabilendo un legame tra clima e natura. Il messaggio è semplice e schietto. Non ha nome questo vino, il suo nome è la definizione del vitigno, e questo potrebbe essere un limite. Ma la forza dell'immagine compensa in parte questa lacuna. Per il resto si vede che l'etichetta è del tipo "fatto in casa" e forse per questo gode di una sua dimensione genuina che può ispirare fiducia.

Follie Creative per Etichette Espressive

marketing grafica comunicazione(Free Spirit) Liberated, Sauvignon Blanc.

La dinamica comunicativa di questa azienda Californiana, di Santa Rosa (che non è una marmellata, ma una località della Sonoma Valley) è davvero singolare. Produce tre tipi di vino, Cabernet Sauvignon, Pinot Noir e Sauvignon Blanc e suddivide ognuna di queste produzioni in tre etichette diverse, che consiglia (dentro c'è il medesimo vino) secondo la personalità dell'utente. Ad esempio, il Sauvignon Blanc preso in esame, viene proposto con tre versioni diverse di etichetta, secondo le "categorie" Free Spirit (quella raffigurata in alto a sinistra) oppure Inventor oppure Sophisticate. Su tutti i vini e su tutte le etichette "governa" la filosofia generale dell'impresa, cioè "Liberated", un invito a liberare la propria fantasia, autonomia, curiosità, personalità, etc. etc. Nel sito del produttore, bizzarro come le etichette, si trova scritto, tra l'altro: "You are adventure... invention... exploration. Suave, with business on the mind and savvy for the city, you've graduated, you're free. And life is your work of art. You are liberated." Con un altro consiglio in grande evidenza: "Free yourself form convention". In effetti c'è poco di convenzionale nel packaging di questi vini. Una modalità sorprendente che probabilmente in quella parte d'America può far gioco soprattutto nei confronti dei "millennials".
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Nomi e Cognomi, Inesatti o non Adatti

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Vinum ex Vite Vita, Greco di Tufo, Fratelli Urciuolo.

Questa bella etichetta (a livello di format grafico, di design, insomma) accusa qualche problema con le parole, cioè con la parte letterale, che unita alla parte visuale, forma nella gran parte dei casi il packaging completo di una bottiglia di vino. Innanzitutto abbiamo deciso, ipoteticamente, che il nome del vino è "Vinum ex Vite Vita", visto che non ce n'è un altro, o meglio, visto che al posto di un nome vero e proprio appare in etichetta in grande evidenza questo motto latino (che significa "Vino: dalla vite, la vita"). Tutto bene, bella citazione. Se non fosse, appunto, che non si tratta propriamente di un nome e quindi è difficile da identificare in quanto tale. Passiamo al nome del produttore, esattamente al cognome che fa "Urciuolo" ed è francamente difficile da pronunciare. La dicitura completa è "Fratelli Urciuolo", il carattere di scrittura non aiuta, un arcaico graziato del quale è difficile identificare anche le singole lettere. Ne deriva che è problematico leggere, identificare, memorizzare gli elementi più importanti: il nome del vino (che qui di fatto non c'è) e il nome del produttore (che è difficile da "digerire"). Non ben risolto anche il logo aziendale: una "U" che contiene una "A", sembra, o forse una "F", chilosà. Tornando al design: ottime scelte cromatiche, una parte inferiore a tinta piatta, una parte superiore con una bellissima illustrazione antica che rappresenta la scena di una vendemmia. In sostanza: alcuni elementi di pregio, altri migliorabili. Un brindisi comunque al Greco di Tufo, uno dei bianchi del sud di maggiore tipicità.

Un Nome che Chiama in Causa Leonardo da Vinci

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Nebbiolo, Giaconda.

Potrebbe essere un caso di "similfonìa" ma siamo più portati a pensare a una "simulfonìa", cioè il tentativo di andare a rimorchio di parole famose. Stiamo naturalmente parlando del nome di questo produttore (che lo ha esteso anche a denominare i propri vini): "Giaconda". Non si tratta del cognome in quanto il proprietario fondatore si chiama Rick Kinzbrunner, per questo immaginiamo che si stata una scelta generata apposta per tenere il piede un po' dentro il Louvre (dove la Gioconda ha la propria residenza attuale) e un po' in riferimento all'italico Leonardo da Vinci, tra l'altro amante del buon vino. Potrebbe quindi verificarsi il caso che qualcuno cercando "Gioconda" in rete possa capitare "nei pressi" di questo produttore di vini. Che la vicenda sia come ipotizziamo o meno, la circostanza ci offre l'occasione di accennare al fatto che spesso le scelte per quanto riguarda i nomi, prendono strade "imitative". Oggi ancora di più che in passato, con le modalità di ricerca in rete, possono derivarne dei vantaggi mediatici di traffico digitale. Il viticoltore che qui abbiamo citato produce, oltre al Nebbiolo, anche Pinot Noir, Chardonnay, Shiraz, Cabernet Sauvignon, il tutto in 4 ettari situati a Victoria, in Australia. Piccola produzione per un totale di circa 30 mila bottiglie.

Alba Chiara, Anzi Nora

Albanora, Falanghina, Cantina Morone.

Questo vino del sud, siamo nel Sannio, entroterra della Campania, ha origine da un vigneto che si chiama "Acquefredde". Già questo è da segnalare come interessante: spesso le zone vitate (e non) della nostra bella penisola prendono il nome da caratteristiche geomorfologiche oltre che culturali e storiche. Ma veniamo all'etichetta, davvero insolita per la conformazione grafica: presenta un gioco di rettangoli con un quadrato (bucato) al centro. Post-moderno? New-wave? Anni '70? Ognuno può esprimere un parere, probabilmente molto diverso. Anche i colori sono insoliti per un vino: toni "alimentari" da gelato. Comunque il tutto colpisce per originalità, tanto basta. Passando al nome, scopriamo un legame con la lavorazione del vino: "Albanora" probabilmente si riferisce al fatto che, per non incidere sulla qualità finale, le uve vengono vendemmiate all'alba, anzi, ancora prima del sorgere del sole, quindi quando l'alba è ancora "nora", nera, scura. Vendemmia "a freddo", per evitare che anche i primi raggi del sole, che al sud si fanno subito sentire, possano inficiare l'integrità dei grappoli e quindi del prodotto finale. Non molto felice la scelta di spezzare il nome in due tronconi, sopra-sotto, e invalidante il tono di colore bianco su fondo verde pistacchio, poco visibile. Per il resto le scelte di questo produttore in fatto di etichette si fanno notare. Citiamo gli altri nomi della linea di vini: Fiori di Galano, Mariposa, Alianto, Vassallo, Monaci... tutte le etichette sono caratterizzate da geometrie squadrate.

Modi di Dire in Modalità Etichetta

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La Botte Piena, Groppello, La Basia.

grafica lllustrazione marketing comunicazioneChi non ha mai sentito il proverbio "avere la botte piena e la moglie ubriaca"? Nel senso dell'impossibilità di poter avere entrambi. Un produttore di vini della Doc Valtenesi (Lago di Garda) ha pensato di chiamare così due dei suoi prodotti. "La Botte Piena" per il Garda Cassico Groppello (vitigno Groppello all'85%) e "La Moglie Ubriaca" per il Valtenesi Doc Chiaretto (un rosato da Groppello, Barbera, Marzemino e Sangiovese). L'abbinamento risulta giocoso e simpatico. Soprattutto molto memorabile. Con un certa logica "La Botte Piena" è un vino rosso mentre "La Moglie Ubriaca" è un vino femminile, un rosato. Purtroppo il design delle etichette non si fa onore come il naming: si tratta di tinte piatte in un caso (fin troppo semplice la grafica) e di uno strano simbolo che ricorda vagamente dei pesci, nell'altro. Insomma, come dice il proverbio in questione, non si può avere tutto!

Etichetta Giocosa con Gioiosa Pin-Up

comunicazione brandingPlaytime, Zinfadel e altri vitigni, Playtime Wine.

Concediamo ancora qualche attenzione ai vini d'oltreoceano (qui siamo sul Pacifico californiano) con un'occhiata non senza malizia a questa pin-up "giocherellona". Il nome del vino e dell'azienda produttrice è "Playtime", facilmente traducibile con "il momento del gioco". Gioco di giocattoli (la ragazza maneggia dei burattini che raffigurano un uomo/ballerino e un cane) o giochi per adulti? Certo l'abbigliamento della rossa e avvenente pin-up non lascia dubbi ma diciamo che si rimane entro i confini del buongusto, con allegria e spensieratezza. Anche con un tocco di filosofia, se andiamo a leggere la spiegazione del produttore: "The label is a tribute to the pin-up stars that were prevalent during World War II and were adorned on various military aircraft as they flew into battle. These pin-ups were an inspiration to enjoy life fully and return home safely to their loved ones". Godere pienamente della vita, ove il vino ha un ruolo determinante. Tutto torna: giocare molto e bere vuon vino fa bene alla salute. Il design dell'etichetta è retrò, la carta ingiallita e lo stile delle illustrazioni lo confermano. Senza dubbio più adatto alla California che all'Europa.

Paese che Vai, Significato che Trovi

Winter Merlot, Merlot, Bonking Frog Wines.

L'azienda è australiana e si sa, le dimensioni delle aree anglofone nel mondo sono molto ampie. In Scozia si parla un inglese, a New York un altro, figuriamoci in Australia. L'etichetta è simpatica: gatti e rane sono raffigurati spesso sulle bottiglie di vino. Una ranocchia colorata, sfuggente, confermata dal nome "Bonking Frog" (nome aziendale, ma che risulta come nome del vino, visto che "Winter Merlot" sembra più una definizione. Ne parliamo più avanti). Nome che a prima sensazione porterebbe a un concetto di "saltellante", o "rimbalzante". E invece il vocabolario ufficiale inglese riporta in bella evidenza anche un altro significato, testualmente: "have sexual intercourse with someone". Insomma, "bonking" significa quella cosa che, curiosamente (paese che vai, etc...) in Italia è invece collegata alla scopa e alla tromba. Ci sarebbe da aprire un conciliabolo tra linguisti e semiologi. Ci accontentiamo di segnalare questa atletica e gioiosa rana che a livello di simpatia concorre con i gatti ma a livello di riproduttività compete con i conigli. Tornando alle cose tecniche, per quanto riguarda la dicitura "Winter Merlot" che appare in etichetta, abbiamo cercato spiegazione nel sito dell'azienda ma senza esito. "Winter" forse per via dell'inversione delle stagioni in Australia rispetto all'Europa, forse. O magari per le caratteristiche di un particolare clone di Merlot. Del resto, che l'inverno e il buon vino rosso agevolino l'atto riproduttivo non è un segreto per nessuno.

I Gatti Neri non Fanno più Paura?

grafica comunicazione marketing Gato Negro, Cabernet Sauvignon, San Pedro.

Nel sito del produttore cileno di questa ampia linea di vini, tutti riuniti sotto il marchio "Gato Negro", si dice testualmente: "Questa marca vende annulmente più di 38 milioni di litri di vino (quindi le bottiglie sono ancora di più) in 80 paesi di 5 continenti". Praticamente ogni 2 secondi, nel mondo si stappano 3 bottiglie di Gato Negro. Detto questo, sovvengono due considerazioni: una molto pratica che invita a prendere tutti i numeri citati qua sopra e giocarli al lotto, insieme al numero del gatto nero, naturalmente, che è l'81. La seconda considerazione è che evidentemente nel mondo, il significato, non gradito in Italia, del gatto nero non fa alcun effetto scaramantico. Altrimenti questa stutturata azienda cilena (si sarà ben informato prima di fare questa scelta) non avrebbe deciso di contraddistinguere un'intera linea di vini con il felino nero. Certo, probabilmente si è precluso il mercato italiano, ma i milioni di bottiglie vendute negli altri paese gli danno comunque ragione.