Un Tempranillo "di Nicchia" in Toscana

grafica storytelling impaginazione comunicazione
Vigna alle Nicchie, Tempranillo, 
Pietro Beconcini.

Le etichette di questo stimato produttore di San Miniato (Pisa) si fanno notare per alcuni particolari di cartotecnica, per alcune scelte grafiche e per alcuni nomi attribuiti ai vini in gamma (oltre a quello qui presentato abbiamo anche: Ixe, Fresco di Nero, Reciso, Maurleo, Caratello, Aria, etc.). Ma non sono etichette eccezionali. Spiccano delle soluzioni originali e coraggiose ma anche degli errori di comunicazione legati al modo di presentare gli elementi del packaging. Diciamo che c'è un sostanziale pareggio tra le positività e le negatività. Abbiamo preso come esempio l'etichetta di uno dei vini di punta dell'azienda, prodotto con il Tempranillo, vitigno di origine spagnola riscoperto, tra l'altro ancora su piede franco (pre-filossera), anche nelle campagne toscane dove ha sede questo produttore. L'esperimento ha condotto alla produzione di un vino d'eccellenza che si chiama "Vigna alle Nicchie". Il nome, va detto subito, non riporta a "nicchie" nel senso di anfratti, bensì: "La vigna delle nicchie è chiamata così perché questo piccolo appezzamento di collina è un giacimento di conchiglie fossili di mare (“nicchie” in dialetto toscano) su una base di argilla bianca e arenaria. Proprio su questa collina si trova l’unico vigneto secolare di piante Tempranillo, da cui vengono prodotte in numero limitatissimo le bottiglie di questo vino". Così riferisce il produttore nel proprio sito internet. Bello, anche se va spiegato, il riferimento alle conchiglie fossili, evidentemente un componente importante nella struttura organolettica del vino. L'etichetta, graficamente, presenta in alto il nome, scritto con un carattere che non ne facilita la lettura, la firma del produttore al centro (in corsivo ma in fin dei conti leggibile), tre definizioni tecniche in basso (vitigno, regione, alcool), uno sfondo scuro con una "riserva di stampa" dove a fatica emerge l'elmo di un alfiere e infine un taglio, fisico, nella carta, che "squarcia" l'etichetta come una sciabolata (o forse rappresenta un tralcio, chissà). Una sottile cornice racchiude il tutto. Pregi: la cartotecnica con il taglio (meglio sarebbe stato sottolinearlo anche cromaticamente), la "filigrana" con la texture dell'alfiere, il fondo nero che fa emergere gli elementi. A sfavore: come già detto il carattere di scrittura del nome, l'eccessiva sobrietà dell'impaginazione che non valorizza il design in generale, la cornice poco visibile e quindi poco efficace del punto di vista contenitivo, la "gratuità" del taglio trasversale (cioè la sua posizione, non l'idea in se stessa che è valida) che va a "colpire", a interrompere, l'immagine sottostante.