Il Pecorello della Molarella (della Pizzuta).

winedesing concept branding comunicazioneMolarella, Pecorello Bianco (Val di Neto), 
La Pizzuta del Principe. 

Siamo in Calabria dove i vitigni locali sono sconosciuti ai più, ma ben coltivati dai pochi e ispirati viticoltori del bel piede d'Italia. Il caso di questa etichetta ci presenta diverse considerazioni interessanti. Innanzitutto il vitigno che si chiama "Pecorello" e che risulta diverso (ma sembra apparentato) rispetto al più noto "Pecorino" del centro Italia. Questo autoctono calabrese è riconducibile al "greco di Rogliano" dice la competente analisi di Ais. Nomi diversi per il medesimo ceppo: Guardavalle piuttosto che Greco di Bianco o Malvasia delle Lipari. Ma torniamo alla nostra etichetta dove non può sfuggire il simpatico nome del vino: "Molarella" (sembra un morbido vezzeggiativo). Deriva dal luogo dove ha corpo la vigna, definito dal produttore come "vignale", termine che non si trova facilmente in giro, infatti è la prima volta che lo incontriamo su un’etichetta. Particolare anche il nome dell'azienda "La Pizzuta del Principe", derivante anch'esso da topografie locali: la sede di questa azienda agricola si trova a Strongoli in provincia di Crotone, nella contrada "Pizzuta". Certo non è facile memorizzare queste tre menzioni che in etichetta hanno lo stesso "peso", ovvero la medesima grandezza del carattere di scrittura e quindi una equipollente visibilità: Molarella, Pecorello, Pizzuta del Principe. Qualcosa resterà, anche perché il vino, si dice (in rete) sia molto buono.