Le etichette di questo produttore toscano sono tutte molto fantasiose, soprattutto per quanto riguarda l’illustrazione molto colorata che si trova al centro del packaging. Il territorio è quello di San Gimignano, in una Toscana, saggia, storica, tradizionale, ma anche ridanciana. Il vitigno sovrano di quella zona è la Vernaccia, ma in questo caso stiamo parlando di una bottiglia di rosso. Il vino si chiama “Peperino” e potrebbe sembrare facile intuire cosa può aver spinto il produttore ad assegnare questo nome che secondo lo “slang” popolare italico di solito rappresenta una persona particolarmente vivace. Ma se si approfondisce la ricerca si scoprono cose interessanti (Enciclopedia Treccani): “Si dà il nome di peperino a certi tufi vulcanici in rapporto con magmi potassici, costituiti da un impasto di ceneri, di color grigio, macchiato di nerastro. Contengono abbondanti minerali (leucite, pirosseni, sanidino, plagioclasî, biotite e numerosi altri silicati), in individui isolati o, più spesso, in aggregati di varia costituzione, nonché frammenti di rocce diverse, eruttive e sedimentarie. Spesso sono abbastanza coerenti, e allora si usano come materiale da costruzione. Il più noto peperino si trova nel Vulcano laziale, nei dintorni del Lago di Albano”. In questo caso non siamo nel Lazio ma anche in Toscana il tufo, a tratti, la fa da padrone a livello geologico. Tornando all’illustrazione posta al centro dell’etichetta, vediamo una lepre che brandisce una lancia e cavalca una conchiglia (ve ne sono di sedimentate in quel territorio) dalle sembianze umane. Un sorprendente miscuglio di elementi che definisce (o almeno ci prova a farlo) la realtà vinicola e territoriale in questione.