Un Nome Terra-Terra

naming nome ricerca labels packaging design grafica etichette Sass Ter, Merlot, La Delizia.


Il produttore, presentando la nuova linea di vini che porta questo nome, "Sass Ter", spiega la scelta effettuata affermando che il significato viene da "terra dei sassi". Di fatto questi vini nascono "dalla territorialità delle Grave del Friuli" sempre citando l'azienda. Nulla da dire di particolare sulla grafica delle etichette, molto lineari, pulite, con illustrazioni di vari animaletti selvatici. Etichette anche eleganti, se vogliamo. Se non fosse per il nome, appunto. Sass Ter, terra dei sassi, qual è la zona delle grave: una immensa pianura sassosa che a livello di qualità enoica non può promettere molto. Promessa che la "basicità" di questo nome certamente non riesce a spingere in alto.

Gatto Nero per Vino Bianco

naming packaging desgin branding etichetteLe MusCat, Moscato, Bodega Crotta.


Questo produttore argentino ha deciso di "mettersi in gioco". Nel vero senso della parola. Ha giocato con il vitigno che compone questo vino trasformando la parola "moscato", muscat in francese e inglese, in un nome divertente: Le MusCat. L'immagine non lascia dubbi sul fatto che ci si riferisce al "mondo felino": infatti la coda del gatto forma la "C" del nome. Per di più il quadrupede in questione è anche nero, per cui nessun riguardo anche per eventuali scaramanzie. Un'etichetta azzardata, anticonvenzionale, che si rivolge ad un pubblico di stampo non tradizionalista, con una grafica in grado comunque e ovunque di farsi notare. Questo sì. Provoca un sorriso di simpatia e di ammirazione, e forse anche qualche vendita "di riflesso". Un brindisi al "mos-gatto"!

Etnico Scettico

sauvignon friulano design ricerca nome branding marketing labelsSauvignon (Blanc), Borgo Magredo.

naming lettering labels packagingdesign brand grafica nomeQuesto vino (a sinistra) non ha un nome (si chiama Sauvignon). Nessuno dei vini aziendali di Borgo Magredo ha un nome definito (tranne il Le Blanc, a destra, che curiosamente ha un nome in francese!) Non avere nomi per i vini non è sempre una buona idea: in questo caso l'azienda comunica anche e soprattutto attraverso due/tre "claim": "Vini di Stoffa" (pay-off ufficiale, qui il sito), quindi "Anticipare il Futuro" (posto sulle etichette di ogni vino in gamma) e infine "In Denim we Trust" (in inglese!) sull'etichetta del "Le Blanc". Insomma un po' di confusione c'è, linguistica e semantica. Passiamo alla grafica: tutte le etichette riproducono tipi di stoffe tenendo fede al claim aziendale (concetto di lavorazioni pregiate, "tessuto" organolettico, lavorazione "sartoriale", ottimo e sinergico). Certo che: il logo aziendale (quella specie di quadrato "etnico" che entra dalla sinistra nell'etichetta del Sauvignon), le trame delle stoffe riprodotte nelle varie etichette e anche la conformazione della bottiglia, riportano alla mente vaghe sensazioni di rum caraibico. 

Il Fattore Poetico-Estetico.

naming lettering immagine comunicazione packaging design grafica etichetteLitorale, Vermentino e Sauvignon, Val delle Rose.

etichette packaging naming ricerca nome denominazione design brandingUn vino di mare, certamente. Prodotto in Maremma. La scelta del nome: Litorale. Richiama, con il suo modo colto di dire "spiaggia", le lunghe distese che fronteggiano i flutti. Il litorale è tutta la costa presa nel suo "complesso". Nome erudito che suona anche bene, foneticamente. Forse gli stranieri fanno un po' fatica a pronunciarlo, ma in Italia "gira" rotondo e abbastanza scorrevole. L'immagine che lo accompagna e che lo "conferma" concettualmente non è delle più indovinate: sedie sdraio colorate come si usa nei "filari" abitati anche da ombrelloni. E dai "bagnanti". Le sedie sdraio abbattono quella sensazione più elevata di paesaggio marino che la parola "Litorale" aveva trasmesso in prima battuta. Anzi, considerato che spesso l'occhio "cade" prima sull'immagine, soprattutto se molto colorata, ecco che la prima sensazione è quella di un vino "da spiaggia", di quelli che si bevono a mezzogiorno giusto per accompagnare un'insalata di pesce. Il prodotto non viene nobilitato, non acquisisce importanza. Forse questa etichetta è stata pensata per il mercato estero? Laddove il turismo straniero riconosce nelle sedie sdraio un simbolo dell'estate italiana? Qualche dubbio rimane. Anzi, ritorna incalzante come la risacca. Qualcosa da dire anche sul logo aziendale (in basso, nell'etichetta): la sovrapposizione delle parole con l'immagine (quella che ha sulla propria sommità una rosa che, tra l'altro, non si percepisce) ostacola la lettura. La scelta del carattere molto graziato e della cromìa, non aiutano.

Il Vino è Gioiosa Condivisione.

nome ricerca naming cultura titolo packaging desgin grafica branding conceptTra Donne Sole, Sauvignon-Chardonnay, Terre da Vino.

Cosa può spingere una grande azienda a nominare uno dei propri vini "Tra Donne Sole"? "Affinità elettive" con l'omonimo romanzo di Cesare Pavese? Un accenno alla cultura quindi? Il punto è che il romanzo "Tra Donne Sole" di Pavese è un racconto molto triste. Si potrebbe dire tragico. Ma mettiamo anche che non tutti (i potenziali clienti) abbiano letto quel romanzo o siano a conoscenza della sua esistenza, allora la lettura del nome di questo vino avviene per "comprensione diretta". E l'immagine che richiamano le parole "Tra Donne Sole" è quella di un gruppo di amiche, sentimentalmente sole, che si trovano e bevono vino. Oppure questo nome ci porta alla "visione" di donne totalmente sole che singolarmente nei loro appartamenti bevono vino, forse per "dimenticare". Insomma non se ne esce. La sensazione non è certo di gioiosa condivisione. Forse il produttore punta sugli aspetti psicologici del bere solitario, ma sarebbe una storia, anche di marketing, davvero triste.

Sbagli e Abbagli

packaging grafica lettering design naming labels etichetteVino Sbagliato, Sforzato di Valtellina, I Dirupi.

naming ricerca nome labels packaging etichette design grafica brandingCosa c'è di sbagliato in questa etichetta? Dunque, partiamo dall’inizio: la storia che viene narrata nel sito del produttore è abbastanza interessante... parla di un vino "dimenticato" in cantina, che non riesce a "maturare" nel modo giusto, diventa un incompiuto e quindi ispira il nome "Vino Sbagliato" per quello che poi diventerà, ed è diventato, il vino da commercializzare. Storia intrigante, anche se già sentita, in grado in incuriosire e di essere concettualmente accettabile. Quando è stata realizzata l'etichetta, ecco l'idea aggiuntiva: sbarrare il nome "Vino Sbagliato" per "sbagliarlo" ancora di più. Inoltre ecco la scelta grafica ancora più compromettente: scrivere il nome del vino con un carattere tipografico che non si può certo definire leggibile. Il risultato, soprattutto alla distanza di lettura "da scaffale", è che il potenziale cliente non capisce nulla. Né il nome del produttore, né come si chiama il vino. Anche la denominazione in basso, Sforzato di Valtellina, è stata barrata, ma in modo più leggero, immaginiamo per rispettare i termini di legge. Infatti quella si riesce a leggere. Così come si leggerà benissimo e in modo non barrato il cartellino del prezzo, che tra l'altro non risulta certo modesto. Si sa, gli sbagli si pagano cari!

Serve Davvero Urlare?

packaging naming nome ricerca lettering brand designUrlo, Vitigni Internazionali Rossi, Ruffino.

design packaging grafica naming marketing branding labels etichetteIn comunicazione di solito non è produttivo urlare. L'urlo è quello che si dice un annuncio improvvisato, momentaneo, tattico, che punta ad attirare l'attenzione nell'immediato ma che non costruisce sul futuro. E' di solito un atto commerciale ed egoistico. Sgraziato e fastidioso. A volte funziona. Scopriamo che il nome di questo vino di proprietà un noto produttore italiano, Folonari, e più recentemente passato all'americana Constellation Brands) deriva in parte dal paese dove si trovano le vigne: Murlo, tra Siena e Montalcino. Nasce quindi l'idea di chiamare il vino "Urlo" e di accompagnarlo visivamente con la traccia audio di un urlo. Originale e impattante questa scelta, non propriamente attinente al vino, ma di sicura "forza attenzionale" sullo scaffale. Un vino che urla la propria esistenza, forse e speriamo, anche la propria persistenza. Quanto meno nella memoria dei potenziali acquirenti. 

Le Etichette Cruciverba

packaging rosso design naming ricerca nome comunicazione etichettePoggio Rosso, Chianti Classico, Azienda San Felice.

naming nome label etichetta design packaging brand marketing grafica logoLa "serie" di etichette che espongono nomi a "grandi lettere" è, soprattutto negli ultimi anni, infinita. Piace questa modalità grafica che fornisce di certo un "piglio moderno" anche se non sempre efficace. Il rischio, con l'uso libertino delle lettere e dei caratteri di scrittura, è quello di fare un gioco fine a se stesso, cioè una specie di esercizio di design tipografico che non porta vantaggio al prodotto e alla marca. Se la leggibilità non è immediata, ad esempio, si possono perdere punti importanti nei confronti di un concorrente che sullo scaffale si presenta in modo più semplice o anche "antico", ma con una forza comunicativa più lineare e gradevole. L'etichetta non è, non deve essere, un cruciverba da decifrare: non giovano le parole spezzate, sia da dinamiche di scrittura, sia da giochi cromatici, come nel caso qui esposto. Per quanto riguarda il nome di questo vino, una volta decifrato risulta comunque piuttosto inflazionato: di "poggi" in Toscana ce ne sono a migliaia. In sintesi un'etichetta dal nome tipico ma dal tratto criptico.

La Tentacolar Tenzone che Attira l'Attenzione

packaging design label naming grafica marketing branding californiaThe Tentacle, Sirah, Eight Arms Cellars.

Sarà forse che gli americani hanno una considerazione del "gusto" più ampia e meno condizionata del nostro? Di gusto grafico in questa etichetta ce n'è. Sono bravi gli anglosassoni con il packaging, c'è da imparare. Equilibrio, eleganza, attenzionalità, orginalità, esecuzione ineccepibile, grazie anche alle nuove tecnologie che consentono la realizzazione di etichette su materiali e con trattamenti di grande effetto, in questo caso che agiscono creando un "effetto trasparenza" sulla bottiglia. C'è anche un aspetto concettuale ben espresso nel retro-etichetta: la tentacolare caratteristiche di questo vino che quanto "ti prende" non ti lascia più. Daccordo, ma la questione del gusto però torna a livello ancestrale, e per non andare così indietro nel tempo, diciamo che si manifesta a livello inconscio: insomma per noi Europei che non riusciamo a concepire il polpo (perché questo "ti sbatte in faccia" l'immagine dell'etichetta) se non con un vino bianco fresco, magari un "piccante" Vermentino di Gallura, ebbene, si creano strane dicotomie cerebrali. Un Sirah con il polpo? Gli americani dicono che ci sta. Almeno a livello comunicativo. Ed è probabile che se lo gustano davvero, il polpo alla catalana, con il vino rosso. With compliments!
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Un Racconto nel Raccolto

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Lindul, Passito, Antonutti.

Ogni etichetta nasce, o dovrebbe nascere, per raccontare. Una storia, una leggenda, un territorio, a volte anche solo un aneddoto. Il raccondo deve essere bello, breve, interessante. E gli elementi che lo compongono (in questo caso gli elementi che compongono l'etichetta, tutti, dal nome alla grafica) devono risultare come un unisono. Concettualente funzionali, percettibili, "rotondi", gradevoli. Il caso di questa etichetta studiata per un produttore friulano, parte dal nome, Lindul, che significa limpido, pulito, nitido (forse troppo "regionalista", ma anche se non compreso da chi non conosce il dialetto, il nome risulta foneticamente gradevole, suadente) e percorre una storia di coppia, l'intesa tra uomo e donna, i produttori, che riescono insieme a produrre un vino "ad arte". Il passito, infatti, più di un vino bianco o rosso, è un prodotto da costruire con pazienza e anche da sorbire con meditazione, consapevolezza, attenzione, idealmente in compagnia di qualcuno in grado di condividere emozioni e sensazioni. Da notare il "folderino" appeso alla bottiglia, poco utilizzato ultimamente, coordinato con tutto il resto e che completa il look un po' retrò.

Esercizi di Stile

packaging naming branding label etichette cartotecnica grafica designSolus Ad, Alberta, Secolo, Panta Rei, Linea Vini Rossi, Contratto.

Il commento di chi ha progettato queste etichette spiega bene il concetto: "...una linea di etichette in cui ciascuna declinazione della forma acquista una personalità distinta e nel contempo comunica l'appartenenza dei prodotti ad un'unica azienda". Le forme, insolite per delle etichette, sono certamente in grado di creare distinzione sullo scaffale, per cui svolgono il loro ruolo "comunicativo" con un doppio effetto e significato: vestono con eleganza le bottiglie e le rendono originali e attenzionali. L'azienda Contratto, storica in Piemonte, ha lavorato anche sulla "varietà" dei nomi, generando una serie di denominazioni interessanti, ma meno omogenee rispetto al concetto espresso con le forme delle etichette. Inoltre di leggibilità non molto efficace. Il risultato, nel complesso, è gradevole di ottima qualità.

Eleganza Senza Baldanza

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Frati Bianchi, Spumanti, Sparapani.

Nuove etichette per questa linea di spumanti del produttore Sparapani di Cupramontana in provincia di Ancona, patria incontrastata del Verdicchio. Grande utilizzo delle carte "metallizzate" per un effetto "festoso" ma non "chiassoso", quindi al tempo stesso elegante. Parliamo di un'eleganza sobria: tutto sommato la linea concettuale di queste etichette parte dal nome dell'Eremo dei Frati Bianchi, nei pressi della sede aziendale. Il merito dei frati, anche qui come in Francia e in altri luoghi d'Italia, è stato quello di tramandare, spesso in modo umile e silenzioso, la "vocazione al vino" di territori e culture locali. 
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Onore e merito quindi ai Frati Bianchi e alla loro "eleganza sobria". Sobria in termini di vestizione e stile di vita, non certo per la fruizione del vino che nelle mense conventuali scorreva generosamente. Ben delineata la scelta cromatica delle etichette: oro e ambra per il metodo Charmat, nero e argento per il metodo Classico, bianco per lo spumante Dolce. Eleganza anche nel marchio "araldico", un classico del branding "vinicolo", che riesce sempre a valorizzare i prodotti e la marca. 

Musicalità in Bianco e Nero

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Piano, Merlot, Jagodinska Vinarija.

Un nome di spessore, che evoca musica, perfezione, eleganza. Lo strumento "sovrano" per eccellenza, il pianoforte è in grado di trasmettere sfumature sottili, vibrazioni complesse, proprio come un vino di qualità. La successione dei tasti sulla tastiera, bianchi e neri, le ottave che si rincorrono, la musicalità evocata e mai "eccitata" dona subito un senso di equilibrio e di classe elevata. La grafica dell'etichetta "assiste" concettualmente il nome con la raffigurazione, stilisticamente apprezzabile, dei tasti del prestigioso strumento. I tre tasti neri, posti in verticale, creano un'icona molto visibile, per quanto riguarda l'originalità a scaffale. E' tutto molto corretto e gradevole, efficace e comunicativo. Peccato per la capsula color oro che rompe "gli schemi". 

Nomi da Meditazione

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Inchino, Groppello Chinato, La Guarda.

Nulla di eccezionale in questa etichetta, graficamente parlando. Anzi, qualche difetto, come il carattere "dorato" con il quale è scritto il nome del vino, che denuncia problemi di leggibilità. Però... il nome è bello. Inchino. Evoca un gesto gentile, sollecita un omaggio al vino, si può riferire ad un sornione cerimoniale, di fatto è legato semanticamente alla china, ingrediente di base per l'aromatizzazione del prodotto. Quindi il "chinato", accezione negativa se riferita (e l'inconsco lo percepisce) a qualcosa di fisico, diventa "Inchino" portandosi dietro tutta quelle valenza magica e un po' retrò, ti tipo rinascimentale, legata alle "gentilezze" di corte. Tutto questo senza perdere, come già accennato, il legame con la caratteristica specifica, quindi con la categoria di prodotto. Il produttore, probabilmente frutto di una scelta che ha anticipato i tempi, è riuscito anche a opzionare un sito con la medesima denominazione. Complimenti e buoni auspici!

Follature e Follie

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Loco, Garnacha Blanca, Bodegas Canopy.

Cosa può spingere un produttore di vino a fare follie (oltre che le follature in cantina)? In un mondo di estrazione contadina dove i piedi per terra bisogna tenerceli per forza, i casi di voli pindarici sono molto rari. E allora giova citare questo esempio dove una bottiglia di vino è stata "vestita" con una camicia di forza che diventa anche etichetta con le informazioni di base. La follia parte dalla decisione di coltivare e vinificare una Granaccia in bianco (Garnacha in spagnolo) e prosegue nel proporre "Loco" come nome e quindi di chiudere il cerchio attorno alla pazzia. Non c'è dubbio che la bottiglia si farà notare, non solo sugli scaffali, ma anche (è questo ha la sua importanza) a livello "mediatico", cioè di diffusione della bizzarria. I pazzerelli hanno anche realizzato un breve, semplice, economico (e naturalmente folle) video, visibile qui.

La Bellezza della Semplicità

Amedeo, Garganega -Fernanda -Trebbiano, Cavalchina.

Un'etichetta bianca, semplice, centrata, molto classica. Potremmo definirla "da matrimonio" se non fosse che troppo spesso ai banchetti di nozze si beve davvero in modo dozzinale (mille attenzioni per i fiori e per le decorazioni e poi il vino è quello "del supermercato"). E' questa, insomma, una etichetta molto "democristiana", ma nella sua estrema semplicità non trova vere e proprie criticità. Il discorso è questo: piuttosto che avventurarsi in esperimenti di grafica "moderna" tanto per fare gli originali, allora meglio fare il "compitino" bene, come in questo caso. Passiamo al nome... nome proprio di persona (abbiamo più volte criticato scelte come questa), Amedeo. In questo caso il nome rivela una storia legata al territorio (quindi è più "giustificato"): durante la Terza Guerra di Indipendenza, nel 1866, il Principe Amedeo di Savoia fu ferito proprio in una delle vigne che serve ancora oggi a produrre questo vino. 

Il Maiale Trinca (e si fa Notare)

Trinca Bolotas, Blend Rossi, Herdade do Peso.

Questo vino portoghese si è meritato un grande lavoro di packaging che ha compreso una scatola di presentazione davvero articolata. Spiccano i toni arancio su sfondo nero e il protagonista è un grosso maiale tipico delle regioni di coltivazione delle vigne: il suo nome è Trinca (nomen omen) Bolotas (bolotas sono le ghiande). Non è escluso che il corpulento maiale raffigurato in etichetta sia ghiotto anche di grappoli succosi, ma più facilmente finirà in padella e si farà ben accompagnare da questo vino rosso corposo. Tornando all'etichetta si può certamente dire che nasce per farsi notare, vista la scarsità di bottiglie che indossano il colore arancione intenso. Nonostante questa "sparata" cromatica, il design rusulta elegante ed equilibrato. La coerenza del messaggio vince: il maiale evidenzia un consiglio d'uso in grado di catturare molti golosi gourmet.

La Mezza e la Corta

Logo Mezzacorona e Franciacorta.

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Ancora prima del naming e del packaging di un prodotto, viene il logo aziendale. Operazione di grande delicatezza visto che di solito un marchio è destinato a durare anni e anni (anche le etichette, che però possono prevedere delle revisioni più frequenti). Il marchio spesso è associato a un "claim", una frase che sancisce i concetti fondamentali, le intenzioni comunicative dell'azienda. Ed ecco due esempi di realtà molto note. La Cantina Mezzacorona e il Consorzio Tutela Franciacorta. Iniziamo dai nomi, non a caso abbiamo scelto questi due loghi: la semantica "percepita" di questi nomi non è perfetta. Riuscendo a dimenticare per un attimo (come è giusto fare in una analisi più dettagliata) il "vissuto" di questi due marchi, cioè la notorietà che si portano dietro, possiamo facilmente osservare che una "Francia Corta" è un luogo un po' incompiuto, insomma non è Lunga e (per di più è Francia!). E d'altro canto una Mezza Corona è smezzata, amputata, non intera, non compiuta anch'essa. E solo un esercizio "tecnico" per far capire che a volte quello che l'inconscio può percepire mantiene elementi di debolezza o incongruenza. Certo, a questo punto della loro storia questi due marchi non possono cambiare nome!
Notare a questo punto i due claim (tecnicamente detti anche pay-off): "L'eleganza dei vini trentini" (si punta molto sulla regionalità, sulla tradizione, su un "traino" di notorietà di tipo enoturistico) e "Unione di passioni" (dove in Franciacorta il territorio "è quello che è", si punta sulla passione dei produttori, cioè sulla loro imprenditorialità).


Vedute Diverse, Design Uguale.

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Barbaresco Paje Roagna e Langhe Conteisa Gaja.

Un grande produttore e uno giovane (quello giovane non è Angelo Gaja, naturalmente), vini diversi (quanto meno per la denominazione ufficiale, il vitigno è il medesimo), diversa la terra, i luoghi e le vigne, ma molto uguali le etichette. Cosa sarà successo? Appunto... il successo. Quello di Angelo Gaja, logicamente, che induce altri produttori, diciamo così, ad emularne lo stile, non solo in vigna e in cantina, ma anche... in vetrina! E' un fenomeno sempre accaduto, il leader ha uno stuolo di imitatori al seguito. Certo che ne può risultare un danno di immagine e anche commerciale. E un vantaggio per gli imitatori. Quindi, anche in questo caso, etica e amor proprio vengono asserviti al denaro. Tutto qui. Tornando sul "tecnico", il nome Conteisa, in piemontese significa contesa e rappresenta la disputa che ebbe luogo un secolo fa tra i comuni di Barolo e La Morra per la titolarità territoriale del vigneto Cerequio.


A Volte si Somigliano

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Cutizzi, Pietracalda, Serrocielo...
Feudi di San Gregorio.

E' arrivata una nuova linea di vini "targati" Feudi di San Gregorio (sotto) che somiglia graficamente a un'altra serie di etichette argentine (sopra). Può capitare. Molti codici grafici sono universali e trovare ogni volta qualcosa di originale non è facile. Qui parliamo di cerchi con colori pieni, una soluzione semplice ma certamente impattante, nel caso di Feudi di San Gregorio sempre in linea con le originali etichette artistiche che da alcuni anni contraddistinguono le bottiglie del noto produttore campano. Particolari i nomi dei nuovi vini: Cutizzi, Pietracalda, Serrocielo e Aglianico dal Re. Anche questi servono per dinstinguersi sullo scaffale in mezzo a centinaia di altre etichette. Operazione non sempre facile: la bottiglia di vino, tutto sommato, è come una "primadonna" che non sopporta di essere vestita come un'altra. 
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Il Canto Stonato di Sirene Australiane

packaging design naming logo branding label etichetteSirenya, Pinot Grigio, Vinaceous.

Lo diciamo subito che non sembra un vino. Potrebbe essere un'acqua di colonia, al limite una vodka (complice anche la fotografia con toni molto "luminosi"). Magari un tonico pseudo-medicinale tratto da alghe marine. I colori del fondale (dietro alla streghesca sirena) non aiutano: dal verde all'azzurro, colori poco "alimentari". L'idea creativa è quella di raffigurare la sirena mentre fa emergere un bicchiere di vino oltre il pelo dell'acqua, quasi a salvaguardarne l'integrità. Il retro dell'etichetta sembra un ritaglio di giornale. E naturalmente il tappo è a vite come si usa ormai nel "nuovo mondo" del vino.  Insomma se gli australiani produttori di questo vino volevano fare gli originali ci sono riusciti. Con qualche dubbio sul "ritorno".

Il Vino è in Carta

packagingdesign naming ricerca nome lettering label logo brand marketingUr, Penedes.

A volte capita che le enoteche incartino le bottiglie acquistate dai clienti, avvolgendole in eleganti veline che hanno anche un ruolo protettivo oltre che estetico. In questo caso ci ha pensato il produttore all'origine, presentando la sua bottiglia dentro a una carta ocra (tipo carta da pacco, diremmo noi). Originale modalità per presentare il vino e per farsi notare. Originale anche il nome, stampigliato in dimensioni tali da diventare assoluto protagonista dell'esterno e dell'interno della confezione. UR è una antica città della Mesopotamia dove storicamente le prime vigne hanno iniziato a dare frutti trasfomabili in vino. UR è anche, nello slang americano, la lettura sintetica di "You Are", per quello che può aggiungere. Si presenta quindi in modo memorabile e anche circostanziato questo vino spagnolo della zona di Penedes, vicino a Barcellona. Una zona vinicola in forte espansione, qualitativa e di marketing. E questo insolito packaging lo può confermare.
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Il Superclassico è Superato?

Overgaauw, Cabernet Sauvignon, Stellenbosch.

rosso naming lettering leggibilità packaging design grafica etichetteEtichetta superclassica, nell'impaginazione e nella scelta dei caratteri. Anche nell'elaborazione dei loghi e delle illustrazioni. Molti produttori del "nuovo mondo", per agganciare i consumatori utilizzano codici tradizionalisti, che tranquillizzano dal punto di vista dell'esperienza (in comunque modo presunto) e quindi della qualità. Può passare. Ci può stare. Quello che non funziona in questo packaging sudafricano è la leggibilità del nome. Non si capisce, nell'immediato, se si tratta di Verga (sarebbe bello così), Vergaauw oppure Overgaauw. Dopo una attenta analisi si desume che possa trattarsi di quest'ultimo. Lo stacco cromatico, come sempre e come logico, non funziona: la "O" graziata e per di più rossa, spezza la comprensione. Per il resto, impaginazione, caratteri di scrittura (comunque in un ambito forse forzatamente "classico") e il logo con l'unicorno, sono gradevoli e ben realizzati.
etichetta packagingdesign lettering naming grafica illustrazione

Dal Vecchio al Nuovo (o il Contrario?)

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Ceppi Storici, Barbera, Araldica.

packagingdesign branding mktg naming etichetteNon è sempre facile la metamorfosi tra una "vecchia" etichetta e una nuova. Cosa cambiare e soprattutto perché? si chiedono le schiere di produttori assillati da questo problema. Presentiamo quindi un esempio di cambiamento di etichetta operato da un produttore piemontese molto strutturato, quindi avvezzo a queste involuzioni. La vecchia etichetta (a sinistra) appare con uno stile classico, ma non arcaico, lineare ed elegante, preziosa ma non sfarzosa. Non brutta, insomma, per essere un modello comunque stereotipato. Vediamo quella nuova (a destra): il vino ha mantenuto il medesimo nome "Ceppi Storici", che giustamente fa da filo conduttore, da passaggio del testimonte da una etichetta all'altra. La nuova etichetta ha una estensione maggiore (soprattutto in altezza) e si presenta come più "leggera", didascalica (si vede il ceppo della vite protagonista dell'illustrazione), coerente con il nome quindi, più "giovane" e "moderna" (con tutti i limiti di queste terminologie ormai troppo sfruttate). Unico difetto evidente, lo stacco cromatico con il quel viene scritto il nome: scuro e in evidenza "Ceppi" e ramato, graziato e defilato il conseguente "Storici". A noi forse piace di più quella vecchia, ma qui entrano in campo nozioni e sensazioni soggettive. Certamente il valore percepito del prodotto, la sua "valutazione" è maggiore nella etichetta "vecchia". Al commerciale l'ardua sentenza.