Nessuna Etichetta è Oro Colato

oro bianco vino aperitivo design packaging naming ricerca nome etichetta bottiglia eleganzaOro Blanco, Sauvignon.

D'accordo, si tratta di una etichetta "di studio", cioè non è stata applicata ad alcun prodotto in commercio. E' un esercizio di "immaginazione pratica" che a volte gli studi di design fanno per allenarsi o per fare un po' di auto-promozione. Però l'esercizio è venuto bene. Che pulizia grafica! Che eleganza. E poi quella intuizione del cerchio che si chiude su se stesso e pronuncia "oro" senza proferire parola. In questo caso la leggibilità, non lineare, certo, diventa gioco di design. Che funziona. Il gioco continua nel significato del nome: oro bianco, anche se il vino è di fatto giallo. Insomma un bel corto circuito comunicativo.

Rosa, Rosae, Rosam o Cosa?

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Rosato, Vermentino Nero, Lunae Bosoni.
Il buon Paolo Bosoni, patron dell'azienda vinicola Lunae, in Lunigiana, ce la mette tutta con le etichette (e anche con il vino) e i risultati sono ottimi. In questo caso ci sentiamo di esprimere una critica sulla leggibilità del nome: alla vista dell'etichetta di questo originale vino rosè da Vermentino Nero, l'occhio cerca e la mente vaga nel tentativo di comporre il "cruciverba". E non senza esitazione si può infine interpretare Mea Rosa. Per il resto si notano pulizia grafica, carta preziosa con particolari in rilievo, fine design e attenta ricerca dei caratteri di stampa.

Nomi della Tradizione, Troppo Regionali

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Spalatrone, Taurasi Docg, Russo.

Un'etichetta essenziale, total-black, elegante, quasi carismatica. Carattere austero ma con una grande dignità, proprio come il vino che rappresenta. In questo caso, dove la grafica è equilibrata e giustamente semplificata, parliamo del nome: Spalatrone. Deriva da un sistema di coltivazione del vigneto detto anche puteolano, tipico dei Campi Flegrei. In primo luogo, il nome scritto in corsivo e in oro diventa poco leggibile, inoltre il suo significato e la difficile pronuncia lo relègano ad un ambito molto locale. L'originalità non sempre è memorabilità.

Il Falerno, Vino Antico e Attuale


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Falerno del Massico, Villa Matilde.


La bottiglia è una di quelle "di design", svasata, bella sinuosità, ottima presa, elegante e valorizzante. L'etichetta è un connubio di canoni tradizionali, e ancora di più, storici, uniti ad una grafica attualizzata. Essenziale, sintetica, chiara (leggibilità), cromaticamente semplice ed equilibrata. Nella figura, due portatori di anfora conducono la mente alla storia dell'Impero Romano che per il vino è stato grande (e interessato) magnate e promotore. Manca un nome vero e proprio, ma "Falerno del Massico" esprime già originalità e pregio (oggi da uve Aglianico e Piedirosso).

Nomi e Vitigni nell'Antica Roma

baccanale vestali roma antica vino bacco tripudio falerno vigneti calici libiamoLa semantica dei nomi dei vitigni coltivati dai romani aveva delle origini molto precise che si rifacevano soprattutto, come era nella tradizione georgica, alla loro origine geografica e alle loro caratteristiche morfologiche. La maggior parte erano una traduzione dal greco.
- Nomi derivati da toponimi (nomi di luoghi): Biturica, dalle terre dei Biturici, nel Bordolese, Falerna dall'Ager Falernus, in Campania, Graecula dalla Grecia, Libica dall'Africa punica, Murgentina da Murgenta in Sicilia, Raetica dalla Rezia.
- Nomi derivati da antroponimi (nomi di persone): Numbiana dal viticoltore che la introdusse a Terracina, Holconia dal viticoltore Holconius, Calventina dal viticoltore Calventinus.
- Nomi derivati dalle caratteristiche morfologiche del vitigno: Pumila, vite dai tralci poco sviluppati, Sopina, vite dai tralci molto lunghi, Rubelliana per il colore rosso del rachide, Hirtiola per le foglie ricoperte di tricomi lanugginosi, Capnios (fumo) dal colore grigio delle bacche, Lagea (lepre) per il colore rosso scuro come il sangue della lepre, Oleaginea per le bacche simili a una drupa d'olivo, Duracina per la durezza della polpa.
- Nomi di origine diversa: Precox per l'epoca di maturazione, Eugenia per la sua nobile origine da cui Ugni, Trebbiano toscano in francese, Pergulana per la sua attitudine a essere coltivata a tendone. Molti di questi vitigni non hanno più un riscontro nelle varietà oggi coltivate.

Tratto da: La vite e ilvino di Attilio Scienza, Osvaldo Failla, Stefano Raimondi

Quando un Vino ha Bisogno di Immagine

bottiglia etichetta vino packaging wine design grafica marketing scaffale rosso toscanaBirbanera, Montecucco, Amantis.
E' un vino non molto conosciuto il Montecucco Doc. Ha ancora bisogno di attenzione e quindi di buona comunicazione. Questa etichetta valorizza il vino con simpatia e rigore grafico. Birbanera è un bel nome, suona bene, è originale. A rafforzarlo c'è la sagoma di un gatto nero su fondo bianco. Memorabile. L'etichetta è tagliata bene, asimmetrica ma con una dinamica piacevole. Belli i caratteri di stampa. Riusciti anche il nome e il logo aziendale. 

Bevibilità non è Leggibilità

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Pinot Bianco, Cantina Colli Euganei.

Non è certo un esempio di leggibilità questa etichetta. Al nome si rinuncia subito, in favore della definizione generica del vitigno: scritto in grande, attira l'attenzione, ma si fa molta fatica a leggere. Anche il nome dell'azienda, posto in verticale a lato, non sovviene immediatamente. Del resto i toni chiari sono coerenti con la tipologia di prodotto, i colori sono innovativi e "giovani", l'illustrazione, una conchiglia, potrebbe avere un senso (residui di fossili marini nel terreno). Ma in generale c'è disordine e non c'è armonia.

Etichetta Classica o Moderna? Dimenticabile o Eterna?

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Colle di Giove, Fratelli Pardi.

Ecco un ottimo esempio di modernità classica, cioè di una etichetta che non fa perdere nulla alla tradizionalità un po' "dovuta" del vino italiano e riesce anche a dare un'immagine dinamica ed evoluta. Esprime in immagini e sensazioni quello che dovrebbe avvenire in cantina: tecnologie moderne con un sapere e un sapore antico. Bella la stilizzazione del falco con il grappolo dorato, bello l'abbinamento dei colori. Semplicità ed eleganza. Il nome Colle di Giove evoca l'alta protezione degli Déi ma facendo restare il vino con i piedi, o meglio le radici, per terra.

In Ogni Caso è una Questione di Etichetta

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Una guida per l'etichettatura del vino in Italia.

E' importante l'immagine, certo, ma anche la correttezza dei dati sull'etichetta, secondo le norme in vigore. Capita spesso che i produttori di vino incontrino difficoltà e multe per un’etichetta risultata non regolare. I consorzi, che dovrebbero aiutare in questa "impresa", a volte forniscono informazioni incomplete o non aggiornate. Serve quindi procurarsi gli strumenti adeguati. E poi naturalmente creare una etichetta che oltre che corretta sia anche originale, bella e attenzionale.  Qui il link per acquistare il libro.

Design e Vino: questione di Gusto

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Altos Ibericos, Torres.

Un'etichetta, di un vino spagnolo, con colori sobri ed eleganti. Così eleganti che la trama grafica centrale sembra proprio la texture di una cravatta! Niente di male, anzi. Molto maschile, anche nei toni cromatici, molto da "leader" anche il nome, che "vola alto". L'oro impreziosisce, il granata mette tutto in evidenza. Per lo stile spagnolo prevalente possiamo considerarla un'etichetta classicheggiante ma ben riuscita. Viaggia sul sicuro entro codici di rassicurante preziosità. E anche il posizionamento di prezzo può trovare giovamento.

Piume di Uccello e Zampe di Coniglio

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The Good Wine Co.

Dicono gli esperti del settore che alcuni riferimenti, tipo le piume di uccello, siano totalmente "anti-alimentari". Trasmettono cioè sensazioni negative all'osservatore. A chi, insomma, deve decidere di acquistare un vino, ad esempio. Qui abbiamo (l'ennesima) assenza di nome (la denominazione principale si riferisce all'azienda produttrice ed è abbastanza generica) e grande presenza di piume. Belle le illustrazioni, ottima la scelta dei colori, criticabile il lettering. E poi le piume che "guastano" un po'. Almeno secondo i canoni Europei, senza la pretesa che siano sempre buoni e giusti, naturalmente.

Dall'Umbria con Passione

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Vipra Rossa, Bigi.

Un bel progetto enologico innanzitutto: un vino "per tutti", rotondo, piacevole, di buona qualità, a meno di 5 Euro (quando, e succede spesso, va in sconto nella GDO). Ovvero la soglia della qualità-prezzo di molti consumatori. Un'etichetta e un nome da grande vino. Perfezione nei particolari. Coraggio, coerenza, gusto. Il nome innanzitutto: arcaico ma incisivo, territoriale. Il packaging: originale, essenziale, impattante, elegante. Insomma vedere per credere. E toccare la vipera in rilievo sulla bottiglia. Chapeau, direbbero i francesi.

Il Gallo Nero sta Invecchiando Bene?

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Villa Cafaggio, Chianti Classico.


Il Chianti è solo il Classico, dice qualcuno. E non si può dargli torto. Il Gallo Nero, insomma, guida la tradizione. L'enigma per i produttori è: rinnovare o conservare. Non a livello di vinificazione, quella deve rimanere nell'uso. Ma per le etichette? Il troppo classico paga ancora? Quella che vediamo qui a fianco è Classicissima, non concede nulla, ma proprio nulla, alla modernità, a nuove scuole di pensiero. Stemma, nome "della casa", carattere volteggiante, carta anticata e goffrata. Che abbiano ragione loro?

Nome Musicale, Buon Tono Generale



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Joss Vodka, Sòlas Distillery.

Una premiata vodka americana (prodotto e packaging), si veste di tonalità insolite. Il colore, rosa-salmone intenso, spicca sulla bottiglia trasparente e naturalmente anche negli scaffali o nel bancone del barman. La vodka viene solitamente vestita di toni freddi come i blu, l'azzurro o con alteri neri, salvo casi particolari. Questo è uno di essi. La forma dell'etichetta insegue lo stile  "scudato" del settore ma il risultato generale è di impatto. Bello il nome, breve, veloce, musicale, che si pronuncia come Jazz ma si riferisce a un "idolo cinese o immagine di culto".

Etichette di Vino in Stile Borotalco


Delphis, Hamilton Russel.

La ragione per cui queste etichette sono così "pastellose" sembra essere nel fatto che sono state studiate e prodotte in esclusiva per un Hotel "romantico", all'interno del Parco Divertimenti Tivoli a Copenhagen. Questo non toglie che l'aspetto Art Decò e soprattutto i colori, risultano più adatti a una marca di borotalco piuttosto che al vino. Prodotti nella Western Coast del Sud Africa, questi vini in Italia e in Francia, molto probabilmente non lascerebbero gli scaffali. Se mai quelche enotecario decidesse di accoglierli. Stiamo parlando di packaging, naturalmente, non giudichiamo il vino in se stesso.

Un Rioja Reale ma poco Realistico

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Rioja, Remìrez de Ganuza.

Etichetta classica e "no name" per un vino spagnolo "Regale" e di grande fama (come tipologia, il Rioja). La classicità della cornice e dei decori viene confermata da una grafica centrata e ordinata fino all'eccesso. I colori tradiscono l'impronta iberica un po' "caciarona", diciamo che è in linea con il proprio target sia pure trattandosi di un vino "superiore", di gamma alta. La nota creativa viene dal quadrato al centro, un ghirigoro che riproduce in modo "artistico" il nome dell'azienda: Remìrez de Ganuza. Sei meno, meno, meno.

Il Lato Doppio dell'Incomprensione

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BSide, Cabernet Sauvignon.

Bella la grafica, ricercato il carattere di scrittura. Bello anche il nome che prefigura aspetti complessi che ogni vino di qualità dovrebbe promettere (e mantenere). L'enigma risiede nel soggetto-oggetto-rigetto scelto per la rappresentazione visiva. Un agglomerato color antracite annodato "ad arte" che si presta a molte interpretazioni (e questo potrebbe essere positivo) ma crea anche confusione mentale; incuriosice un po', ma non impatta e infine non emoziona. 

Vino Tormentato, Vino Prelibato?

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Tormentoso, Syrah & Mourvédre. Questa cantina del Sud Africa ha deciso di dare importanza al proprio nome, Tormentoso, dall'appellativo originario del Capo di Buona Speranza, che il suo scopritore Bartholomieu Dias gli attribuì nel 1488. Tormentoso infatti appare in grande evidenza in tutte le etichette dei vari vini prodotti (qui la tipologia Syrah & Mourvédre). Di bello, oltre al nome dell'azienda, con una storia e una sua fonetica appassionata, c'è anche il pesce in alto a sinistra, forse un po' troppo fumetto, ma simpatico. Certo che la decisione di non dare nomi ai singoli vini della gamma toglie importanza e credibilità agli stessi.                      

Tra un Sì e un No, tra un Se e un Ma

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Sasyr, Rocca delle Macìe.

La nota casa vinicola toscana in oggetto ha in gamma questo vino rosso che viene definito come un "Vino Donna", femminile quindi, morbido e fruttato, rotondo, sinuoso e di grande bevibilità. Sarà. Ma perché mettere insieme Sangiovese e Syrah? Scelte enologiche possibili ma non plausibili, forse anche dal punto di vista enologico. Me è il mettere insieme i nomi dei due vitigni, Sa e Syr che crea ancora più perplessità. Al di là di ogni plauso possibile, per un design in etichetta che è certamente moderno e ben studiato, il nome del vino risulta poco evocativo, vagamente mediorientale, foneticamente inceppato, letteralmente frazionato. Anche se viene immediatamente "spiegato" scrivendo per esteso il nome dei due vitigni. Diciamo pure che l'esperimento è migliorabile.

Cura e Dedizione dal Centro Italia

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Merlettaie, Offida Pecorino, Ciù Ciù.

Un vino rappresentativo del centro Italia viene ben valorizzato con una etichetta semplice, dai toni coordinati, in equilibrio tra tradizioni contadine ed attenzione per la qualità. Il nome, fa riferimento alle Merlettaie, le donne che confezionavano merletti per i corredi di nozze. Il visual sostiene il concetto e rafforza il senso di cura e dedizione. Si nota squilibrio solo tra il nome dell'azienda (Ciù Ciù), prevaricante, e gli altri elementi del design. Andava forse ridimensionato e posizionato diversamente.

Allegoria di un Vino, Anatema di un Nome

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PerlApp, Prosecco Superiore, Perlage.

Come si può vedere, questo virgulto del Prosecco Docg si chiama PerlApp. Ecco alcune informazioni: è un extra dry "per giovani". E' della Cantina Perlage di Valdobbiadene. E' prodotto con uve Glera e incrocio Manzoni. E' bio ed è un Prosecco Superiore. Ha una bassa gradazione alcolica (10,5% vol.) e "consente di collegarsi con il “mondo Perlage”, attraverso il Qr-Code posto sull’etichetta, con cui si scarica una App contenente informazioni dettagliate su curiosità, eventi, ristoranti e luoghi da vistare nel territorio." (cit. l'azienda). Per tutto il resto ci sono molti dubbi.

Uno Spirito da Mare

L'Esprit de Skalli, Cote du Rhone.

Skalli è il nome del produttore e dentro a questa bottiglia è racchiuso tutto il suo "spirito", la sintesi di un concetto produttivo. E fin qui siamo d'accordo. Ma la capsula e l'etichetta sembrano appartenere a due stili diversi. La prima moderna eppur "bucolica", l'etichetta principale molto, molto di design, lineare, affilata. La scelta stilistica dell'etichetta trasmette sensazioni mediteranee ma in senso di mare, di costa, di flutti, di scogliera. Potrebbe ricordare la frastagliata Bretagna, più che il mediterraneo Sud della Francia.

Le Virtù di una Bella Etichetta

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Ashbourne, Hamilton Russel.

Una etichetta che richiama atmosfere da Belle Epoque. Romantico old style, insomma. Cromaticamente variegata, gentile nei toni pastello. Molta natura: fiori, volatili, animalini vari. Il nome sembra richiamare una località della Walker Bay, in Sud Africa, luogo di produzione. Sauvignon Blanc e Chardonnay i vitigni costitutivi. Particolare da non trascurare: l'etichetta ha generato un notevole incremento delle vendite.

Alla Radice del Problema

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Radix, Parès Baltà.

La grafica di questa etichetta lascia poco spazio (perché ne ha molto elegantemente vuoto) ai commenti: lineare, geometrica, forse risolta in modo fin troppo "pulito". Un conto è lo stile sobrio, un altro è la semplicità, un altro ancora i colpi di genio. Qui emozioni non se ne trovano. E per quanto riguarda il nome, in latino, ma comprensibile a molti, richiama certo la terra, ma con un "codice" semiologico più da elisir d'erbe che di vino rosso. 


Se la Cava un po' alla Francese

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Gran Claustro, Perelada.

Una bottiglia particolare per forma e sinuosità. Un Cava di bollicine quasi classiche, con Pinot Nero, Chardonnay e Parellada. L'emozione della bottiglia originale si spegne un po' nel grigiore dell'etichetta che quasi scompare, se non fosse per la forma originale che accompagna le curvature del vetro. Quanto al nome, Gran Claustro, un facile riferimento alle clausure clericali e al mondo cistercense della presa di spuma: non spicca quindi per originalità.

Un Vino dal Sangue Rosa

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Sangue di Giuda, Luigi Scaroni. 

Di questa particolare bottiglia possiamo salvare due elementi: la personalizzazione del vetro, in rilievo, e l'azzardato colore rosa di fondo e della capsula. Per il resto è possibile rilevare la mancanza di nome vero e proprio (ma la tipologia Sangue di Giuda è di per sé originale, a dire il vero) e il carattere di stampa super-graziato dei testi, da vecchia tipografia. Tutto questo nella speranza che si salvi quanto meno il vino contenuto nella rosea bottiglia. E che non sia un Rosè ma un corposo rosso da salumi pavesi.

Un Bottiglione Prezioso (e Costoso)





Mo€t & Chandon, Imperial.

Certo non deve costare poco questo Jeroboam della nota casa francese. Parliamo del packaging naturalmente. Una veste tutta d'oro con i consueti segni distintivo del re degli Champagne. Sovrano soprattutto per la brand-awarness, come la chiamano i pubblicitari, la conoscenza di marca. Forse adeguata al target, la confezione: esibisce pulizia grafica ma forse è un tantino esuberante. La classe non è acqua, ma non sempre è Champagne.

Un Pioniere della Vecchia Guardia

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Pioneer Block, Saint Clair.


Questo Sauvignon Blanc della Nuova Zelanda ha deciso di presentarsi al mondo dei consumatori con una veste "old style", con alcune simulazioni di scritte amanuensi, un po' come è in uso per alcuni Amarone classici dell'italica produzione. Bello il nome, evocativo, carismatico ma anche "terra-terra" come si conviene a un vino che vuole porsi come sanguigno e genuino. Stonano i due riconoscimenti tondi in alto a dx.

Un Mistero che Mette in Gioco il Vino

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Mysterium.


Il "mistero", vino che viene dalla Romania, è nascosto nel labirintico reticolo sul fronte che, se illuminato con luci ultraviolette, oppure se osservato bene, rivela il nome. Gran lavoro di grafica e di inchiostri speciali. Ma forse il gioco trasale le intenzioni e si "beve" le attenzioni che si dovrebbero prestare al vino.

Vini che Raccontano Storie

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Cantine Massidda.


Il vino è la poesia della terra, scriveva Mario Soldati, il vino dovrebbe sempre raccontare una storia, aggiungiamo noi. Ed ecco due etichette poetiche che narrano episodi legati alle vicende famigliari del produttore, sito in Donori, Cagliari. Si tratta di un Vermentino di Sardegna e di un Rosso Igt. Etichette dallo stile insolito e "spiazzante". Comunque bella la veste coreografica dell'insieme.

Si chiama Rigoletto ma il Design non Scherza

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Rigoletto, Shiraz.

Bella etichetta, elegante, pulita, minimalista ma con gusto, dove il visual e il nome celebrano il buffone di corte Rigoletto (dal francese rigoler: scherzare). Personaggio di un'opera di Verdi, richiama traversie amorose, suona italiano, evoca musicalità. Coraggioso ed estemporaneo per uno shiraz. Sagace e memorabile.

La Bottiglia con il Collo Storto

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Obtorto Collo.

La semplificazione dei processi industriali consente oggi la produzione di idee e forme innovative a costi ragionevoli. Ne è un esempio questa bottiglia a "collo torto" che immaginiamo possa agevolare le operazioni di servizio. Originale, forse unica nel suo genere, esce dagli schemi per colpire l'attenzione e forse anche per aggiungere un miglioramento "tecnico" alla gioia del vino.

Il Barolo del Cappellano Matto

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Barolo Cappellano.

Nulla da eccepire sul buon nome e la storia di questo produttore di Langa e sul suo Barolo. E anche per l'etichetta, appartenente alla categoria "grandi classici" non ci sono grandi rimostranze. Otin Fiorin è la vigna a piede franco che origina il vino. Semplice e lineare. Certo che quella banda nera che ormai tutti hanno adottato in terra di Barolo... si potrebbe anche tentare di sostituirla con qualche scelta innovativa.