Non Tutti i Vini sono Memorabili

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Memoria, Primitivo di Manduria, Consorzio Produttori.

Cosa può esserci di più memorabile di un vino che si chiama "Memoria"? Fa parte di quei nomi, non frequenti, di significato diretto, di interpretazione immediata, senza complicazioni, insomma. A livello conscio la memoria è positiva, ci fa ricordare cose belle. A livello inconscio però potrebbe portare ricordi meno fausti. Memoria è anche un termine utilizzato per ricordare le vittime dell'Olocausto. In pratica si tratta di una parola a doppio taglio, che si presta a diverse, intime o palesi, interpretazioni. Foneticamente è compatto, musicale, breve. Concettualmente è gentile, poetico, forse malinconico. Se il vino è di quelli che si fa ricordare anche "in bottiglia", l'effetto positivo potrebbe prendere maggiormente piede e quindi, tutto sommato, si tratta di un buon nome, che non vuole farsi dimenticare.

La Semplicità di un Aprile

design grafica storytelling marketing etichetteAprile, Rosato (Nero d'Avola), Fondo Antico.

Più volte abbiamo fatto riferimento alla semplicità come valore. Pochi elementi significativi e pregnanti possono essere la carta vincente di un packaging che vuole guardare e arrivare lontano. Abbiamo un esempio qui (la foto non è validissima, ma altro in rete non si trova) con questo "Aprile" della casa vinicola trapanese Fondo Antico. Una leggiadra rappresentazione della primavera, della roseità, della gaudente felicità indotta da fioriture e primi soli cha riscaldano l'anima. Un inno ad un mese dell'anno che rappresenta la svolta verso la bella stagione. Il nome è semplice, diretto, potrebbe sembrare banale, ma è costituito da quella banalità che è sincerità, schiettezza, serenità. "Aprile": che bel suono, che bella "apertura", che buon "bibere"! I nostri complimenti vanno anche a tutte le altre etichette di questa azienda (visionabili qui), trattate con eleganza, chiarezza, spirito gioioso, creatività. Lo testimoniano anche alcuni altri nomi dei vini di Fondo Antico: Grillo Parlante, Il Coro, Il Canto, Versi Rosso e Versi Bianco. Anche il logo aziendale merita una citazione per la sintesi comunicativa che esprime.

Eleganza e Brullità

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Monte Brullo, Sangiovese di Romagna, Costa Archi.

Gli esperti dicono che la vite per crescere "ricca" di sapore e sfumature organolettiche deve soffrire un po', per il terreno magro o per la siccità. Ed ecco che un nome apparentemente negativo come Monte Brullo, alla luce della viticoltura "colta", può diventare una nota positiva e distintiva. Ma c'è un "ma". Nel creare un nome non dobbiamo pensare solo a quel 10% di super esperti che sa tutto di coltivazione e soluzioni enologiche. C'è anche un restante 90% di persone che non sa e non ha nemmeno voglia di documentarsi "tecnicamente" sul vino. Per questo 90% di potenziali consumatori un "monte brullo" è un monte arido assonante con "brutto", se non si forniscono altri elementi di interpretazione. In questa etichetta, nel visual, vediamo tre cipressi (che a molti ricordano i cimiteri mentre in toscana fanno parte dello splendido paesaggio di quei luoghi). Qui però (la sede aziendale e i vigneti) siamo in Romagna. Dove il cipresso non si è molto distinto nella vegetazione locale. Insomma tra la brullità del nome e la scarsa coerenza del visual, questa etichetta, in generale da ritenersi elegante e rifinita, potrebbe ricevere solo una parte di quei favori che probabilmente l'azienda produttrice si attende.

Cultura e Agricoltura

design branding grafica illustrazione marketing comunicazineGraffiacane, Cabernet, Az. Agr. Le Crete.

Davvero originali ed efficaci i nomi di tre vini di questa azienda senese. Belle anche le etichette: cromatiche, distitive, "pulite", attenzionali. Graffiacane, così come Malacoda e Rubicante sono i diavoli di Dante Alighieri all'Inferno, canti XXI e XXII. Al di là della scelta colta e tutto sommato "regionale", emerge la volontà di attribuire ai vini dei nomi particolari e per questo memorabili. Quanto meno distintivi, in mezzo ad una massa di vini che si chiamano con i medesimi appellativi dei vitigni, piuttosto che con qualche nome di Santo oppure con qualche strana accezione dialettale incomprensibile. In questi nomi da Divina Commedia, si legge anche un velo di divertimento, di sollazzo tipicamente toscano, che l'italico (e internazionale) Dante ha voluto per altro imprimere nella sua grande opera. Divertente quindi il Graffiacane, evocante il Rubicante,
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grafica etichette comunicazione branding intrigante il Malacoda. Note di colore semantico su etichette di colore inciso e caratterizzante. Illustrazioni sorprendenti e "in concept". Un'operazione ben progettata e ottimamente eseguita.


Abbiamo fatto Quaranta, Facciamo 41

41, Nero d'Avola, Terre di Bruca.

Non si tratta di una annata particolare o di un filare o di un lievito particolare. 41 è un "nome" che nasce da un aneddoto: nel 2009 alla prima produzione di Nero d'Avola, il vino dell'azienda venne offerto a tavola con la dicitura "Quaranta" scritta a mano, in omaggio al compleanno di uno dei soci. Ecco perché "quasi per gioco", questa attuale produzione è diventata 40 + 1, cioè il vino "Quaranta" del 2009 con l'aggiunta di 1 anno di affinamento in botte alla quale viene sottoposto, da alcuni anni, il vino (sempre Nero d'Avola) di nuova concezione. Molto spesso i nomi dei vini "sgorgano" da episodi di vita reale o da modi di dire maturati all'interno delle aziende produttrici. Senza per altro un collegamento diretto con vitigno, vigne, luoghi o storia. Questo non significa che non possano essere, a lungo andare, degli ottimi nomi. Il problema dei nomi "numerici", come ampiamente spiegato in questo blog, sta nella memorabilità da parte del consumatore, che di fronte a un numero "come un altro" potrebbe fare confusione.

L'Acredine degli Acronimi

etichette marketing comunicazione immagine brandingLTU, Malbec, Larrain Lasmartres, Undurraga & Toso.

Come per molti studi legali che si chiamano MMPD oppure SS&T, nomi direttamente derivati dalle iniziali dei cognomi dei soci, ecco il vino che si chiama LTU. Sembra impossibile e invece LTU sta proprio per Larrain Lasmartres, Undurraga & Toso, i fondatori dell'azienda vinicola, estremizzando la sintesi delle loro iniziali in tre lettere. "Che vino hai bevuto ieri sera?" "Ma... non ricordo bene, LSN, LMS, LTZ, una cosa così". Immaginiamo un improbabile "passaparola" dei clienti, improbabile perché reso quasi impossibile da una nome/sigla del genere. Considerato che questo vino, uve Malbec coltivate in Argentina a 3000mt di altitudine, viene posto in commercio al "favorevole" costo di 300 Dollari, possiamo dire che in generale, non solo il nome, l'etichetta non gli rende merito né valore. E ora proviamo a immaginare il dialogo dei proprietari dell'azienda quando si trovarono a dover attribuire un nome a questo prestigioso vino: "Come lo chiamiamo?" "Ho un'idea! Con le iniziali dei nostri cognomi! LTU!" "Ok, fantastico!".

Nomi, Luoghi e Cognomi.

design storytelling etichette immagine comunicazione lebelsCampantuono, Falerno del Massico, Papa.

Questa etichetta dai tratti "moderni" che distingue il vino di una piccola cantina della provincia di Caserta, ci offre l'occasione per parlare un po' di... parole. Il primo contatto, l'impatto attenzionale, oltre che sull'aspetto cromatico, nero e oro, cade sui due nomi in evidenza: Campantuono in alto e Papa in basso. Per un attimo abbiamo pensato che Campantuono fosse un cognome e Papa il nome del vino, in omaggio a qualche antico onore Vaticano. Invece Papa è il cognome del produttore, Antonio Papa e Campantuono è il nome del vino. L'equivoco può essere generato dal fatto che di solito il cognome del produttore viene "isolato" in una banda cromatica al vertice o alla base dell'etichetta (solitamente in alto). Vero è che il  "di solito" nel design non dovrebbe nemmeno esistere, ma alcune consuetudini, quando adottate dalla maggioranza, posso cristallizzare delle percezioni da parte dei potenziali clienti. Si noti anche che a favor di equivoco il nome Papa, molto stilizzato, presenta due "P" che ricordano il Pastorale (o Vincastro), il "bastone" del Papa o dei Vescovi. Detto questo e scoperto quindi che Campantuono è il nome del vino, scopriamo e diciamo anche che questo nome deriva da "il Campo di Antonio" come viene definito in forma contratta e dialettale la sommità dove viene coltivata la vigna in questione. Anche se lungo e composito, Campantuono è un ottimo nome: c'è il campo, la natura, la terra e, più che Antonio, c'è il "tuono", promessa di fulgore, forza, esuberanza di questo vino.


Assonanze e Dissonanze

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Tavo, Pinot Grigio, iLauri.

Non sappiamo quale indizio abbia guidato il discernimento di questo noto produttore abruzzese nella scelta del nome, "Tavo" per il Pinot Grigio dell'azienda, ma come è giusto che sia fingiamo di essere meramente dei consumatori, dei potenziali clienti. Tavo assona con una nota specialità medica che cura problemi spesso di non semplice soluzione. Si tratta del noto Tavor, ossia del principo attivo Lorazepam. Così noto da entrare nel lessico quotidiano come "elemento campione" della categoria alla quale appartiene (un po' come l'Aspirina, per intenderci). Non c'entra nulla, dirà qualcuno. Invece può avere riflessi negativi sul prodotto, sulla sua comprensione e sull'adesione ad esso in forma di acquisto. Immaginate qualcuno che si presenta a casa di amici con il Tavo, il vino. Per evitare battute e problemi "etici", può essere che qualcuno rinunci. Sono sfumature. Ma come diceva Ludwig Mies van der Rohe "Dio (intendendo "la perfezione") è nei dettagli".

Innovazioni e Neologismi


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Mamamango, Moscato e Polpa di Mango, Arione.

etichette bottiglia comunicazione branding marketing storytrendingLasciamo per un attimo da parte la tipologia di prodotto, aberrante per gli intenditori di vino, e portiamo l'attenzione sul nome: Mamamango. Il mango c'è, verificata la presenza di questo frutto esotico nella composizione della bevanda in oggetto. L'altra componente è il Moscato. Ma il "ma" è d'obbligo, anzi è doppio: "MaMa". E per di più triplica congiungendosi con il "Ma" di Mango. Insomma una purea fonetica o se vogliamo vederla in modo positivo, un musicale susseguirsi di "Ma" in modalità bimbo che sta imparando a pronunciare Mamma. Forse era questo l'intento di chi ha creato questo nome: MaMa sta per Mamma. MammaMango. Insomma un vino aromatizzato, che nasce dal mix di Moscato e polpa di Mango, e che si chiama MaMaMango. E se il nome è un enigma l'etichetta è un vero e proprio rebus, dove la "M" di Moscato si somma (+) alla raffigurazione (non molto riuscita) di un frutto di Mango. Prodotto moderno, nome moderno, etichetta moderna. Non si spiega ma non fa una piega.

Nomi (non) Depositati e Plagio

brevetto deposito design etichette mktg storybrandingNotturno, Sangiovese, Drei Donà.

Può capitare che un nome sia "molto simile" ad un altro. Di solito questo fenomeno viene "limitato" a settori merceologici diversi. La legislazione italiana, entro determinati canoni, ammette anche l'identità, sia pure in ambiti completamente diversi. Capita anche di vedere nomi uguali nei medesimi settori, come nel vino, ad esempio. In questo caso dovrebbe scattare, in primo luogo, l'aberrazione da parte del produttore. O comunque la volontà di non "sovrapporsi" ad altri. Ci sono molti casi, con nomi uguali o simili, soprattutto quelli troppo generici nel loro significato, diretto o evocato; il nome "Notturno", che qui prendiamo come esempio, viene utilizzato per contraddistinguere vini diversi (ed è capitato anche per la stessa Doc!). E' un bel nome per un vino  (più adatto a un Passito, a nostro parere) e quindi viene ampiamente utilizzato. Logicamente è un errore. Le norme relative ai brevetti e alle "anteriorità" dei nomi si sono evolute con gli accordi per l'Unione Europea ed è sempre consigliabile effettuare dovuti e prudenti percorsi di verifica e acquisizione.

Tutto in un Momento

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Momento, Chenin Blanc, WO Bot River.

etichette design grafica storybranding storytelling storytrendingQuesta etichetta per un vino di una produttrice sudafricana è dotata di ottima sintesi grafica e anche di un significativo nome. Iniziamo proprio da questo: "Momento". Parola italiana, pur anche assonante con gli idiomi spagnoli, rappresenta in modo sintetico e poetico l'attimo fuggente o se vogliamo, più realisticamente, il momento in cui è opportuno vendemmiare: di fatto la decisione più importante per un viticoltore. Dietro a questo nome alberga non solo un fatto pratico e "manuale" ma anche una filosofia di vita e di pensiero che ha ampie manifestazioni in tutte le culture passate e presenti. Il visual, l'illustrazione, è molto improntato sulla vite: un ricciolo di tralcio termina la grafìa del nome stesso, mentre il disegno in prima evidenza rappresenta un tralcio che ingloba due volti, forse due figure umane complete, a ben guardare. Anche per la parte visiva, la poesia prende luogo e trasmette emozioni, ma sempre con semplicità: il design è sobrio e pregnante. La percezione generale porta a sensazioni culturalmente elevate (con il nome), ma concretamente legate alla terra e agli aspetti vegetativi della vite e della vita (con il visual). 

La Dinamica dei Nomi "Coniugali"

packaging grafica etichette labels marketing comunicazioneAmativo, Primitivo-Negramaro, Cantele.

Sembra che il nome in oggetto derivi direttamente da NegrAMAro e PrimiTIVO. Un neologismo concepito appositamente per richiamare il verbo "amore" e suoi derivati. Spesso la scorciatoia per creare nomi può essere quella di fondere degli elementi "reali" del vino, della sua storia o del suo territorio in parole nuove, cercando di essere evocativi. Il risultato non è sempre matematicamente significativo. A volte il "tenere il piede in due scarpe" non vale lo sforzo profuso. In questo caso il nome Amativo pecca di scarso romanticismo e di una fonetica non molto suadente. Si salva comunque grazie al suffisso "ama" che in generale porta percezioni favorevoli. Per quanto riguarda il design dell'etichetta cosa si può dire se non "essenziale"? Così essenziale e sobrio che appare non criticabile. Ma è come una donna che non avendo molto gusto dcide di vestirsi con un total-black-look, sicura di non poter incorrere in errori estetici. Diciamo che con un rigore del genere "vale tutto" e anche niente.

Contrasti a Tinte Deboli

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Flor de Vetus, Tinta de Toro, Vetus.

bottiglia labels etichette grafica storytelling brand vinoL'etichetta di questo vino spagnolo della zona vicino a Bilbao, può condurre ad alcune interessanti considerazioni dal punto di vista visivo e verbale. L'aspetto generale della grafica è gentile, etereo, "leggero", anche solare, se vogliamo. Forse poco incisivo se non per la macchia di colore (in questo caso inequivocabilmente bianco) che si può evidenziare sullo scaffale. Ma è giusto considerare anche che di etichette bianche ce ne sono a bizzeffe. I tratti che compongono il design dell'etichetta sono sottili, appena accennati, per questo poco attenzionali da lontano, ma interessanti visti da vicino, quindi solo nel momento in cui il possibile acquirente decide di "mettere mano" alla bottiglia. Abbiamo eleganza, senza dubbio. E anche un tocco di romanticismo. Veniamo ai contrasti: il nome dell'azienda è Vetus, che in latino significa "vecchio". Le etichette di questa azienda invece sono molto giovani, fresche. In particolare per il vino "Tinta de Toro" si evidenzia anche una curiosa (e volendo, interessante) dicotomia tra la parola "Toro" (in buona evidenza in etichetta ed esuberante nella sua semantica)  e la soavità di "Flor" e della conseguente raffigurazione. Pesi e misure dei quali tenere sempre conto nell'economia creativa di un packaging.

Senza Parole

immagine comunicazione etichette grafica marketingLa P.. ..Nera, Pinot Nero e Barbera, Olmo Antico.

Un produttore di vini della provincia di Pavia (Olmo Antico di Borgo Priolo) dimostra molto estro creativo con alcuni nomi della propria gamma di prodotti. Ad esempio chiamando "14 Ottobre" un vino a base croatina e giustificando tale scelta con il fatto che, solitamente, quella è la data in cui termina la vendemmia. Oppure azzardando un Rè Nano, per il Riesling (appunto, Renano): una "trovata" non propriamente nobilitante per il piccolo Rè e quindi per il vino rappresentato. Ma il picco di originalità viene certamente raggiunto con uno strabiliante "la P.. ..Nera", è proprio questo il nome del vino, come si può vedere sull'etichetta ufficiale, punti di sospensione compresi (due dopo la "P" e due prima di "Nera"). Investigando le ragioni di tanta stranezza, dal sito del produttore si evince che si tratta della felice unione (a livello enologico) tra Pinot Nero e Barbera (60/40), un connubio che risulta essere meno efficace per quanto riguarda la semantica, diciamo così la "dinamica" del nome: leggibilità, comprensibilità, memorabilità, etc. Sono esperimenti "denominativi" che forse dovrebbero rimanere tali e non uscire dall'intimità della cantina o da quella di una chicchierata in famiglia all'ora di cena. Per la cronaca la "P" in etichetta è nera (come colore), per cui il cerchio si chiude e il concept è salvo. In un certo (qual?) senso.

Beata Innocenza

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Giocheremo con i Fiori, Pecorino, Torre dei Beati.

Non è certo la prima etichetta realizzata da un "giovane illustratore", probabilmente "di famiglia". La tentazione, da parte dei produttori di vino, di creare etichette sulla base di disegni d'infanzia dei propri figli è grande e sempre presente nella panoramica, soprattutto italica. Di esempi se ne vedono molti in circolazione sugli scaffali delle enoteche. Ma qui preme fare una valutazione tecnica, di comunicazione. Questo tipo di etichette potrebbe certamente suscitare la simpatia di molte madri e padri con bimbi piccoli, ma si tratta di una nicchia sulla quale non si può fondare una comunicazione durevole ed efficace. Possono essere, forse, degli episodi, delle "special edition" di breve durata, ma anche in questo caso sarebbero discutibili. Sull'etichetta qui analizzata c'è poco da aggiungere oltre al mood "disegno d'infanzia" descritto prima. Vediamo quindi il nome, scritto con mano infantile anch'esso: "Giocheremo con i Fiori". In prima battuta potrebbe rientrare nella sezione dei nomi evocativi, che raccontano una storia, infatti è lungo, composito, di fatto è una frase piuttosto che un nome. La sua estrema "semplicità" fanciullesca però, pur in perfetta sintonia con il concept generale di questa specifica etichetta, risulta troppo infantile, poco credibile per un prodotto che vuole e deve presentarsi un modo adulto e qualificato.


Etichette che Portano Fortuna

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Sferracavallo, Orvieto Doc.

Una delle frazioni di Orvieto si chiama Sferracavallo. Sembra, per il fatto che anticamente la strada che conduceva a questo paesello era sassosa al punto da provocare la "sferratura" dei cavalli, cioè il distaccamento della ferratura degli zoccoli. Tutto il mondo sa che trovare un ferro di cavallo è segno di fortuna, per questo spesso chi lo trova lo conserva e lo esibisce. Anche il produttore di questo vino bianco, esibisce in etichetta un grande ferro di cavallo rosso. Abbiamo quindi un nome curioso, territoriale, certo difficile da pronunciare, soprattutto per gli stranieri, ma positivamente legato a un piccolo racconto che può incuriosire e anche colpire il lato scaramantico di molti. Notiamo anche che il nome "Sferracavallo" presenta una "c" rossa, cioà il medesimo ferro di cavallo leggermente ruotato sulla destra. Il risultato è un'etichetta di ottimo impatto, e un "racconto" di grande memorabilià. 

Numeri che Non Contano


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Quota 311, Verdicchio, 
Teatro del Vino.

Passi per il nome "Quota 311" che quanto meno nobilita una vigna che cresce sulla collina ad una altezza che viene ritenuta dagli esperti come ottimale per la vite. La passione per i numeri di questo produttore arriva a nominare il proprio Rosso Conero "Quota 59". Ma la matematica-semantica di questa azienda sfida le lotterie nazionali con un "43° Parallelo" e non soddisfatti anche con altri nomi come: 10 Sassi, Quota 201, 4 Porte, 4 Lune e 7 Note. Abbiamo già parlato dei mille (1000!) problemi che possono creare nomi che di fatto sono numeri. Non ci dilunghiamo oltre nello spiegare che in questi casi potrebbe venire a mancare una caratteristica essenziale come la memorabilità. In questa analisi specifica siamo di fronte a una gamma di vini tutti contraddistinti da numeri (e questo sarebbe positivo per far riconoscere l'appartenenza ad una serie) che sono quindi facilmente confondibili anche tra loro, non solo in mezzo ai prodotti della concorrenza. Negativo anche l'effetto grafico complessivo, con punte di particolare disappunto per l'etichetta del 43° Parallelo. Sul gusto si potrebbe anche non discutere, ma sui numeri (di vendita, di gradimento) certamente sì!