Chiarello di Cirella, Adduraca (Duròc).
Ci sono vini di un tempo (che a quel tempo sono rimasti) che quasi non avrebbero bisogno di etichette. Se non quelle antiche, che il marketing non lo hanno mai conosciuto e considerato. Come questa, che veste un passito molto particolare e raro, che viene dalla Calabria. Ma vediamone brevemente la storia (dal sito “il Calice di Ebe”): “Un vino dolce, profumatissimo e prezioso amato dalle corti rinascimentali e dal Papa Paolo III Farnese: ripercorriamo la storia e la fortuna dell’antico nettare di Cirella, il Chiarello. I Romani la chiamavano Cerillae ma la sua è una storia più antica: nata in epoca magno-greca, Cirella fu una colonia focese fondata tra il VII e il VI secolo a.C. Plinio il Vecchio la identificò come Portus Parthenius Phocensium, ovvero il Porto Partenio dei Focesi perché all’epoca l’abitato si estendeva sulla costa intorno al porto, luogo in cui oggi si trova grosso modo l’attuale Cirella. Di fronte si trova l’Isola di Cirella, una delle poche della Calabria assieme alla vicina Isola di Dino a Praia a Mare (Cs)”. E ancora qualche informazione sul vitigno che compone questo vino: “Viene descritto come un vino giallo dorato e profumatissimo, dolce e molto prezioso; si ricavava quasi sicuramente dalle uve di adduràca che in dialetto locale significa ‘profumata’. L’adduràca, in italiano duraca, è un vitigno autoctono assai antico sul quale sono stati effettuati recenti studi genetici per determinarne l’origine”. Nient’altro da aggiungere se non che questa etichetta sta bene così. Si porta dietro tutta la storia di questa piccola e preziosa eccellenza d’Italia.