Un Nome che Fa l'Eco (a Se Stesso)

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RosaMiooO, Rosato Lazio Igt, Tenuta Santa Lucia.

Forse è un miagolìo. Più probabilmente il tentativo di evitare la trappola della registrazione di un nome, che negli ultimi anni, grazie a internet, è diventato un problema intricato. In pratica, la scelta, molto particolare, di questa azienda vinicola del Lazio, è stata quella di aggiungere delle improbabili "ooo" a un nome tutto sommato normale. Una sorta di auto-affermazione, sia letterale (sorprende al primo sguardo), sia fonetica (pronunciando le tre "ooo" in forma estesa), sia formale (brevettabilità). Il risultato? Controverso. Nel senso che sicuramente va controcorrente, si fa notare, incuriosisce. Ma dal punto di vista concettuale risulta molto basico. Da notare, graficamente, che l'ultima "O" è maiuscola (così come l'iniziale "R" e la mediana "M"). Sempre per quanto riguarda la grafica, l'impaginazione, insomma il packaging in generale, la scrittura in verticale non aiuta la leggibilità ma per il resto gli elementi sono collocati in modo misurato e ben equilibrato. Lascia perplessi il nome, lo diciamo una volta di più, anche se il suo risultato l'ha ottenuto: ha attirato la nostra attenzione. E forse, è auspicabile per l'azienda, anche quella degli appassionati di vini rosati.

La Quadratura della Bottiglia

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Milledì, Franciacorta Brut Docg, Ferghettina.
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Questo è un caso molto interessante di commistione tra design e tecnicità. Ovvero il design NON fine a se stesso, come dovrebbe sempre essere. Un design funzionale oltre che concettuale. 5 anni fa, dopo altrettanti anni di studio e progettazione, Ferghettina introduce sul mercato una bottiglia quadrata molto bella. Stesso contenuto di quella classica, tondeggiante. Bella davvero, bella da vedere, da godere, da regalare, da mettere sulla tavola. Ma veniamo al punto: questa bottiglia è stata progettata per donare al vino, durante la fase di stasi, a bottiglia sdraiata, un maggiore sviluppo organolettico, in quando la superficie dei lieviti a contatto con il vino risulta maggiore se distribuiti su un lato piatto, rispetto ad un lato tondo (dove si accumulano e non si espandono). Non è stato semplice, spiegano alla Ferghettina: la bottiglia quadrata è stata progettata (e riprogettata più volte prima di arrivare a quella giusta) per reggere la pressione interna dello spumante (che una bottiglia rotonda regge meglio) e quindi con uno spessore e una forma, soprattutto negli angoli, adatti all'impresa. Vetro chiaro, trasparente, grande eleganza. Un bel progetto, una bella idea. Distintiva e funzionale. Anche il nome di questo vino è distintivo e funzionale: "Milledì". Breve, evocativo, rotondo (lui sì), valoriale, memorabile. Il risultato, nel suo complesso... è un ottimo risultato!

Doppi Sensi in Favore del Gusto

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La Dò minga, Sangue di Giuda, Possessione Sparano Capelli.

C'era una volta il vino della Domenica. E concettualmente c'è ancora, soprattutto in questi anni in cui il consumo del vino pro capite sta calando, privilegiando la qualità alla quantità. Questo vino che ha già una denominazione originale, è ufficiosamente un "Sangue di Giuda" ottenuto da Barbera e Croatina, ci colpisce per il suo nome: "La Dò minga". La Domenica, insomma. Un invito a celebrarlo come vino della festa. Ma sotto sotto c'è di più, perché "la dò minga" in forma gergale può significare anche un'altra cosa. Ed ecco la spiegazione del produttore: si tratta di un vino leggero (cioè corposo, ma a bassa gradazione: 9.5%) frizzantino e amabile (quasi dolce, insomma) che piace molto alle donne, ed essendo veramente molto genuino (basse produzioni, azienda famigliare) non dà alla testa anche bevendone qualche bicchiere in più. Non dà alla testa sia nel senso del temuto mal di testa (tipico dei vini con molti solfiti), sià nel senso che non fa perdere la testa, insomma non fa perdere il controllo. Ecco perché piace ed è consigliato soprattutto alle donne che in questo caso non avranno alcun timore di perdere consapevolezza, felici di rimanere padrone delle loro gesta. Un gioco di parole scherzoso, una doppia valenza che incuriosisce, strappa un sorriso, si fa ricordare. Bello il marchio e la dicitura "Possessione Sparano Capelli" con la stilizzazione del casale storico sede dell'azienda dal 1857.

Un Nome Regionale o Presidenziale?

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Casabianca, Montepulciano d'Abruzzo, San Lorenzo.

Questa etichetta di un produttore teramano offre qualche spunto di riflessione. A partire proprio dal nome del vino che, alla prima impressione, potrebbe sembrare banale. Di case, casali, fattorie bianche, in Italia ce ne sono a profusione. A partire dallo storico, indimenticabile, Mulino Bianco nazionale. Il bianco come candore, sincerità, fiducia, genuinità. Oltre che igiene e pulizia. Ma non si può ignorare anche una famosa Casa Bianca negli Stati Uniti. "White House" in inglese, logico, ma conosciuta da noi
con la verbalizzazione in italiano. La menzione "Casa Bianca",
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in quanto residenza del Presidente, è passata addirittura a significare qualcosa di importante a prescindere. Sicuramente in questo caso il vino è stato nominato così in omaggio a qualche residenza storica della famiglia produttrice, e forse facendo l'occhiolino a quella molto più famosa. Fatto sta che questo riferimento, anche se non voluto, genera attenzione e memorabilità. In pratica, agganciandosi a qualcosa di molto famoso si carpisce una porzione della sua aura di notorietà. Da considerare, a nostro parere positivamente, che "Casabianca" è scritto tutto attaccato: fluisce meglio. Per il resto, l'etichetta è molto semplice, bianca come il nome del vino, con un originale taglio a sinistra (che sulla bottiglia risulta come spazio vuoto, a vetro, ottenuto fustellando l'etichetta) che forse richiama il getto di luce delle stelle cadenti, alle quali si riferiscono il logo e il nome aziendale.

Nome "Easy-Going" per un Lambrusco Cromato

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Otellon'ice (ON'I), Lambrusco, Ceci.

Fa una certa impressione la particolarissima bottiglia di questo Lambrusco (Emilia Igt). Ci si specchia dentro. Ma non è solo questo, logicamente. La forma, il materiale, il design dell'etichetta... e poi il nome: "ON'I" che sta per "Otellon'ice" che infatti viene esplicitato lì sotto. Le intenzioni semantiche e di comunicazione sono chiare. Il produttore infatti, nel sito web specifica: "Ottimo come aperitivo, servito col ghiaccio nella coppa, come compagno nelle lunghe serate estive per trascorrere momenti allegri e spensierati". Il Lambrusco col ghiaccio. Fa rabbrividire gli appassionati di vino e forse anche quei simpatici vecchietti che ancora oggi bevono lambrusco in tazza sotto i portici di Busseto. Ma probabilmente vende bene nei bar alla moda della riviera romagnola, chissà. Torniamo al nome del vino, "ON'I", l'iniziale di Otello (nome di una delle linee Ceci) che è anche "on" in inglese, unito da un apostrofo con l'iniziale della parola inglese "Ice". Certo breve, probabilmente memorabile, giovane e moderno (definizione sfuggente, come lo è "vino naturale"). Forse adatto a un pubblico dal consumo "easy", giusto per anglofonizzare un po'. L'impressione generale però è quella di essere di fronte a una "bevanda" e non al nettare degli Dèi.

Scenografie e Serigrafie da Bottiglia

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Perles de Planères, Tourbat de Roussillon Brut, Chateau Planères.

grafica illustrazione comunicazione Ci sono etichette semplici al limite dell'inconsistenza comunicativa ed etichette che sembrano scenografie. Certo si può "raccontare una storia" anche con semplicità, ma se si mettono sul piatto (cioè sull'etichetta) elementi di una certa pregnanza il risultato può risultare alla fine migliore. Quella che mostriamo in questo articolo è un'etichetta di un vino francese, della regione del Roussillon, che si propone all'attenzione del pubblico con delle soluzioni grafiche e tecniche articolate e coreografiche. Si tratta di spumante Metodo Classico che effettivamente si espone con uno stile molto classico, art-decò se vogliamo, con i profili di una donna e di un uomo "ricavati" dalla forma di un tralcio (o viceversa). Del tralcio si percepiscono solo i contorni, la sua forma  è "riempita" con l'illustrazione iper-realistica (o la foto) di un calice che emana bollicine (le perle che il nome del vino, "Perles", richiama). Grappoli e cornice dorata, in inchiostro speciale e in rilievo completano "l'opera". Un design originale, complesso, ma equilbrato nelle forme e nella cromìa. Diciamo pure elegante, intrigante, coinvolgente, a suo modo emozionante. Quello che un'etichetta dovrebbe sempre comunicare.

Sbagliare l'Accento in un Nome (Grave è Grave)

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Perchè No?!, Primitivo, Cantine San Giorgio.

packaging grafica comunicazioneIl vitigno che in Puglia si chiama Primitivo, in America è noto soprattutto come Zinfandel. Si tratta proprio della medesima uva. In Italia viene chiamato col suo nome originale (in lingua italiana). Le Cantine San Giorgio oltre a proporre un insolito nome del vino (insolito e scorretto, vedremo poi il perché) decidono di scrivere, sotto, nelle diciture di legge, "Zinfandel" invece di Primitivo. Scelta corretta dal punto di vista legale, evidentemente, e destinata ad attirare l'attenzione dal punto di vista della comunicazione. Una stranezza che, appunto, potrebbe generare attenzione nel pubblico dei possibili acquirenti, così come ha attirato la nostra. Curiosamente, in rete, si trova anche una versione di questa etichetta che invece del nome in italiano "Perchè No?!" riporta il medesimo significato in inglese: "WhyNot?!". E passiamo al nome vero e proprio (quello in italiano, visto che quello in inglese immaginiamo possa essere destinato all'export). In primo luogo, per essere precisi, l'accento sul "Perchè" è sbagliato. Infatti, osservando bene l'etichetta che riportiamo qui in alto a sinistra (scaricabile attualmente, alla data di questo post, dal sito del produttore) leggiamo la parola "Perchè" con l'accento rivolto verso sinistra, mentre quello giusto è quello che "svirgola" verso destra. Una questione di gravità, visto che la grammatica parla di accento grave (quello erroneamente usato) e accento acuto (quello corretto). Riportiamo la sintesi della regola dal sito di Treccani. E quindi, commentando sempre il nome in questione e rispondendo alla domanda "Perchè No?!": perché non è stata prestata attenzione al nome, all'etichetta, e quindi si presume che anche il prodotto non abbia ricevuto grande attenzione nel corso del processo di produzione.

Sintesi Grafica e Semantica: Questione di Gusto?

packaging grafica comunicazione Orobrut, Spumante Metodo Tradizionale, Cantina di Nizza.

branding grafica design comunicazioneSicuramente quando ai "designer" che si sono occupati delle etichette della Cantina di Nizza è venuto in mente di raddoppiare il nome dei vini nel packaging, l'intenzione era quella di amplificare la comunicazione. E invece, molto probabilmente, l'hanno peggiorata. Rendendo meno leggibile il nome stesso. Creando confusione invece che chiarezza. Ma non è solo questo il problema di queste etichette, a nostro modesto e professionale parere. Vediamo il logo aziendale, ad esempio. Il nome "Cantina di Nizza" è stato rastremato, diciamo pure infeltrito, in una sigla: "CdN". Il risultato finale sono quelle tre lettere "sparse" (in verticale, tra l'altro, che non è una buona idea in generale) tra le quali emergono la C e la N, quasi a simboleggiare la sigla di Cuneo nelle targhe automobilistiche (mentre Nizza, il paese dove ha sede l'azienda è in provincia di Asti, sempre Piemonte, comunque). Non  sembra particolarmente azzeccato nemmeno il design della linea rinnovata (qui in alto a sinistra) dove forme sinuose faticano a dare piacere agli occhi (in particolare, il nome dello spumante "Orobrut" non sembra un buon parto semantico, nome che risulta scritto una terza volta in alto a destra nell'etichetta, per chi non l'avesse capito). E infine una velata critica anche per il nome dello spumante "Sammichele" (qui in alto a destra), dove il Santo, oltre a risultare non facilmente leggibile, è stato inglobato in due "emme" molto morbide foneticamente ma discutibili per percezione e memorabilità.

Etichette e Vini che Fanno Girare la Testa

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Kapogiro, Rosato da Sangiovese, Merlot e Sirah, Fattoria Carmignani.

Dobbiamo a una preparatissima degustatrice la scoperta di questa etichetta particolare (anche il vino lo è): Monica Bianciardi, sommelier e grande esperta dei nettari di Toscana (e di Champagne e di molti altri vini). Non c'è dubbio: il packaging di questo rosato attira l'attenzione, se non altro per la figura di donna dai rossi capelli che è protagonista sulla bottiglia. Di fianco alla figura femminile una frase: "Dedicato a Lucrezia" (la figlia del titolare). Il nome è anch'esso particolare: "Kapogiro". Proprio con la "K" iniziale, non sappiamo se per doveri di registrazione o per un vezzo rafforzativo. La definizione di capogiro, secondo Treccani è questa: "Giramento di capo, disturbo costituito da vertigini o da semplice senso di stordimento: far venire il capogiro; dare il capogiro, provocarlo; anche in senso fig., in espressioni come prezzi da capogiro, sbalorditivi". Possiamo ipotizzare che il capogiro sia dato dall'ebbrezza generata dal vino, oppure dalla bellezza della donna ritratta in etichetta, oppure che capogiro sia un riferimento a una particolare potatura della vite. Fatto sta che, sia pure a fronte di un design piuttosto arcaico, dagli stilemi vetusti, il nome e l'etichetta nel suo complesso attirano l'attenzione. E questo è già molto, per un vino, in attesa che possa esprimere il meglio di sé dentro al calice.

Le Bolle Luminose di uno Champagnista Illuminato

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C'est Joli!, Champagne Extra Brut, 
Bulles de Comptoir (Charles Dufour).

naming packaging comunicazioneNon c'è ché dire (anzi, ce ne sarebbe da dire!): questo produttore di Champagne propone delle etichette davvero fuori dal comune. Ma di quella tipologia di "fuori dal comune" interessante, intrigante, intelligente. Qui ve ne mostriamo due particolarmente significative (Charles Dufour, il nome del produttore, si diverte molto: per vederne altre vi rimandiamo al suo account di Instagram, qui). Innanzitutto parliamo di "c'est joli!" (etichetta qui in alto a sinistra), un Extra Brut dall'assemblaggio classico. La sintesi è una dote. Forse si può col tempo imparare. Ma bisogna saperla "fare". Qui siamo di fronte a un estremo esercizio di sintesi: sul fronte-etichetta troviamo unicamente dei "puntini" a simboleggiare le bollicine dello Champagne. Nient'altro. Il nome del vino è sul retro con tutte le altre informazioni. Sul fronte solo puntini neri su carta bianca. Coraggioso e al tempo stesso creativo, nel suo minimalismo. Perché, certo, si può essere creativi anche nel minimalismo. Sulla destra riportiamo anche un'altra etichetta di Charles Dufour (il vino si chiama "Nouveau Souffle"), più artistica, ugualmente "bollicinosa", accattivante, elegante e al tempo stesso un po' ironica. Insomma, da tenere d'occhio questa piccola Maison, per i prodotti (si dice ottimi Champagne) e per l'ironica e scanzonata gestione del packaging.

Sfumature Amorose per Cuori (Non) Virtuosi

Per Sempre Amanti, Cerasuolo d'Abruzzo, Cantina di Ortona.

Ancora un vino rosato dedicato all'amore. Alla relazione tra uomo e donna (o tra uomo e uomo o tra donna e donna, altrimenti andiamo incontro a qualche critica), alla coppia che cena al ristorante mano nella mano e così via. Lo sdoganamento del rosé sta comunque facendo passi in avanti, anche se molte etichette si appoggiano ancora a concetti romanticosi. Il nome del vino è proprio "per sempre amanti", un buon auspicio (o no?), una promessa, una favola, un sogno. Anche se "amanti", a ben vedere, nel linguaggio comune, non riguarda propriamente moglie e marito o i partner di una coppia fissa, bensì i protagonisti di storie d'amore fuggitive e spesso segrete. Forse volevano dire che anche moglie e marito possono essere "per sempre amanti"? E che questa, probabilmente, è la formula giusta per i rapporti duraturi? Chissà. Comunque c'entra l'amore e infatti al centro dell'etichetta (in alto) troviamo lo stilema di un cuore, forse due sagome umane, due profili, un viso, due occhi, una forma... la provocazione potrebbe essere quella di simulare la famosa "macchia di Rorschach" che gli psicologi utilizzano per vedere... cosa ci vede il paziente. Ognuno potrà quindi avere un riferimento secondo il proprio background più o meno romantico. In questo senso sarebbe una ottima trovata di "marketing del packaging". Ma a noi interessa far notare l'originalità del nome e una certa eleganza degli elementi in etichetta. Il colore del vino, poi, è strepitoso!

Rock'nd'Roll alla Veneta

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Garg'n'Go, Garganega Frizzante, la Biancara.

grafica branding comunicazioneL'azienda che produce questo vino fa capo a un nome noto della vinificazione naturale, un mito tra i conoscitori: Angiolino Maule. L'etichetta che proponiamo si colloca, nella gamma dei prodotti aziendali, in una posizione commerciale che, a giudicare dal nome, si rivolge a un pubblico giovane e "spigliato". Un naming che però lascia perplessi dal punto di vista, diciamo così, lessicale. Si tratta infatti di una contrazione anglofona di "Garganega", il nome del vitigno di cui si compone questo vino (un frizzantino rifermentato in bottiglia). Garganega quindi diventa, per derivazione esterofila, "Garg'n'Go". Nell'immagine al centro dell'etichetta ci sembra di scorgere la manopola di una cassaforte e sopra a questa illustrazione una scritta: "Bubbles amplify the perception of life". A dir poco estrose, le scelte creative per questo packaging. Eclettiche, azzardate, coraggiose, in un certo senso. La volontà di rendere il prodotto attraente per un pubblico giovane ha portato a scelte che probabilmente vanno oltre una certa "misura". Insomma non riusciamo a comprendere bene né la manopola graduata, né il nome americanizzato e neppure la scritta aggiuntiva che anche se tradotta non porta a un senso veramente compiuto: "Le bollicine amplificano la percezione della vita". Sarebbe bastato amplificare la percezione del vino proposto, certo con un linguaggio più attinente e meno "modernista".

Nome Malino, Concept Benino.

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Pinot Grigio, Vigne del Malina.

grafica branding comunicazioneQuesta azienda vitivinicola, operante nei pressi di Cividale del Friuli, vanta un'estensione di 150 ettari. Solo in parte vitati. I vini prodotti non sono molti: 3 bianchi, 4 rossi e 3 "macerati". Le etichette sono praticamente tutte uguali, salvo il fatto che per i bianchi la macchia di colore al centro è gialla e per i rossi è rossiccia. La particolarità, diciamo così, delle etichette viene spiegata direttamente sul fronte dove si legge: "Sulle nostre terre, due torrenti hanno disegnato una forma di calice. Abbiamo raccolto la sfida". Bella affermazione. Intrigante. In etichetta vediamo due tracciati neri che in effetti formano la sagoma di un calice. Il nome dell'azienda proviene dal nome di uno dei due fiumi in questione, il Malina. da qui "Vigne del Malina". Non suona bene: Malina richiama "male" e "malessere", forse sarebbe stata idea migliore adottare il nome dell'altro fiume "a disposizione" e cioè "Ellero". Ma vai a sapere quali sono state le dinamiche di scelta. Fatto sta che "Malina" va malino. A parte questo, diciamo che l'idea di legare la grafica dell'etichetta e, in sostanza, il logo aziendale a una conformazione del territorio non è malvagia: c'è un "ancoraggio" concettuale che può fare da guida per le comunicazione aziendale in generale.