Contaminazioni Enolinguistiche

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Modén Blanc, Pignoletto Brut, Cleto Chiarli.

Le contaminazioni sono il "sale" delle gastronomie regionali. E anche per il vino, ben vengano le invasioni: come quelle con le quali gli Antichi Romani hanno sparso vitigni in tutta Europa. Ma la contaminazione che vogliamo sottolineare in questo caso riguarda le parole. Innazitutto il vitigno: viene chiamato Pignoletto ma tecnicamente si tratta di un "Grechetto Gentile". Quindi il nome del vino: "Modén Blanc", un po' emiliano a un po' francese, sembrerebbe. La tipologia di vino infatti è "brut", bollicine che richiamano le spumantizzazioni francesi. La forma della bottiglia e il tappo riportano a quella categoria. Il produttore, tra i leader emiliani del Lambrusco, attiene molto alla città di Modena e alle sue tradizioni. Ed ecco il riferimento al luogo, come in altre etichette della produzione di casa, su tutte il noto Lambrusco di Sorbara "Vecchia Modena". Forse con "Modén Blanc" si voleva alludere a "Modern Blanc"? Un bianco moderno? In questo caso entra in ballo anche la lingua inglese. Troppo complicato. Ci limitiamo quindi a cogliere il significato di un "Bianco Modenese" in stile francese. Discutibile ma vero. Con buona pace dei linguisti e buon sollazzo, si spera, dei palatali.
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Eppure è un Vino

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branding concept packaging comunicazioneBocciolo, Garganega Frizzante, Menti.

Il design ordinato e lineare a volte fa il proprio gioco con eccellenza. Ma non bisogna esagerare. Quando un'etichetta di un vino (questa) somiglia di più a una confezione di un medicinale, forse c'è qualcosa che non torna. Rischiano di non tornare i conti commerciali, perché la concorrenza si fa anche con l'immagine. I colpevoli, diciamo così, sono: un carattere di scrittura "farmaceutico", un colore "terapeutico", una impaginazione "sterile" e infine mettiamoci anche un marchio aziendale in stile "medicale". Ed il gioco è fatto. Il risultato è tutto da vedere. A qualcuno magari l'estrema asetticità dell'elaborato piacerà. Degustibus. A noi il design di questa etichetta sembra molto, forse troppo. anestetizzato. Eppure il nome è romantico ed evocativo: "Bocciolo". Ma ne esce davvero malconcio con tutto quel piattume che si trova intorno. Auspicando una prossima revisione degli elementi di comunicazione da parte dell'azienda, speriamo che chi alzerà i calici con questa garganega frizzante abbia il buon cuore di farlo comunque inneggiando, come è d'uopo, "alla salute".

Spumanti per Amabili Amanti

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Zoom, Chardonnay "pet-nat", 
PopTop Productions.

Alla modica cifra di 28 dollari potreste aggiundicarvi questa particolare etichetta (e il vino che rappresenta) per le Feste di Natale. Particolarmente indicata a Capodanno per il suo carattere "hard-pop" certamente simpatico. Ma andiamo con ordine. Il vino è uno spumante prodotto in California con il "metodo ancestrale" che prevede di far continuare il processo fermentativo direttamente in bottiglia. Un metodo nato prima del Metodo Classico che oggi contraddistingue gli Champagne. Il produttore lo chiama "petillant-naturale" e lo sintetizza con "PET-NAT". Si tratta in questo caso di uno "sparkling" a base Chardonnay. Come si chiama il vino? Si direbbe "Zoom". Ma in etichetta si legge anche "Pop (PT) Top". Poco importa, le due espressioni sono onomatopeiche, cioè esprimono foneticamente quello che vogliono dire e soprattutto quello che l'immagine ci veicola: un gioioso stappo da parte di una sgargiante e disinibita fanciulla. Stile anni '50, in parte, o se vogliamo, stile fumettistico anni '80. Certo è che l'etichetta si fa notare, per quanto è insolita nel settore in cui si colloca il vino in questione e per le scelte cromatiche di un certo impulso, intraprese dai creativi. La sua bella figura la fa: a ognuno di noi decidere se in un senso o in un altro.

Una Rana Arrogante ma Simpatica

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Ribet Red, Cabernet e Merlot, Arrogant Frog.

L'avranno vista tutti la rana arrogante nelle enoteche e anche al supermercato (alcuni items sono venduti nella Gdo italiana). Operazione di packaging simpatica e di impatto. Una serie di pose fumettose della "Arrogant Frog", sui vari vini della casa con operazioni tattiche per edizioni speciali, tipo il vino del Tour de France (Tour de Frog, per la precisione) o per eventi calcistici e altro. La simpatica rana francese che fa del suo aspetto altezzoso e, appunto, un po' arrogante, un'icona, in sostanza si prende in giro. Gioca con un retaggio consolidato che "dipinge" l'intenditore di vini (per di più francese) come un personaggio scostante e "sulle sue". La rana arrogante invece gioca con questo sentimento e si presenta in modo accattivante. Rompendo così anche le regole del design tradizionale e compìto, ancora in largo uso in Francia, con una grafica che attira l'attenzione anche con colori forti e di effetto. Un'operazione studiata a tavolino e portata avanti con intelligenza e costanza. Il risultati (di vendita) si vedono nell'immediato ma si costruiscono anche lavorando sul futuro.

Oro Rosso: l'Oro Nero delle Pianure Mantovane

grafica comunicazione marketingOro Rosso, Lambrusco Mantovano, 
Cantina Colli Morenici.

Di vini che si chiamano "Oro Rosso" ne abbiamo trovati diversi. Dalla Sicilia al Trentino (basta digitare "oro rosso vino" su Google Immagini). Evidentemente è un nome che si presta bene per definire la preziosità di un vino rosso. Non è male in effetti, anche per quella sua fonetica "arrotata" dalle "R" e "smussata" dalle "S". Quasi uno scioglilingua, ma con un suo significato chiaro e valorizzante. E anche breve, sia pure composto, che male non fa, anzi. Insomma un buon nome, se non fosse che è molto frequentato. Problemi anche di registrazione (brevetto), evidentemente. Ma passiamo all'etichetta di questo Lambrusco Mantovano della Cantina Colli Morenici. Grafica molto "spinta" verso codici di comunicazione moderni, aggressivi, iconoclasti. In sostanza l'etichetta si risolve in una grande "O", tipo salvagente, rossa e metallizzata, che domina la scena con la sua centralità quasi ingombrante. Gli "ingombri" infatti (come vengono definiti gli spazi nel gergo dell'art-direction) vengono davvero riempiti tutti. Non male. Si afferma. Ha presenza. E anche una certa originalità sia pure con linee pulite, semplici, dirette. Un Lambrusco che si rivolge alle nuove generazioni, quindi, e che "toglie la polvere" dalla concezione arcaica e tradizionale di questo vino. Sempre che il mercato lo accolga sulla propria tavola e lo accetti come buon compagno di libagioni, naturalmente.

Uno Spumante Salentino che Parla "Speakeasy"

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Brindeasy, Negroamaro Spumante (Charmat), Botrugno.

Il produttore di questo vino spumante, che come dominio internet ha "vinisalento.it", ha sede a Brindisi, nel tacco d'Italia. E proprio con Brindisi iniziano i ganci semantici che riguardano il nome, almeno così crediamo. Dunque il vino si chiama "Brindeasy" che non sarebbe nemmeno male come crasi tra un termine italiano e uno inglese. "Brindare facilmente" e felicemente, aggiungiamo, è il neologismo che ne viene fuori. Se poi aggiungiamo che la pronuncia è identica a quella della città pugliese in questione, abbiamo fatto bingo. Un nome creativo, che attira l'attenzione e che è anche in grado di ritagliarsi una sua memorabilità. Peccato che viene sprecato a causa di una comunicazione quasi inesistente (abbiamo fatto fatica a trovare una immagine pubblicabile), al format grafico un sito, diciamo così, primigenio (e non in riferimento alla seconda parte di questa parola) e infine, ma assolutamente determinante, a causa di una etichetta che non fa onore né al nome e neppure alla categoria. Il design infatti presenta un triangolo con l'apice in basso, incorniciato in argento, che raffigura, crediamo, un tramonto infuocato, e che, sotto al nome aggiunge testualmente "Brut by Botrugno". Si tratta di un caso da "case history": nome azzeccato, giusto per il target, un po' fuori dagli schemi, certo non elegante ma spiritoso, collocato in una "cornice" di comunicazione decisamente migliorabile. Forse l'azienda ci sta lavorando. Lo auspichiamo.

Luna Piena o Luna Rossa? Luna Storta!

winelabels comunicazione marketing graficaLuna Storta, Passito, Montelvini.

Questo vino, che viene definito dal produttore "da conversazione", si chiama "Luna Storta". Certo che la luna ne ha viste di tutti i colori. La famosa Luna Rossa compresa nel computo. Insomma viene tirata in ballo spesso e volentieri per quanto riguarda i nomi dei vini, come del resto il sole. Sarà che i due astri, uno rilucente di luce propria, l'altro riflessivo di luce riflessa, sono sempre ben presenti nella vita di tutti i giorni, anche di notte, dipendentemente dalle zone del globo in cui ci si trova, logico. In questo caso viene adottato un modo di dire molto popolare: "avere la luna storta" cioè essere di cattivo umore. Si dice che l'eventualità si verifica più spesso proprio quando la luna è piena e quindi al massimo di influenza magnetica sugli abitanti terrestri. Non è una accezione positiva "Luna Storta", proprio perché, in generale, giusto per portare un esempio, nessuno vorrebbe avere come compagni di serata qualcuno che è di cattivo umore. Eppure il vino viene definito "da conversazione". Forse si intente una conversazione solitaria, tra sé e sé, così in caso di luna storta nessuno ne subisce le conseguenze. Più probabilmente il nome fa riferimento alle fasi della luna, per la raccolta, l'appassimento o la fermentazione, anch'esse influenzate dall'astro argentato. L'etichetta graficamente è molto classica: non lascia adito a interpretazioni estrose. Ordinata, inquadrata, elegantina, con una mezza luna al centro. Vino da astronauti.

Ebbrezza Asinina con Obiettivi Ecologici

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Ciuchinoi, Grignolino, Carussin.

Cosa sappiamo di questo vino? Che è un grignolino della cantina Carussin e che è al centro di un progetto eco-sostenibile che prevede il gemellaggio tra la foresta di Otonga (Ecuador) e il bosco di "Ciuchinoi", presso Roccaverano, nell'alta Langa piemontese. L'obiettivo è la salvaguardia dei due boschi menzionati e altri progetti a venire. Questa la cronaca schietta. Ma veniamo all'etichetta. Quello che si vede è un asinello rosso, disegnato con tratti infantili, tipo disegni dei bambini delle elementari e un nome, davvero particolare: "Ciuchinoi". Sulla "o" di questo nome si ergono due orecchie d'asino e l'accento sembrerebbe cadere sulla "i" finale. Abbiamo quindi almeno tre livelli di comunicazione: il nome del bosco presso Roccaverano (Ciuchinoi, per quanto bizzarro possa sembrare, così dicono le notizie), l'accenno a una definizione semi-dialettale di "asino", cioè "ciuchino" e infine, la semantica più divertente, l'ammiccamento ad un'altra forma dialettale, cioè "ciuchi noi" che come tutti sanno, soprattutto al nord, significa "ubriachi noi". Trattandosi di un vino non si può evitare di cogliere il nesso. Certo si tratta di una etichetta che si fa notare, grazie anche al già citato colore rosso dell'asinello protagonista. E per il nome così sibillino. Probabilmente l'operazione è tattica e limitata nel tempo. Di fatto l'etichetta entra nel novero di quelle più strane tra quelle censite in questo blog. 

Setosità e Sinuosità Femminili in un Vino Rosso

Fili di Seta, Sangiovese e Cabernet, Sassetti-Pertimali.

La Famiglia Sassetti (Podere Pertimali) gestisce un'azienda vinicola nei pressi di Montalcino. È chiaro che, in quella zona, il Sangiovese la fa da padrone. Per questo vino, chiamato "Fili di Seta", al Sangiovese si aggiunge un 40% di Cabernet, vitigno abbastanza austero per natura. Un nome così richiama, diciamo pure annuncia, un vino che in bocca dovrebbe proprio avere quell'effetto vellutato che molti estimatori bramano. Seta non come assetato (anche, giocando con le parole) bensì come setoso. Nome femminile "Fili di Seta", dove la materia tessile naturale di cui si tratta, ricorda pregiate stoffe, calde sciarpe, eleganti movenze. E qui sta l'eterna e mai risolta questione del vino donna e del vino uomo. Che sembrerebbe poter essere il bianco per la donna e il rosso per l'uomo, salvo scoprire che a maggioranza le donne amano il rosso (anche come colore per l'abbigliamento, tra l'altro). Un vino rosso, questo, che nonostante sia costituito da due vitigni non propriamente morbidi, promette suadenze da mille e una notte. Probabile che i 12 mesi di affinamento in botte facciano il loro effetto per tornire le spigolosità dei tannini. Etichetta elegante, fondo nero, sobria e con pochi e distinti elementi, in linea con il nome del vino. Rimane un unico dubbio: quel filo di seta a forma di "V" proprio sopra al nome. E siccome il cognome del produttore inizia per "S" e la località (Pertimali) per "P", una "V" non ha ragion d'essere. Probabilmente nelle intenzioni del designer si tratta proprio di un filo bianco volante, a descrivere un vezzoso (e ventoso?) arzigogolo. Ci scusiamo per la scarsa qualità dell'immagine dell'etichetta qui riportata ma al momento non siamo riusciti a trovare di meglio in rete. Rigraziamo la nostra attivissima e perspicace "cacciatrice di etichette" Claudia Parisi (su Instagram la trovate cercando claudia_parisi1) per averci segnalato, come altre volte, questo elaborato.