Oltre la Muraglia della Comunicazione

grafica illustrazione comunicazione
Kraema, Carema (Nebbiolo), Muraje.

Semplice ma particolare questa etichetta piemontese (proprio al limitare della Valle d'Aosta): tre elementi in rosso e nero su fondo bianco, il nome del produttore in alto, il nome del vino alla base e in mezzo un disegno eloquente. È questa illustrazione, infatti, che parla: racconta di una modalità di coltivazione dell'uva che solo nella zona di Carema è ancora in auge. Lo è stata sempre lì e mai altrove. Infatti la vigna, su quelle coste scoscese di montagna, viene sorretta da colonnati di pietra, a formare una specie di pergolato. Molto caratteristico e paesaggistico, tra l'altro. Ed è molto bello il disegno che in questa etichetta rappresenta tale tradizione. Bel tratto, bella prospettiva. Incuriosisce anche il nome dell'azienda, Muraje, a proposito del quale il produttore scrive: "I Muraje in dialetto Caremese sono i muri, inclusi i maestosi muri a secco che incorniciano i terrazzamenti vitati dell'anfiteatro di Carema, autentici guardiani e testimoni di un lavoro secolare incredibile...". Mentre per il nome del vino è facile l'interpretazione, essendo "Kraema" una specie di onomatopeica versione di "Carema", attuale nome in uso per i vini di quella località. Insomma, una bella etichetta di due giovani produttori che iniziano adesso il loro percorso. E con l'immagine iniziano bene (e anche del vino si parla già molto positivamente).

La Mano del Destino per lo Schioppettino

concept naming marketing comunicazione
Schioppettino di Prepotto, Vigna Lenuzza.

Si nota da lontano la strana configurazione grafica di questa etichetta. L'intento è chiaro: quello di mostrare l'importanza dell'acino. Del frutto. E anche quello di sottolineare una specificità, un cura, un'attenzione, particolari. Certo questi concetti vengono evidenziati in modo abbastanza sorprendente. Ma diremmo anche in modo non divertente. Quella mano nera, artistica certo, risulta anche inquietante, sia osservata da lontano su uno scaffale, sia da vicino, sulla tavola, complice anche lo stile di elaborazione dell'immagine. Non trasmette quindi un senso di pace e di benessere, non induce alla calma. I toni nero e rosso su fondo bianco sono forti, esuberanti,
packaging comunicazione marketing
incisivi, attenzionali. Richiamano l'attenzione ma sono, appunto, piuttosto aggressivi. La scelta di questo tipo di illustrazione caratterizza la bottiglia ma rischia di portare scompenso nella percezione delle persone "normali", cioè, ad esempio, da parte di chi non è avvezzo all'arte contemporanea o a certe raffigurazioni utopiche e atipiche di artisti smodati. La bottiglia quindi attrae, richiama la vista, con quel suo fare anacronistico. Ma è anche in netto contrasto con il racconto del vino che il produttore propone nel sito web aziendale: una narrazione tutta storia e tradizione per descrivere la bellezza e la bontà di un autoctono come lo Schioppettino di Preporro, perla del Friuli Orientale.

Un Omaggio agli Avi e ai Loro Insegnamenti

marketing grafica comunicazioneBarton, Fara, Azienda Agricola Gilberto Boniperti.

Davvero semplice e immediata questa etichetta di un piccolo produttore dell'Alto Piemonte. Il vino è un cugino di Barolo e Barbaresco (e di Gattinara e Ghemme) in quanto a base Nebbiolo, ma qui con aggiunta di Vespolina. Interessante il logo, un tratto trilobato di sintesi, che comprende la dicitura "sole, terra, tradizione". Ma come spesso accade in questo blog è stato il nome del vino ad attrarre la nostra attenzione, con quella "n" rovesciata che fa un po' vezzo, un po' "furto di attenzione". Vediamo cosa dice il produttore: "...le nostre vigne giacciono su quei terreni che nonno “Barton” per primo impiantò quasi un secolo fa, insegnandoci quell’amore per il territorio e per la qualità della vita che oggi contraddistingue la nostra famiglia e, di conseguenza, la nostra azienda... i preziosi insegnamenti dei nostri vecchi vengono integrati con le conoscenze tecniche innovative acquisite in anni di studio e di appassionato lavoro nel settore vitivinicolo. Dal connubio di Sole, Terra e Tradizione nasce l’ambizione del nostro progetto di lavoro e di vita, basato essenzialmente sulla ricerca della qualità...". In particolare ci hanno colpito le parole di nonno Barton, sempre riportate dal sito web dell'azienda: “Quando non sai cosa fare, vai in vigna... lì c'è sempre qualcosa da fare!”. Il titolare aggunge: "Non avrei mai immaginato, da bambino, sentendo ripetere così tante volte questa frase dal nonno, che sarebbe diventata uno dei suoi grandi insegnamenti, uno dei cardini della mia filosofia di lavoro e di vita". Una piccola grande storia, insomma, che è stata "incisa" nell'etichetta di questo vino. E che merita di essere raccontata. P.S.: anche gli altri nomi della gamma di Boniperti meritano di essere citati: Carlin (Nebbiolo in purezza), Favolalunga (Vespolina in purezza), Barblin (Barbera in purezza), Rosadisera (rosato da Nebbiolo).

PIccoli Dettagli di chi Pensa in Grande

Stellato, Pignoletto Spumante, Albinea Canali (Gruppo Riunite & CIV).

marketing comunicazione graficaNon è idea malvagia chiamare un vino "Stellato". Soprattutto in questo periodo storico nel quale imperano in tv le trasmissioni condotte da Chef più o meno "stellati", ove questa definizione, scaturita dalla classifica della celeberrima Guida Michelin, definisce i massimi livelli della ristorazione. "Stellato" quindi si erge a terminologia di pregio, eleva il prodotto, lo pone in alto, sia pure nella costellazione infinita delle referenze vinicole. Il prodotto in questione, destinato comunque al canale HoReCa, non è certo uno Champagne: si tratta di uno "spumantino" dichiaratamente da aperitivo, da "apripasto" insomma, che ha dalla sua une beva facile e garibaldina. Il progetto fa parte degli sviluppi commerciali di un grande gruppo e nella gestione (vedi creazione) dell'etichetta l'impronta di un marketing strutturato si vede. A partire dal nome del vino, ma anche per l'economia generale del design: un logo prezioso, l'abbinamento cromatico tra oro e blu cobalto, la scelta accurata dei caratteri di scrittura, su tutti quello del nome stesso, creato apposta "in forma di bollicine". Tutto ben fatto, non c'è che dire, anche e soprattutto i dettagli: di fatto si tratta di un "Pignoletto".

Il Barolo Mascherato

marketing comunicazione brandingR.G. (Revello Giacomo), Barolo, Carlo Revello.

Misterico più che misterioso il logo aziendale di Carlo Revello, eletto anche a simbolo e illustrazione preminente delle etichette dei vini di questo produttore di La Morra, nelle Langhe. Come si può vedere si tratta di un "mascherone dionisiaco", oppure se vogliamo di un "fauno caprino con grappoli", o ancora, forse di un "sileno un po' alieno". Insomma le interpretazioni possono susseguirsi in modo soggettivo quanto si vuole, sta di fatto che il risultato di questo accrocchio di uva, foglie di vite, corna, occhi e bocca, è abbastanza spaventoso. Cioè poco rassicurante, tra il minaccioso e il diabolico, incute quindi un certo distacco, non mette a proprio agio l'interlocutore. I tratti dell'illustrazione sono moderni, piuttosto semplici nella realizzazione, se non fosse per le diverse sfumature di grigio che rendono un po' di profondità ma senza dovizia tecnica né artistica. Lo cataloghiamo tra gli enigmi di questa nostra Italia del design che, soprattutto nelle zone storiche come quelle del Barolo, non trova pace tra la tradizione e l'innovazione. Enigmatico anche l'utilizzo come nome del vino di due lettere, una sigla, di fatto il nome e cognome (anzi, discutibilmente prima il cognome poi il nome) di un avo, crediamo per questioni di eredità e spartizione di vigneti e proprietà. Ma anche queste due lettere non aiutano a semplificare e a rassicurare.

Più che un Nome, un Cavallo di Troia.

marketing comunicazioneTroy, Chardonnay, Cantina Tramin Kellerei.

Celebrato, osannato, atteso, dal costo elevato (65 Euro circa in enoteca), ecco uno dei vini "top" della nota cantina altoatesina Tramin (Cantina di Termeno, in italiano). Si tratta di uno Chardonnay che si chiama "Troy". A parte la stranezza di trovare un vitigno francese (tipicamente della Borgogna) in Alto Adige (ma di fatto lo Chardonnay abita un po' dappertutto e forse è questo il suo problema), vogliamo tentare di analizzare il nome del vino. Prendiamola larga: Troy è il titolo di un "colossal" di successo che vede come attore protagonista Brad Pitt. La storia, basata sull'Iliade di Omero, racconta del rapimento di Elena, della guerra di Troia e del mito di Achille. In sostanza, quindi, vedendo l'etichetta in questione salta all'occhio (e quindi in mente) la traduzione dall'inglese di Troia in senso di città mitologica della Grecia. In Puglia invece, grazie al fatto che ancora oggi esiste un località che si chiama Troia, abbiamo il Nero di Troia, un vitigno locale chiamato anche Uva di Troia (nome ufficiale). In realtà questa uva oggi è coltivata per lo più nella zona di Castel del Monte. Troia (la cittadina pugliese) è indicata anche come Troja o, in dialetto locale, Troië. Abbiamo quindi già due "contaminazioni" semantiche, una cinematografica (meno rilevante) e una geografica, sia essa riferita alla regione Puglia (rilevante perché fa capo anche a un vino) o ai miti della Grecia Antica. Certo, Troia è anche, in italiano la femmina del maiale. E qui casca l'asino. Nel senso che magari persone poco erudite potrebbero male interpretare. Per completezza riportiamo la definizione di Treccani: "tròia, dal latino medievale troia, forse voce espressiva che imita il grugnito del maiale. 1. La femmina del maiale, con riferimento a quella destinata alla riproduzione; è sinonimo popolare di scrofa (in genere come volgare). 2. spregiativo, puttana, soprattutto come insulto". Ma veniamo quindi al rational fornito dal produttore per la scelta di questo nome: "Troy nella lingua dei nostri avi significa sentiero. Un nome che abbiamo scelto perchè rappresenta il lungo percorso compiuto dalla nostra cantina attraverso anni di ricerca e sperimentazione". Siamo quindi di fronte ad una opzione dialettale, difficile da scoprire se non spiegata bene e certamente equivocabile.

Etichette per Giganti e Bambini

branding illustrazione marketing comunicazionePecorino di Offida (Marche), La Torre del Nano.

marketing comuncazioneRisultano subito molto fiabesche le etichette (per ora solo tre vini, Pecorino, Passerina e Rosso Monsignore) di questa cantina di Offida, nelle Marche. La "fiaba" emerge subito con il nome del produttore stesso, La Torre del Nano, e la relativa illustrazione. Ma anche il corpo centrale delle etichette (qui riportiamo quella del Pecorino) è stato ideato e realizzato con una illustrazione molto morbida, con uno stile da libro per bambini, da favola della buonanotte. Le illustrazioni sono dovute all'apporto professionale di AfraGraphics (di Valentina Baiocchi). Tornando al nome dell'azienda, La Torre del Nano, leggiamo nella relativa pagina di Facebook quello che potrebbe essere un rational per questa scelta: “Siamo nani sulle spalle di giganti... Nos esse quasi nanos gigantium humeris insidentes, così Giovanni di Salisbury nel Metalogion parlava del suo maestro Bernardo di Chartres, il quale frequentemente nelle sue lezioni amava usare quest’espressione che da allora è diventata un topos nella nostra cultura. Noi siamo nani sulle spalle di giganti: noi vediamo lontano perché siamo stati sollevati dagli antichi". Concetto molto bello, reso forse con eccessiva giocosità nelle illustrazioni del logo e delle etichette.

Nomi Avversi per Vini Eccelsi

etichette vino grafica marketing
Tananai, Chardonnay e Pinot Nero 
(Metodo Classico), Borgo dei Posseri.

Le bottiglie di Borgo dei Posseri sono tutte caratterizzate da grandi lettere. Si vedono soprattutto quelle, ad un primo approccio. Ma i nomi ci sono. Le lettere grandi sono quindi delle iniziali. Ad esempio "T" sta per "Tananai", scritto in piccolo sotto alla sua iniziale. Ma andiamo con ordine. Nel logo della proprietà vediamo uno stemma antico con la scritta "sum umbra alarum tuarum" (traducibile con "all'ombra delle tue ali" o "protetto dalle tue ali") e un quadrato moderno (arancione pieno, senza altre grafiche, piuttosto enigmatico, quindi) con il nome dell'azienda alla base. Il nome Borgo dei Posseri deriva dalla forma dialettale di "pozzeri", cioè abitanti della zona dove si trovano i vigneti (vicino ad Ala, in Trentino): Pozzo Basso, Pozzo di Mezzo e Pozzo Alto, degli antichi possedimenti con piccoli nuclei abitativi. E infine il nome "Tananai", quello dello spumante dell'azienda, che abbiamo preso come elemento da analizzare (gli altri originali nomi dei vini di questo produttore sono questi: Quaron, Furiel, Arliz, Marusel, Paradis, Rocol).
marchio branding marketing vino trentino
Ebbene sembra proprio che "Tananai" in dialetto possa significare "poco di buono", infatti tra le altre definizioni, in rete troviamo: "Tananai è una parola di etimo incerto, rilevabile in molti dialetti delle regioni alpine italiane, che indica sia un oggetto di cui non si sa cosa farsene, ma anche un giocattolo costruito da bambini con materiali di fortuna, oppure un ragazzo che nella crescita è rimasto un po’ indietro o più in generale un buono a nulla, insomma un sempliciotto". Incuriosisce quindi la decisione di adottare questo nome per uno di vini di punta dell'azienda, un Metodo Classico che al contrario vorrebbe essere un "primo della classe" tra la rinomata gamma dei Trento Doc di quelle zone di montagna. Siamo di fronte a una specie di autogol semantico.

L'Arte dell'Amarone nei Tratti di un'Etichetta

branding comunicazione marketing
Costasera Special Etition, Amarone, Masi.

Ogni due anni, questa nota cantina della zona del Valpolicella, per una della proprie etichette leader, in particolare quella dell'Amarone Classico, commissiona un "pezzo d'arte" a un esecutore di fama. Nel corso del 2017 è stata realizzata questa etichetta ad opera di Susan A. Point, importante esponente della Coast Salish Art: espressione artistica dei nativi della costa occidentale del Canada. Come afferma il produttore nella pagina web dedicata a questo progetto "Le etichette con la riproduzione dell'opera di Susam impreziosiscono una selezione di bottiglie di Costasera 2000".  
branding comunicazione marketing
Il connubio tra arte e vino è noto e molto utilizzato in comunicazione. Si tratta invero di uno "sfruttamento" dagli intenti nobili, culturali e divulgativi, oltre che commerciali. Certo, le aziende si avvalgono e si avvantaggiano di queste "edizioni speciali", per far parlare di sé e dei propri prodotti, ma al tempo stesso fanno opera di sostegno agli artisti e all'arte in generale, consentendo a un pubblico più allargato di fruire delle bellezze dell'estro creativo. Questa etichetta in particolare, a nostro parere, è perfettamente in linea, come design e cromìa, con il concetto stesso di Amarone. Una unione d'intenti, quindi, tra l'altro da una parte all'altra del mondo, davvero efficace. A riprova che la Grande Bellezza non ha confini, né fisici, né culturali (qui a destra l'originale dell'artista in tutta la sua interezza).

Il Mare nel Calice, una Conchiglia nel Nome

grafica branding comunicazione marketingAuritea, Cabernet Franc, Podernovo (Tenute Lunelli).

Questa volta trattiamo di un vino toscano che ha radici... trentine. Infatti si tratta di una produzione delle Tenute Lunelli (Podernovo) di proprietà della famiglia trentina nota per il marchio Ferrari (spumanti). In realtà il prodotto ha radici francesi: si tratta infatti di un Cabernet Franc in purezza, coltivato sulla costa toscana dove i classici vitigni francesi hanno avuto presa agronomica e commerciale, grazie ad alcuni ispirati imprenditori che li hanno provati e promossi nel secolo scorso, come ad esempio il Marchese Incisa della Rocchetta con lo stellare Sassicaia. Tornando al nuovo vino dei Lunelli notiamo subito grande eleganza nella grafica dell'etichetta. Semplicità e linearità dei tratti, dei colori, delle forme. E in particolare un nome e una conchiglia, che generano una storia, un concetto, una narrazione. Infatti, il nome del vino, "Auritea", deriva da Arca Aurina, nome di una conchiglia fossile presente da milioni di anni nella terra delle Tenute Lunelli in Toscana. Questa conchiglia, così come altri fossili di origine marina, dona al vino una naturale mineralità. E quindi lo caratterizza, così come la conchiglia caratterizza l'etichetta. L'uso dell'oro su fondo grigio (antracite chiaro) conferisce preziosità, percezione di qualità, di cura, di attenzione. Solo 4000 bottiglie per una produzione accurata e per questo limitata.

Carbonare e Turacciolai, Estetica e Storia

Vigneti di Carbonare, Garganega (Soave Classico), Azienda Agricola Inama.

branding comunicazione marketing concept
L'immagine e la comunicazione di questo noto produttore veneto sono sinergiche, distintive e quindi efficaci. Le etichette si riconoscono subito grazie al loro stile "asciutto", ma caratteristico: alcune illustrazioni dal tratto antico sono sempre al centro dell'etichetta e del discorso. Uno degli ultimi nati dell'azienda, frutto della coltivazione di un vigneto singolo, ricco di specificità, si chiama "Vigneti di Carbonare" e porta in dono l'illustrazione di mani d'artigiani intenti a produrre turaccioli. Tappi di sughero, come si dice meno poeticamente adesso. Abbiamo quindi due storie: quella che spiega il nome del vino, che ricorda l'antica attività, tipica della zona, relativa alla combustione di cataste di legna e torba per produrre carbone e quella dei turacciolai, narrata da una immagine presa dall’Encyclopédie, ou Dictionnaire raisonné des sciences, des arts et des métiers di Diderot e D’Alembert, pubblicata nel XVIII secolo. Attorno a queste due storie ruota comunque uno stile ben definito, con caratteri di scrittura adeguati e ugualmente particolari. La carta utilizzata per le etichette impreziosisce il tutto ed è coerente con il tema "anticato". Poi quando, a fronte di una accattivante comunicazione, si decide di acquistare e assaggiare il vino, il palato conferma: qualità senza incertezze.

Lassù Dove Pascolano i Caprioli

branding grafica concept comunicazione
Kerner, Rudi Vindimian.

Il nome di questo vino potrebbe essere "780 m.s.l.m." ma di fatto un nome non ce l'ha. Incuriosisce, oltre alla quota molto alta di coltivazione dei vigneti, anche il cognome del produttore: Vindimian, che assona curiosamente a "vendemmia". Forse non a caso, visto che si tratta di una attività trasmessa di generazione in generazione. Forse il cognome di un avo fu dato proprio in considerazione della sua propensione alla vigna. Il nome del vitigno invece non è facile, almeno per gli italiofoni. Si tratta in realtà di un cognome: Kerner. Il web riferisce che è un vitigno semi-aromatico creato nel 1929 da tale August Herold (in Germania) da un incrocio tra Schiava Grossa (detta anche Trollinger) e Riesling (Renano). Il nome di questo incrocio deriva quindi da Justinius Kerner, medico e poeta tedesco al quale fu dedicato il vitigno in questione. Ma veniamo al packaging. L'etichetta si fa notare, è insolita, ma non priva di aspetti discutibili. Innanzitutto la foto: capita di rado, per fortuna, di trovare design di etichette che utilizzano fotografie reali. Perché non è il territorio ideale per questo tipo di rappresentazione e di percezione. L'etichetta non è una rivista, un cartellone pubblicitario o un album di fotografie. Ha altre valenze e velleità. Salvo casi particolari, logicamente. In questo caso la fotografia inquadra animali (sia pure simpatici, i caprioli): ciò non è ragionevolmente valido per una etichetta alimentare. Certo, c'è un collegamento concettuale tra l'altitudine indicata in alto (i 780 metri) e i caprioli. Qui l'altezza è una specificità molto interessante per la qualità del vino, in particolare del Kerner. Ma non vengono annullate le perplessità riguardo l'uso di una fotografia in etichetta. Altro piccolo difetto che compromette la leggibilità, è la sovrapposizione della scritta "Kerner" sugli elementi grafici dell'etichetta. Quanto meno rimane una certa eleganza dei toni scuri abbinati al dorato delle scritte.

La Semplicità del Grappolo, l'Eleganza della Semplicità

grafica comunicazione branding marketing
El Jefe, Tempranillo, 
Stoneridge Vineyards.

Molte volte abbiamo chiosato l'importanza della semplicità nel design. Non una semplicità fine a se stessa e nemmeno troppo "semplice". Insomma, facile a dirsi ma non a farsi, forse nemmeno a capirsi. Ci proviamo con questo esempio di packaging essenziale ma efficace, almeno dal punto di vista della comunicazione visiva e concettuale. Si tratta di un vino prodotto in Usa, nella Walla Walla Valley (Washington, Seattle, per intenderci). L'eclettico titolare dell'azienda, amante dei vini e dei cibi spagnoli, lo produce utilizzando Tempranillo al 100%. E decide di "rappresentarlo" con un grande grappolo stilizzato in etichetta. Non si può non vedere, non notare, anche a distanza, su uno scaffale, ad esempio.
immagine comunicazione vino
Una scelta apparentemente semplice: un grappolo d'uva a definire un mondo, quello enologico, che in effetti origina tutto da lì. Dal frutto millenario. Gli acini che formano questo grappolo sono a loro volta molto semplici nella grafica: un cerchio nero e un riflesso bianco. Stop. Ma l'effetto è assicurato. Sotto, ordinatamente e con un'ottima scelta di carattere (font di scrittura) le altre informazioni, tra le quali, logicamente il nome del vino. "El Jefe", che in spagnolo significa "Il Capo". Il bianco e il nero, otticamente perfetti proprio perché contrapposti, risolvono in modo vincente questa etichetta. Complimenti.

Macchie di Colore in Semplicità

branding comunicazione arte grafica illustrazioneCielo, Mare, Terra, 
Cantine Benvenuto.

I tre vini rappresentativi di questa cantina calabrese si chiamano in modo molto semplice: Cielo, Mare e Terra. Vediamo nel dettaglio: "Cielo" è un rosato da uve Calabrese in purezza (praticamente un Nero d'Avola in rosa), "Mare" è un vino bianco da Zibibbo e Malvasia, mentre "Terra" è un vino rosso da Greco Nero e Magliocco. Ma veniamo alle etichette: sono semplici, anche se molto colorate, per l'esattezza risultano acquarellate. Macchie di colore con l'aggiunta del solo nome del vino e del nome del produttore poco sotto ad esso. L'impatto visivo c'è, anche se le scelte cromatiche non rincorrono in modo particolare il "tema", cioè abbiamo dei toni viola per il Cielo (forse un cielo plumbeo), dei toni azzurri per il mare (e qui ci siamo) e dei toni rossastri accesi per la Terra (diciamo una terra arsa). Alcune corrispondenze ci sono: vino bianco per il mare, vino rosso per la terra e vino rosato per il cielo... ma al di là di queste osservazioni "sinergico-cromatiche", quello che si può dire è che nella loro estrema semplicità queste etichette riescono a farsi notare, grazie ad una personalità di tipo artistico, senza concetti pregnanti ma con una proposta molto diretta e a suo modo coraggiosa. Insomma, non convincono ma "bucano lo schermo".

Celebrando un Artista "di Campagna"

camunicazione marketing branding grafica illustrazione
Barolo, Cantina Tomaso Gianolio.

C'è sostanzialmente della cultura contadina nelle illustrazioni del Maestro Gianni Gallo (scomparso nel 2011). Originario di Dogliani e noto per aver fornito la parte visiva delle bottiglie di alcuni tra i più celebrati produttori di Langa, l'illustratore prediligeva soggetti riguardanti la natura e il lavoro nei campi. Ma soprattutto era un vero artista, di quelli che non operano per denaro ma per passione. Molto spesso infatti questo bravo pittore disegnava per amicizia, ricevendo in cambio qualche bottiglia di vino o qualche conviviale pranzo. È stato anche in questo caso per amicizia che Gianni Gallo ha disegnato le etichette per questa piccola azienda di Fossano, la Cantina Tomaso Gianolio. Tutti soggetti "di lavoro": particolare quello relativo al Barolo dove un agricoltore si riposa nel campo bevendo da un otre. Un tocco di ironia ha consentito all'artista di raffigurare il soggetto con un piede nudo, come se avesse perso uno scarponcino, o forse volutamente scalzato per godere maggiormente di un attimo di relax. Questa immagine è quella che è stata scelta dai fratelli Gianolio per rappresentare l'azienda stessa. Nella gamma dei vini del produttore, troviamo altri soggetti "di campagna" come quello del Nebbiolo d'Alba dove un corpulento contadino sta vangando un terreno. Sempre molto colorati, attenzionali, con uno stile "casereccio" ma originale: lo stile che ha sempre contraddistinto queste illustrazioni nei vari soggetti, annate e produttori vari in cui si sono susseguite. Un omaggio quindi a Gianni Gallo per la sua valente e onesta attività pittorica.
branding grafica illustrazione
Per quanto riguarda il packaging, in particolare di queste etichette, si riscontra l'assenza di un nome per i vini (ma questo diciamo che non è un problema, almeno fino a un certo livello di produzione e di ampiezza della gamma proposta) e un design abbastanza approssimativo con le scritte di legge tutte riunite in basso a discapito della leggibilità e dell'eleganza generale dell'etichetta. L'illustrazione centrale, come abbiamo detto, molto colorata, "fa il proprio gioco". Ma per un'etichetta equilibrata e comunicativa potrebbe non bastare, nonostante l'indiscutibile estro dell'artista che ha curato le illustrazioni. E il vino? Oltre al Barolo e agli altri rossi dell'azienda, abbiamo assaggiato l'Arneis e l'ultimo nato, un Metodo Classico 36 Mesi tagliente e "verticale". Insomma il Piemonte conferma che spesso dove si trovano piccole e accurate produzioni la qualità non manca!