Un Rebus in Diebus in Terra Latina


Busillis, Viognier, Trerose (Tenute Angelini).

Un’azienda farmaceutica di grande fama e fatturato si trasforma in un produttore di vino da 1 milione di bottiglie l’anno. Questo è stato possibile grazie agli investimenti della famiglia Angelini che, passo dopo passo, attualmente raggruppa e possiede diversi marchi in Toscana, Marche, Veneto e Friuli: Bertani, Val di Suga, Trerose, San Leonino, Puiatti ed altri verranno. La chimica delle medicine, unita alla biochimica dell’enologia. Un vino che guarisce, in poche parole. In questo breve commento parliamo di un Viognier toscano, prodotto nei pressi di Montepulciano che ha un nome particolare, “Busillis”. Chi ha studiato latino riconosce tale sonorità. E il significato? Sarebbe “questione spinosa, difficoltà, punto dolente della discussione” (probabilmente riferito alla stranezza e difficoltà di coltivare il vitigno Viognier in Toscana). L’origine di questo nome è legato a un racconto che Wikipedia ci dona nella sua versione originale: “Un altro esempio della scarsa conoscenza della lingua latina da parte degli ecclesiastici è l'episodio di colui che chiese al maestro Giovanni di Cornovaglia chi fosse Busillis. Pensava infatti che fosse il nome proprio di un re o di un qualche grand'uomo. Quando il maestro Giovanni gli chiese in quale testo si trovasse tale nome, rispose che si trovava nel messale; e scorrendo il suo libro, gli mostrò alla fine di una colonna della pagina le parole "in die", e all'inizio dell'altra colonna "bus illis", che, sillabate correttamente, si leggono "in diebus illis" ("in quei giorni"). Visto ciò, il maestro Giovanni gli disse che, avendo quella parola origine dalla pagina divina, cioè dal Vangelo, il giorno dopo avrebbe voluto indagarla col pubblico della sua lezione. Quando lo fece, avendo suscitato il riso di tutti, il maestro prese l'occasione per mostrare con diversi esempi quanto sia grande per il clero la vergogna e lo scandalo derivante dalle tenebre dell'ignoranza e della mancanza di letture”. (Giraldus Cambrensis, Gemma Ecclesiastica, II, cap. 35 [Enormitatum exempla quae ex imperitia sacerdotum et illiteratura proveniunt] ed. London 1862). Concludendo: “L'errore dell'amanuense diventa comprensibile se si considera che l'uso di lasciare uno spazio tra le parole è un'acquisizione recente. Non tutte le lingue lo fanno: il cinese e il gioapponese moderni ad esempio scrivono i loro testi senza nessuna interruzione. Gli spazi non vennero usati in latino fino al 600 d.C./800 d.C. circa. Al loro posto si usava il punto mediano”. Svelato il busillis non ci resta che riempire i calix di latina memoria.