La Grenade, Tai Rosso, Colle di Gà.
Il "caso" che presentiamo oggi si riferisce alla scelta linguistica operata da una azienda vinicola vicentina per la propria gamma di vini: nomi in francese. In parte tale scelta viene "giustificata" nel sito della proprietà dicendo che alcuni vini nascono da vitigni tipicamente francesi. Di fatto i vini lavorati in azienda sono sia autoctoni italiani sia internazionali, in parti quasi uguali. E naturalmente anche gli autoctoni italiani hanno acquisito un nome in francese, seguendo la linea adottata per tutta la gamma. Ad esempio "La Grenade" è un Tai Rosso, poi abbiamo Le Cedre da uve Garganega e L'Abricot (Garganega passita). E così via con gli altri nomi (L'Amande, La Myrtille, La Cerise Noir, La Fraise de Bois, con vitigni internazionali/francesi). La scelta è particolare e forse non del tutto condivisibile, dal punto di vista della comunicazione e quindi della percezione del consumatore. Non per le solite ragioni campanilistiche che fanno riferimento alla competizione tra Italia e Francia sui vini, sulla loro qualità e il loro commercio, ma per una questione di lettura, appunto, di comunicazione. Vedendo le etichette in questione, dove il nome in francese è sempre posto (giustamente, dal punto di vista grafico) in evidenza, viene da pensare di essere di fronte a vini francesi. E questo potrebbe deviare, sia pure solo inizialmente, le attenzioni e anche le intenzioni di acquisto del potenziale fruitore. Orgoglio italiano in comunicazione coerente, verrebbe da dire.