Il rituale avvicinarsi delle Feste Natalizie pone al marketing delle aziende vitivinicole l'annoso "problema" della stagionalità. Cioè il pericolo che i clienti intendano interpretare il consumo di spumanti solo come celebrazione, senza vera continuità. Uno stappo e via. Cadono in questa trappola un po' tutte le bollicine, dagli Champagne al Prosecco. Una etichettatura dal design sfarzoso certo non risolve il problema. Cioè ne risolve uno e ne mantiene un altro. In pratica: il Prosecco, soprattutto, è un vino che ha bisogno di enfasi. Di confezioni e packaging nobilitante, che lo renda prezioso agli occhi prima ancora che al gusto. Ma questo non va nella direzione del consumo quotidiano. Non per quelle aziende che scelgono la strada della valorizzazione estetica (poi ci sono quelle che scelgono invece di dare una connotazione popolare, per ovviare al problema). Il packaging di questo Prosecco Superiore è bello, valorizzante, elegante, prezioso. Oltre ad una impaginazione classica, equilibrata, ben soppesata negli elementi di comunicazione, vediamo anche due fattori materici (che incidono sul costo finale, sicuramente): la personalizzazione a vetro della bottiglia e l'apposizione di una ceralacca in rilievo (verde, invece del solito rosso). Elementi che riproducono il marchio e che collocano la bottiglia sotto una luce impreziosente. Si tratta logicamente del vino top dell'azienda. Per quanto riguarda il nome, si è scelto di citare il fondatore, Graziano Merotto, con una tipica operazione di trasposizione di tradizione e qualità, ricavandole da ragioni storico-famigliari.