Cà del Magro, Custoza Superiore, Monte del Frà.
Questa azienda veneta sceglie la semplicità in etichetta mettendola in contrasto con la complessità del vino. Questo Custoza infatti (qui in versione Superiore) è composto da 4 vitigni: Garganega, Trebbiano Toscano, Cortese e Incrocio Manzoni. Si parla di mineralità donata alle viti da un terreno di ghiaia e sassi, esposto a sud-est su una collina particolarmente vocata. Il resto lo fa la fermentazione “sur lies” per una longevità insolita per un vino così. Ma torniamo all’etichetta dove il Monte è “del Frà” mentre la Cà è “del Magro”. Accenti che denotano una aderenza al territorio e alle “nominazioni” antiche sia pure in un ambito di denominazioni moderne. I due nomi, il primo quello dell’azienda, il secondo, giustamente di dimensioni più grandi, quello del vino, messi così risultano ridondanti, si ostacolano a vicenda nel processo di memorizzazione laddove simile è la formula semantica. Due “à” accentate, due “M” capolettera (Monte e Magro) con in mezzo un identico “del”. Queste osservazioni che potrebbero sembrare sofismi appartengono in realtà alle tecniche di naming che andrebbero applicate. L’etichetta è ben riuscita, intendiamoci. Lineare con qualche inserto in oro che male non fa. Il nome del vino in particolare incuriosisce, nel tentativo di capire chi fosse quel personaggio magro al quale si fa riferimento (sicuramente non si tratta di un frate). P.S: i “frà” sono quelli dell’Ordine di Santa Maria della Scala, di Verona.