Il Taglio Questa Volta è Artistico

The Winemaker’s Cut, Sauvignon.

Michal Mosny e sua moglie, titolari dell’azienda, sono originari della Slovacchia. Dopo molti anni di lavoro alle dipendenze di altre vitivinicole decidono di aprire la loro cantina (in Canada, nel British Columbia) e di chiamarla “Winemaker’s Cut”. La produzione è caratterizzata da quello che potremmo definire come un vezzo, al quale loro credono molto: musica classica diffusa ovunque, in vigna e in cantina (non c’è da stupirsi: la fisica quantistica sta conquistando campo). Ecco cosa raccontano in proposito, nel loro sito web: “Like in a movie, music plays an integral role at Winemaker’s CUT. Classical music is played throughout the vineyard and cellar. And it’s not just because of our deep love of the arts. The soothing power of music extends to plants, and helps to establish balanced, healthy vines. We noticed the difference right away. The vines closest to the speakers were growing faster. In the cellar, the fermentations were smoother and more predictable. We now have 13 speakers throughout Deadman Lake Vineyard, each positioned to ensure all of the vines benefit. A number of studies have found similar results: playing classical music for a few hours per day increases plant growth. It also benefits the vineyard workers, too. So, don’t be surprised to hear Mozart or Bach when you visit our tasting room”. Le etichette sono molto gradevoli e distintive. Hanno tutte il medesimo schema grafico, variando i colori. Abbiamo preso come esempio quella del Sauvignon: in alto a sinistra vediamo una artistica rappresentazione di tralci grappolosi, in basso a destra il nome della linea di vini con in evidenza la parola “CUT” con un cromatismo che riprende, di sfondo, l’illustrazione sopraddetta. Semplice negli elementi, giustamente preziosa negli inchiostri e nel design. Il nome ci piace: “Winemaker’s Cut” ricorda il modo di dire “Director’s Cut” che nell’arte cinematografica rimanda a una edizione speciale di un film, con un montaggio diverso rispetto all’originale proposto al pubblico, spesso con un finale alternativo, particolarmente caro al regista. Un lateral thinking che afferma con orgoglio l’unicità delle proprie scelte, in questo caso di stampo vinicolo.