Un Rosso tra i Bianchi, in Terre di Tufo


Peperino, Sangiovese e Merlot, Teruzzi (Terra Moretti).

Le etichette di questo produttore toscano sono tutte molto fantasiose, soprattutto per quanto riguarda l’illustrazione molto colorata che si trova al centro del packaging. Il territorio è quello di San Gimignano, in una Toscana, saggia, storica, tradizionale, ma anche ridanciana. Il vitigno sovrano di quella zona è la Vernaccia, ma in questo caso stiamo parlando di una bottiglia di rosso. Il vino si chiama “Peperino” e potrebbe sembrare facile intuire cosa può aver spinto il produttore ad assegnare questo nome che secondo lo “slang” popolare italico di solito rappresenta una persona particolarmente vivace. Ma se si approfondisce la ricerca si scoprono cose interessanti (Enciclopedia Treccani): “Si dà il nome di peperino a certi tufi vulcanici in rapporto con magmi potassici, costituiti da un impasto di ceneri, di color grigio, macchiato di nerastro. Contengono abbondanti minerali (leucite, pirosseni, sanidino, plagioclasî, biotite e numerosi altri silicati), in individui isolati o, più spesso, in aggregati di varia costituzione, nonché frammenti di rocce diverse, eruttive e sedimentarie. Spesso sono abbastanza coerenti, e allora si usano come materiale da costruzione. Il più noto peperino si trova nel Vulcano laziale, nei dintorni del Lago di Albano”. In questo caso non siamo nel Lazio ma anche in Toscana il tufo, a tratti, la fa da padrone a livello geologico. Tornando all’illustrazione posta al centro dell’etichetta, vediamo una lepre che brandisce una lancia e cavalca una conchiglia (ve ne sono di sedimentate in quel territorio) dalle sembianze umane. Un sorprendente miscuglio di elementi che definisce (o almeno ci prova a farlo) la realtà vinicola e territoriale in questione.

La Candia d’Italia (no, non Quella Greca della Malvasia)


Arual, Vermentino, Azienda Agricola il Moretto.

L’areale di produzione di questo vino riguarda la Denominazione del Candia dei Colli Apuani, compresa tra Massa Carrara e Montignoso, all’estremo nord della Toscana (e quindi all’estremo est della Liguria). Attualmente il Consorzio di Tutela del Candia e dei Colli Apuani è composto da soli 20 produttori prevalentemente a conduzione famigliare. Tra questi vi è l’Azienda Agricola il Moretto, che produce questo Vermentino in purezza che si chiama Arual. L’etichetta presenta alcuni particolari tecnici interessanti: sulla sinistra la carta è decorata in rilievo con dei riccioli che ricordano i pampini della vite. In alto lo stesso tema viene riproposto in oro dentro a un piccolo cerchio e subito sotto, sempre in oro, troviamo il nome del vino. Sotto alla dicitura di legge, Vermentino Doc, possiamo apprezzare un disegno stilizzato che rappresenta forse i Colli Apuani. Il tratto, molto dinamico, termina in alto con una stella, simbolo delle forze della natura con le quali l’uomo deve sempre confrontarsi e spesso umiliarsi. Alla base del packaging la collocazione geografica: un piccolo luogo d’Italia, ancora poco conosciuto, che grazie ai suoi vini potrà accrescere la propria notorietà ed ambire ad una crescita anche dell’enoturismo. P.S.: il nome del vino, probabilmente è dedicato a una persona di nome Laura (Arual al contrario).

Un Flusso di Parole in un Mare di Colore


Impavido, Primitivo, Tenuta Coppadoro.

Questa azienda di San Severo in provincia di Foggia decide di allestire un’etichetta un po’ diversa dal solito. Innanzitutto il colore, profondamente azzurro, che per un vino rosso è raro a vedersi. E poi il fatto che nel fronte del packaging abbiamo la descrizione organolettica del vino. In particolare questo testo è proprio la parte preminente del design. Certo, in alto, come grandezza, leggiamo in primis il nome del vino, Impavido, un nome ridondante, originale, da leader. Assolutamente memorabile. A seguire, fino alla base dello spazio a disposizione, troviamo un testo che descrive il vino, redatto con molti caratteri (di scrittura) diversi. E forse qui sta il minus di questa operazione creativa: la leggibilità. Per il resto può risultare anche piacevole poter leggere, finalmente sul fronte, quello che di solito viene relegato, in piccolo, sul retro. Un vezzo cromatico viene rappresentato da quel “rosso”, scritto appunto in rosso, che emerge nel mare colorato che fa da sfondo e dalle altre parole che compongono il “sonetto”. Alla base troviamo il nome/logo del produttore, Tenuta Coppadoro, che fa comunque capo alle Tenute Sannella (Coppadoro è di fatto il nome della contrada dove vengono coltivate le viti). Il vino è un Primitivo al 100%.

Mediamente Gradevole ma con Una Etichetta Strong


In The Middle, Pinot Noir, Fourth Wave Wine.

Questa cantina australiana lo scorso 1 agosto (2024) ha lanciato una linea innovativa di vini. L’innovazione risiede principalmente nel tipo di lavorazione che consente di ottenere gradazioni basse, attorno ai 7%. Il nome della linea di vini che si compone di un Pinot Nero (in foto), di un Pinot Grigio, di un “Prosecco” (!), di un Rosé e di uno Chardonnay, evidenzia il progetto industriale: “In The Middle”, cioè lo stare nel mezzo tra una gradazione alta e una a zero (vini dealcolizzati, che si stanno diffondendo). Le ragioni sono ben spiegate dal produttore: “In our vineyards our viticulturalists have been working hard: we have been experimenting with how to grow grapes with full-flavour ripeness but with a lower alcohol level. We then pick these grapes slightly early for a fresh, lifted style. Then some innovative blending by our winemaking team allows them to get the alcohol even lower. This new method creates a lighter in alcohol wine but with the depth and vibrancy of a bigger wine. It simply allows you to enjoy in the middle of anything!". L’etichetta è molto attenzionale: un “bollo” cromatico al centro attira l’occhio. Sulla destra una serie di affermazioni che promuovono simpaticamente il consumo di questo vino: “In The Middle of the table, In The Middle of the day, In The Middle of the afternoon, In The Middle of a pic-nic, of a party, of cooking…” e così via. Una nuova categoria di vini, quindi, i “mid-strenght”, così promossi da questo produttore: “The mid-strength wine category is going from strength to strength, and In the Middle allows consumers to enjoy a wine at lunch or other occasions with confidence in a lighter choice”. A chi piacendo.

Un Vino Sfidante, cioè Scavezzacollo


Rompicollo, Sangiovese e Cabernet, Poggio al Tufo (Tommasi).

Pare strano chiamare un vino in questo modo? Potrebbe. Ma nell’indagare i nomi è sempre bene approfondire e andare a cercare motivazioni a volte nascoste. In questo caso il produttore, Tommasi, originario della Valpolicella, ha deciso di spiegare in modo chiaro, nella scheda digitale del vino tra le schermate del sito internet, la dinamica di creazione di questo nome: “Abbiamo pensato di cambiare il nome del vigneto Rompicollo, ma quando abbiamo letto il significato, “Persona sempre pronta a gettarsi a capofitto in sfidanti iniziative o bravate…”, l’abbiamo interpretato come un portafortuna per iniziare il nostro primo progetto vitivinicolo in Toscana nel 1997. Il vigneto Rompicollo è certamente diventato l’origine di uno dei nostri migliori vini quotidiani. Rompicollo è un blend di Sangiovese e Cabernet Sauvignon dalle vulcaniche suole di tufo nella campagna di Maremma attorno al borgo antico di Pitigliano. Un rosso rotondo e avvolgente con un bouquet irresistibile, ti trasporterà negli aromi ed emozioni della iconica campagna toscana”. Analizzano visivamente questa etichetta possiamo aggiungere che sono apprezzabili gli inchiostri in rilievo del nome della tenuta, in nero, Poggio al Tufo (a Pitigliano, sede dei vigneti, il tufo la fa da padrone geologico) e del disegno in oro (una specie di timone/rosa dei venti). In basso il logo, una T circondata da degli allori, e il nome del produttore. Il rosso (mattonato) del quadrato centrale attira l’attenzione e fa da richiamo sullo scaffale.

Il Guardiano di Salina, tra Sole, Vento e Mare


Il Guardiano del Faro, Nerello Mascalese, Cantine Colosi.

Questa premiata cantina siciliana (Colosi è il cognome di famiglia) che coltiva e produce a Salina (a Capo Faro e Porri) ha messo in campo una serie di etichette molto colorate e molto… ben illustrate. Prendiamo ad esempio quella della bottiglia di Nerello Mascalese che si chiama “Il Guardiano del Faro”, scrive a tal proposito il produttore nel proprio sito internet: “Il nome prende spunto dalla posizione del vigneto in cui le uve sono coltivate in una piccola e selezionata particella, la 523, che si affaccia sul promontorio di Capo Faro con il suo antico faro…”. Il disegno, con colori molto accesi, raffigura un uomo con barba, il guardiano, e sullo sfondo un faro illuminato assediato da onde burrascose. Siamo nelle Eolie, di fronte a Milazzo, nella Sicilia di Nord-Est, dove il sole e il vento la fanno da padrone, ma anche il mare fa sentire la sua voce e la sua influenza climatica nelle coltivazioni. Nella parte alta dell’etichetta troviamo il logo/nome del produttore, mentre nella parte bassa il nome del vino, già citato, e alla base la precisazione “Prodotto a Salina. Isole Eolie”. Una fiera affermazione territoriale di un arcipelago davvero unico al mondo, sia come conformazione sia come geologia. Nascono vini selvaggi ma sapientemente “governati” dall’esperienza umana nel far maturare le uve e nel trasformarle in nettare esclusivo: lo spazio coltivabile è davvero esiguo e infatti di questo vino si producono soltanto 3500 bottiglie ogni anno.

Terra, Mani, Mare e Tradizione a Cirò Marina


Mani Contadine, Rosato, Tenuta del Conte.

Siamo in Calabria, nel lato che si affaccia sul Mar Ionio. Esattamente a Cirò Marina, dove la tradizione della viticoltura è stata portata dagli Antichi Greci. Questo raccontano gli anziani e le testimonianze storico-morfologiche del territorio. Questo vino viene prodotto dalla famiglia Parrilla, 15 ettari oggi gestiti dai figli del fondatore Francesco. Una volta solo conferitori, oggi fieri produttori. Agricoltura biologica, equilibrio ambientale, per una serie di etichette che parlano di genuinità. Soprattutto questa, che veste un rosato da vitigno Gaglioppo 100%, e che si distingue per un nome del vino molto diretto e significativo: “Mani Contadine”. Pochi dubbi sul significato, confermato da una illustrazione che mostra due mani da viticoltore nell’atto di frantumare una piccola zolla di terra. La carta sulla quale è stampata l’etichtta è di quelle “preziose”, goffrata, in rilievo al tatto. Ma tutto il resto parla di una ruralità ancora intatta. E di semplicità, anche per il packaging: pochi elementi, molto evidenti. Un messaggio diretto e facile da interpretare. Alla base la dicitura “rosato” e il nome/logo dell’azienda: Tenuta del Conte. 

Uno Spiritello Furtivo e un Monaco Lascivo


Moenchberg, Riesling, Louis Maurer.

Le etichette di questo piccolo e generazionale produttore alsaziano sono delle vignette, dei fumetti. Tutte molto divertenti. Allegre, colorate, spensierate. Portiamo ad esempio di tutto ciò l’etichetta del Grand Cru Moenchberg, un Riesling tradizionale per quei luoghi. Nell’immagine centrale, caratterizzata da un cromatismo verde acceso, vediamo un albero, alla base del quale siede un monaco meditabondo, fors’anche bellamente addormentato, mentre alle sue spalle, un diavoletto, uno spiritello, giullare, satrapo, elfo, chissà, fa rotolare giù per la collina una botte. Forse l’ha sottratta in cantina. Forse è proprio lui, quella figura tutta nera sullo sfondo, il genio della vinificazione. In pratica assistiamo a una piccola storia che ci fa lavorare di immaginazione. L’intenzione di questo tipo di etichette è quella di rallegrare gli animi, e di fatto l’obiettivo è raggiunto. Il rischio è quello di sembrare poco seri, e di inficiare così la credibilità di produttore e prodotto stesso. Ma tutto sommato questa vèrve ci piace. E crediamo possa piacere anche agli avventori di questi vini di grande qualità e spessore storico-culturale.