Hiku, Moscato d’Asti, Roberto Garbarino.
Un giovane spumantista piemontese che ha iniziato la propria avventura enoica nel 2010 (con prima vendemmia nel 2013), propone nella propria gamma attuale anche un Moscato d’Asti di quelli classici da 5,5%, adatti ad un consumo sbarazzino (aperidolce). L’etichetta che è stata delegata a comunicare questa bottiglia è invece tutt’altro che classica, tenendo conto anche degli usi e delle tradizioni di quell’angolo di Piemonte (siamo nelle Langhe, a Neviglie). Gli elementi che saltano all’occhio: toni azzurri (per un vino che ha fatto del giallo la propria bandiera), tema marino con coda di balena emergente dai flutti (per una tipologia di vino che con il pesce c’entra come i cavoli a merenda), nome maori (dedicato ai trascorsi neozelandesi del titolare: “Hiku” significa coda e anche la zona dove allignano i vigneti di moscato si chiama così, in questo caso troviamo un sia pur fantasioso collegamento con la realtà locale). Hiku, ai più, potrebbe ricordare anche quella particolare tipologia di poesia giapponese chiamata “Haiku”. Saremmo comunque concettualmente “fuori zona”. Alla base del mare inclinato che caratterizza il cromatismo dell’etichetta, vediamo il logo/nome del produttore: Roberto Garbarino, con marchio circolare che probabilmente ricorda una “G” specularmente rovesciata. Tutte le etichette di questo produttore sono acquerellate dall’artista Nicola Magrin: troviamo un salmone nell’Alta Langa Rosé “L’istinto” (il significato proposto del produttore: andare contro corrente come i salmoni), idem per l’Alta Langa Docg “Le rapide” (dicono, relativo alle pendenze dei vigneti), ma almeno in questi due casi l’attinenza dei vini con ricette a base di pesce ci potrebbe essere. Possiamo infine dire che le nuove idee che riguardano il packaging sono meritorie, in senso di rinnovamento, un po’ meno se volessimo cercare ganci concettuali che sostengano la comunicazione di prodotto.