Belgingin, Chardonnay, Vigne del Pellagroso.
Tre nomi interessanti da analizzare. Il produttore e fondatore si chiama Antonio Camazzola, detto “Billy”. Il nome dell’azienda, che emerge insieme a una illustrazione di una specie di Passator Cortese con cappello e grappolo, è “Vigne del Pellagroso”. Il nome proviene dalla testata di un giornale popolare dell’800 che incitava gli operai alla rivolta a causa delle condizioni di povertà dell’epoca (che causavano quindi la pellagra, malattia cutanea dovuta a una alimentazione non equilibrata). Il giornale in questione fu fondato a Castel d’Ario nel mantovano, dove ha sede l’azienda (la stampa avveniva proprio nel cortile dove si trova la cantina). Per la cronaca la pubblicazione ebbe vita breve: dopo l’uscita del tredicesimo numero venne arrestato il direttore con l’accusa di aver fomentato scioperi e disordini. Veniamo al nome del vino: “Belgingin”. Inevitabile che la mente fugga in direzione del noto superalcolico caro agli anglosassoni e oggi tornato di gran moda anche alla nostre latitudini. Forse, un limitato pubblico locale potrebbe avere la giusta percezione (dialettale) del nome, quella di qualcosa di piccolo e grazioso. Ma è troppo poco per poterlo definire un nome “riuscito”. Certo, di vino stiamo trattando, la bottiglia ha una forma riconoscibile, ma nel complesso anche la grafica dell’etichetta non aiuta a dirimere il corto circuito semantico, potendo davvero vestire anche una bottiglia di gin, togliendo i riferimenti a “vino bianco”, logicamente. Il packaging ci è stato indicato da Sara Missaglia che ringraziamo per la preziosa ricerca. P.S.: “Possa la mia anima rifiorire innamorata per tutta l’esistenza” (che si legge sul fronte etichetta) ci piace.