Una nota catena di supermercati italiani si chiama Crai. Lo sanno anche i bambini. Nel senso che è un nome non tra i più noti ma sicuramente conosciuto. Un'azienda agricola del Cilento (Salerno) decide di chiamare un proprio vino "Crai". Dove sta la logica? Non c'è. Se non una logica errata. Crai vende per lo più prodotti alimentari. E ha anche una serie di prodotti a "marca privata", cioè contraddistinti dal nome stesso della marca (tra i quali anche vino). La confusione è dietro l'angolo. Se non altro per le ricerche in internet dove digitando il nome "Crai", naturalmente esce sempre per primo il dominio della catena di supermercati, che per notorietà e attività digitali batte senz'altro quelle della cantina qui citata. Tra l'altro, l'etichetta del vino in questione è stata ristilizzata, ma il nome non è cambiato, se non nel carattere di scrittura. Quindi, ai fini della semantica e del marketing, non importa se il nome "Crai" (quello per il vino) ha origini dialettali, tradizionali, affettive, storiche o ampelografiche. La scelta è sbagliata a priori. E davvero non si riesce a comprendere come una cosa del genere possa accadere. La confusione non paga. La distinzione sì. Sarebbe bastato un attimo di attenzione in più. O anche la richiesta di collaborazione con qualche "addetto ai lavori" che avrebbe certamente sconsigliato l'adozione di questo nome.