Aurelio, Merlot e Cabernet, Val delle Rose (Cecchi).
Può un vino chiamarsi come una strada statale? Abbiamo già l'esempio, diventato caso di marketing per l'intraprendenza aziendale e per l'indubbia qualità, dei vini siciliani di Arianna Occhipinti che si chiamano SP68 (Strada Provinciale), versione bianco e rosso, caso davvero limite a nostro modesto parere. Qui parliamo del Merlot di Val delle Rose, Toscana, dove la statale in questione è di storiche origini essendo di tracciatura antico-romana. A proposito del nome del vino, "Aurelio", il produttore infatti dice: "Questo vino nasce come un omaggio alla Maremma, prende il nome dalla strada che la percorre lungo tutta la costa, la Via Aurelia". Il nome "Aurelio" è solenne non c'è dubbio, ma se lo storytelling lo riconduce a un percorso stradale che oggi riporta ad una arteria dalla viabilità molto trafficata e quindi con sensazioni di inquinamento acustico e ambientale, il "buon nome" perde stima. L'Aurelia effettivamente si chiama così perché fu voluta alla metà del terzo secolo A.C. dal Console Gaio Aurelio Cotta. Ma veniamo al visual dell'etichetta che presenta una illustrazione della Dea della Caccia, Diana, tratta da un’acquaforte del XIX secolo che a sua volta trova origine in un’opera del Buontalenti. Immagine bella e "plastica" (non in senso negativo in questo caso) a dare snellezza non solo all'etichetta ma anche, a livello pre-percettivo, al vino che si vuole comunicare (e logicamente vendere). Eleganza, storicità, bellezza, leggiadrìa sono gli elementi emozionali che emergono. A parte il riferimento alla strada statale, l'etichetta di Val delle Rose si riscatta dal punto di vista dell'immagine (mentre l'etichetta di Arianna Occhipinti con quella sigla "SP68" in primo piano conferma perplessità sull'efficacia della comunicazione).