Anisos, Blend di Bianchi, Eugenio Rosi.
Al contadino non far sapere... narra una vecchia filastrocca. Ma questo è il caso in cui il contadino, coltivatore, agricoltore, viticoltore "fa sapere" qualcosa di interessante a noi. Cioè utilizza parole colte per nominare il proprio vino. Come prodotto si tratta di un blend di vitigni a bacca bianca che nasce in Vallagarina, in Trentino. Terra di vino senza ombra di dubbio. Anzi, da quelle parti l'ombra diventa tipicamente proprio un calice di bianco, a tutte le ore, come una allegra merenda. Il blend di "Anisos", questo il nome, si compone in massima parte di Nosiola, con la partecipazione di Chardonnay e Pinot Bianco, tutti coltivati a quote alte, da 400 a 750 metri di altitudine. Tornando alla bottiglia di vino, nel fronte etichetta, le prime parole che si leggono (quelle in piccolo sotto all'illustrazione) sono "Anisos, vino disuguale." E infatti, andando ad esplorare la letteratura scopriamo che Hoepli dice: "Aniso-, primo elemento di parole composte di terminologie scientifiche che indica disuguaglianza: anisocoria, anisotropo". E Treccani conferma: "...dal gr. ἄνισος 'disuguale', comp. di ἀν- priv. e ἴσος 'uguale', primo elemento di parole composte della terminologia scientifica latina e italiana (come anisogamete, anisosillabico, ecc.) nelle quali indica disuguaglianza o dissomiglianza". Insomma un vino che non assomiglia a nessuno. Ambiziosa affermazione che può permettersi solo un vino "artigianale". E a quanto si evince dai racconti del produttore stesso e di chi ha assaggiato questo nettare di montagna, è proprio così. P.S: soprassediamo, per ora, sulle tre inquietanti figure fantasmiche in rosa che "abitano" l'etichetta: diciamo che si tratta di una scelta artistica e quindi, anch'essa, culturale.