"Il Vino Spumante “sCiarMat” è il prodotto più matto di Cascina Albano..." inizia così il testo di commento a questo vino, nel sito del produttore. Una follia, quindi. Che appare subito evidente al primo sguardo: il nome del vino "gigioneggia" con il termine francese "Charmat" (detto anche Metodo Martinotti), prendendo un po' in giro i cugini d'oltralpe ma alludendo anche a un presunto significato dialettale, infatti l'azienda a proposito del nome dice: "Il suo nome racconta la filosofia racchiusa in ogni bottiglia di sCiarMat, tradotto dal piemontese significa “questo chiaro matto”. Infatti è una bollicina chiara ed esplosiva, nata e cresciuta a Barbaresco, per questo capace di distinguersi da tutti gli altri spumanti Metodo Martinotti. Ed è proprio lui, il chiaro matto, dipinto in etichetta, che ci trasporta nel suo mondo surreale, dove le bollicine inebrianti, descritte dalla carta perlata, ed il profumo di fiori, raccontato dalla carta da gioco, ci avvolgono. Il leggero grado zuccherino, tradizionale di uno spumante extra dry, è rimarcato dal soffice gattino sopra il cappello. Il chiaro matto è un seduttore, capace di far innamorare chiunque lo assaggi". Folle il nome, folle la sua descrizione. Folleggiante anche l'immagine del prestigiatore/mago con l'asso di fiori (e il gatto sopra la testa). A proposito l'asso di fiori nei tarocchi simboleggia creatività e sensualità. Un vino spumante è perfetto in tutto questo.
Sfiziosa e Maliziosa, insomma: Besiosa
Besiosa, Malvasia Aromatica di Candia,
Azienda Agricola Crocizia.
Azienda Agricola Crocizia.
Un vino che si nota subito per il suo colore, quasi aranciato. E per il look della bottiglia. Tappo a corona (il vino è frizzantino), etichetta vistosa e nome... "Besiosa". Siamo in Emilia, vicino alla nota Langhirano (patria del nobile Culatello), dove il dialetto e la parlata locale risultano, subito e sempre, molto simpatici. Ed è in questo senso che va cercato il significato complessivo dell'etichetta in esame. Non a caso il produttore, nel proprio sito internet, dice, a proposito di questa Malvasia: "Pungente e 'besiosa' come solo le donne sanno essere". Nel visual, sia sul fronte che sul retro, l'immagine di una giovane donna con atteggiamento "capriccioso" conferma il concetto da comunicare. Insomma un vino frizzante, forse un po' insolente, sicuramente caratteriale. La scelta di caratterizzare l'etichetta con colori così forti viaggia nella direzione della visibilità a scaffale e della memorabilità. Con l'empatia che contraddistingue gli emiliani. Prova ne sia anche la scelta degli altri nomi dei vini di questa azienda: Otòbbor (Barbera), Znèstra (Malvasia), Sòl & Stèli (Sauvignon), Ciderpunk (sidro di mele).
Volano Farfalle Lunatiche: che Spettacolo!
Cosa si può dire di questa etichetta? Che è visionaria? Certamente che è creativa. Fantasiosa, artistica, allegorica, iconica e quant'altro. Insomma è davvero bella laddove un'etichetta ha anche il compito di far sognare. Ecco, sembra un sogno, un miraggio, una poesia. Le componenti sono la luna, richiamata anche dal nome del vino, "Lunatico", un folle ciclista d'un tempo che percorre il suolo lunare sulla sua sommità, e uno sciame di farfalle colorate (realizzate con inchiostri in rilievo) che si distacca, effettivamente nasce, da un fianco dell'astro d'argento. Sembra un film di Fellini, anche se non siamo in Romagna e nemmeno in Italia perché il produttore è spagnolo. Da notare che le farfalle, in un certo senso, proseguono il loro volo verso l'alto, riappaiono sul collarino della bottiglia e poi, immaginiamo, volano via nel cielo. Immaginare: perché è questo che un vino, e ancora prima la sua etichetta, deve far succedere. E quindi complimenti al designer.
Vento di Combattimento in Sardegna
Riak, Cannonau Rosé,
Tenute Gebelias.
Tenute Gebelias.
Le etichette di questo produttore di Lanusei (Sardegna) si distinguono per un look originale che presenta disegni con un tratto molto essenziale e nomi particolari scritti con un carattere insolito. Ma andiamo con ordine. Il packaging è semplice nella sua configurazione, sul fronte etichetta troviamo solo due elementi: l'illustrazione e il nome (anch'esso realizzato in stile "illustrativo"). La serie si chiama "le battaglie" e il produttore la commenta così, nel sito internet aziendale: "Abbiamo scelto l'idea di tre battaglie per esprimere la forza e il valore di questi prodotti... sono battaglie antiche, nuragiche, compiute per mare, per terra e per aria, così come appunto avveniva nell'antichità. Sono simboli della nostra terra, sono i famosi bronzetti con gli scudi (noti anche come guerrieri a 4 braccia e 4 occhi), le note navicelle nuragiche, i valorosi arcieri Shardana con frecce e archi. Sono stati ideati creando volutamente una geometria caotica ma allo stesso tempo fatta di segni semplici, puliti e moderni". Nel caso che raffiguriamo in questo post si vedono infatti degli arcieri contrapposti, di due colori diversi, i neri contro i rossi. Il vino in analisi è il Riak (gli altri due della serie "le battaglie" sono Amistral, un Vermentino, e Karam, un Cannonau in purezza). Il significato del nome "Riak" attinge alla lingua araba e sta per "vento". Ecco cosa dice in proposito il produttore: "I vigneti aziendali impiantanti sull’altopiano di Gebelias sono protetti naturalmente dalle sferzate dei venti di maestrale e di tramontana; sferzate che altrimenti colpirebbero i ceppi come frecce saettanti; solo a quelli di ostro e scirocco, che arrivano direttamente dal mare, è permesso soffiare delicatamente tra i filari per favorire la fioritura; il Cannonau, varietà coltivata da millenni in Sardegna, riesce così a produrre al meglio, regalandoci “Riak”, emblema della Sardegna, che in arabo significa vento e che dal vento sembra quasi prendere l’anima". Da notare infine la modalità di scrittura del nome, non molto leggibile a dire il vero, in favore di una ostentata creatività quasi pittorica, forse non indispensabile.
La Teoria della Scimmia Ubriaca
Major Kong, Syrah, Payten & Jones.
Le etichette di questo produttore australiano hanno attirato la nostra attenzione come, ne siamo certi, attireranno l'occhio di innumerevoli avventori da scaffale o da enoteca. Potremmo definirle "visionarie", anche perché probabilmente sono il frutto artistico di qualche "stato di coscienza alterato", come il buon Marco Margnelli andava studiando ed erudendo. E non stiamo parlando solo di stupefacenti, logicamente. Certo che lo scimpanzè evidentemente ubriaco e fumante (non si sa cosa) porta la dimensione concettuale verso lidi allegorici ed "evasivi". Complice anche quella pioggia di botti paracadutate che attorniano il primate. Ma le osservazioni non finiscono qui. Il tratto dell'illustrazione è fumettistico, ben realizzato da mano esperta e ludica, il carattere di scrittura dei testi a lato del disegno è modernista, dinamico, concettuale anch'esso (da macchina da scrivere, per intenderci). Nel testo scorgiamo alcune "stranezze" creative: "Planet of the Grapes" e ancora "Wild Bunches & Drunken Monkeys" a conferma del clima generale della proposta comunicativa. E infine anche nelle note tecniche non ci si accontenta di essere normali: "Contains approx 7.7 standard drinks" ad indicare il numero di calici mescibili dalla bottiglia. Non c'è che dire: un packaging devvero insolito e bizzarro, ma concepito con intelligenza. Prova ne sia la filosofia, molto particolare, che nasce "dalla teoria della scimmia ubriaca" che il produttore descrive qui, con molta ironia. Chapeau! P.S.: anche altre etichette del medesimo produttore sono interessanti, come quella del Sangiovese (australiano, biensüre) che si chiama Leuconoe. Ma questa è tutta un'altra storia...
Semplicità Aristocratica in Mosella
Der Graf, Riesling Renano (Mosella), Philip Lardot.
A volte basta poco (ma nel meno c'è il più, come molte volte affermato in queste pagine). Sembra proprio essere il caso di questo Riesling della Mosella (che dagli esperti viene definito Naturale, Organico, Biodinamico, insomma quella tipologia di vini). Il nome del vino è "der Graf" che in tedesco significa il Conte. E infatti l'unica immagine che si staglia nero su bianco in etichetta è quella di un viso aristocratico, senza percepibili contorni facciali ma con un cilindro imponente sulla testa. Lo stile, sia pure proponendo un disegno classico, è insolito. E anche giocoso, nonostante il Conte ci osservi così serioso attraverso il suo monocolo. I baffoni d'epoca, in questo caso aiutano. Quindi un fronte-etichetta che propone solo due elementi: il nome del vino e un piccolo disegno al tratto. Concettualmente sinergici e di forte impatto. Ma forse c'è dell'altro. Sembra infatti che le vigne dalle quali proviene l'uva che serve a produrre questo vino siano (in inglese) "ungrafted", cioè a Piede Franco, non innestate su Piede Americano, insomma. Cioè viti prefilossera (Phillossera Vastatrix, un esserino malevolo e ingordo che si mangiava le radici della vite e la vita dei viticoltori, il secolo scorso). Da "ungrafted" a "der Graf" il passo non è breve ma foneticamente comprensibilie, sia pure con un salto linguistico tra inglese e tedesco. Il gioco potrebbe essere plausibile. Ma è solo un affascinante esercizio di ginnastica semantica.
Testi Simpatici, Grafica Rivedibile
Questa azienda abruzzese che non spicca in modo particolare per il packaging dei propri vini, risolve invece con simpatia e creatività i testi del fronte etichetta. Si tratta di un caso molto raro, ad esempio, quello del "Malandrino", che riporta sotto al nome del vino una accurata spiegazione dell'etimo e della semantica di questo naming. Molto bene: il nome viene rafforzato dalla spiegazione che serve anche come memorizzazione e "fase empatica" con il potenziale o abituale cliente. Il Malandrino è un vino icona dell'azienda, prodotto con uve Montepulciano d'Abruzzo così come il "Piè delle Vigne", cerasuolo, quindi con una modalità produttiva diversa che punta ad ottenere un vino più "fresco e nervoso" e quindi dotato di maggiore bevibilità. Curioso anche in questo caso l'utilizzo del fronte etichetta dove troviamo una descrizione della modalità produttiva del vino, descrizione divisa in fasi (lettere). L'etichetta che abbiamo trovato in rete non si legge completamente ma tra le frasi presenti ci piace segnalare alla lettera f.: bevuta: sensazione trans. (ognuno interpreti come vuole o riesce) e quindi g.: come le sue origini (idem come sopra) e infine alla lettera h. una citazione di Aristotele: "la virtù è sempre nel mezzo". Insomma, filosofia (e ironia) a piene mani.
Brad Pitt e i Suoi Fratelli
Pitti, Blend di Rossi, Weingut Pittnauer.
Non si tratta di un omaggio al celeberrimo Palazzo Pitti di Firenze, oggi scrigno di opere d'arte, all'epoca palazzo fatto edificare da Luca Pitti, in competizione con altre famiglie nobili fiorentine e successivamente ceduto ai Medici. Si tratta qui del cognome del titolare di una azienda vinicola austriaca del Burgerland. Ma non si può certo escludere che qualcuno, nel mondo, digitando "Pitti" in Google, e cercando il famoso palazzo, possa capitare nell'elenco di immagini che comprendono l'etichetta di questo rosso a base di Zweigelt, Baufränkisch e Merlot. L'azienda Pittnauer ama giocare con le etichette, siaper le immagini sia, e soprattutto, col proprio cognome. Nella gamma troviamo, come altro esempio, anche un RedPitt che naturalmente non ha nulla da spartire con il la RedBull o con il PittBull razza di cani mordaci o ancora col noto attore Brad Pitt (che all'anagrafe fa William Bradley Pitt) anche se il collegamento fonetico è tutt'altro che improbabile. Insomma, volute o non volute le allusioni ci sono. E anche se per gioco, qualche elemento di curiosità e di ricerca in più, lo potrebbero portare.
Etichetta con Fiori (Italiani, Tedeschi e Inglesi)
Chiariamo innanzitutto che "dietro" a questo marchio altoatesino (l'azienda si chiama Von Blumen e sotto a questo nome si legge anche "Kellerei in Südtirol" in tedesco) c'è una azienda agricola italianissima, che si chiama Roeno, di proprietà della famiglia Fugatti con sede a Brentino Belluno (Verona). Quindi una cantina italiana che per differenziare ls propria offerta crea un marchio altoatesino e naturalmente coltiva le uve e produce proprio in Alto Adige i vini di questa linea "di montagna". Passando all'etichetta vera e propria qui in visione e analisi scopriamo non senza qualche esitazione (dovuta ai soliti problemi di leggibilità del carattere di scrittura) che il nome del vino è "Flowers", fiori in inglese (mentre Von Blumen sarebbe "di fiori" ma in tedesco). Un fiore (sembrerebbe una stella alpina) è stato collocato anche nel logo aziendale (visibile alla base dell'etichetta). Fiori molto stilizzati, diciamo artistici, a tutto campo anche nella parte centrale dell'etichetta. Sembrano delle macchie di inchiostro da vicino, ma da lontano potrebbero ricordare dei fiori, in effetti. Il colpo d'occhio è forte, grazie soprattutto allo sfondo giallo che crea uno stacco molto attenzionale. Cosa racconta di sé l'azienda? Ecco una breve descrizione che riguarda proprio il nome di linea "Flowers": "...è il nome scelto per rappresentare le massime selezioni del progetto Von Blumen. Sotto il nome di Flowers si troveranno dunque le tipologie che in un determinato millesimo ci hanno permesso di isolare, nei nostri vigneti, alcune piccole parcelle straordinarie che hanno poi seguito un affinamento differente e prolungato. Altrettanto diverse si presenteranno l’etichetta e la bottiglia, al fine di creare un preciso tratto distintivo e altresì complementare con i vini della linea Von Blumen classica". In sintesi l'etichetta convince nella parte superiore, dove uno stile da arte contemporanea propone una estemporanea fioritura, convince meno nella parte inferiore, a sfondo bianco dove la grafica appare approssimativa.
Oche, Monache, Galli e Fantasia.
L'oca guardiana che dorme beata, Pallagrello Bianco, Aia delle monache.
Cosa dire? A parte il fatto che il concetto di "oca guardiana" è molto bello (Oche del Campidoglio, annessi e connessi). Ma qui siamo di fronte a un cambio di marcia totale. Forse si tratta di un cambio automatico rivoluzionario. Evolutivi i nomi, stravolgenti i colori, intelligente il concept che tratta di vedere attraverso una rete (ritratta graficamente sulle etichette) le scene di vita campestri nei pressi dell'azienda vitivinicola in questione. Abbiamo preso come esempio il nome di questo Pallagrello Bianco che si chiama proprio così: "L'oca guardiana che dorme beata". Un racconto, una poesia, una storia in 5 parole. Certo non è un nome propriamente detto, si tratta di una frase, ma tanto basta, e avanza, per generare attenzione e simpatia. Ci piace anche citare il rational dell'agenzia di packaging che ha creato le etichette: "Aia delle Monache è un’azienda vitivinicola della provincia di Caserta. Nell’aia, aldilà della rete, si intravedono scene di vita quotidiana, brevi racconti che disegnano momenti e solleticano l’immaginazione. C’è l’oca, il gallo, c’è la cura e la soddisfazione con cui Radegonda porta avanti il lavoro della terra e ne raccoglie i frutti. Questo progetto di identità visiva ha la pretesa di rompere i classici schemi di comunicazione del prodotto vino, di attirare curiosità e attenzione verso una realtà che muove così i suoi primi passi". Non resta molto da dire se non segnalare gli altri nomi della gamma: "Il gallo di fretta canta all'alba lontana" (vitigno autoctono Casavecchia) e "L'ombra calma della quercia" (Pallagrello Nero). E cosa dire del nome del'azienda? Aia delle Monache, c'è tutto un mondo anche in queste tre parole.
Geografia di un Nome, Mappe alla Mano
È dotato di indubbia fantasia geografica questo nome scelto dal produttore per il proprio Etna Rosso (Nerello Mascalese e Cappuccio). Ebbene la storia va spiegata: la Tenuta di Castellaro ha sede a Lipari, nell'arcipelago delle Eolie a Nord-Est della Sicilia, costituito da 7 isole principali (più qualche altro scoglio sparso qua e là). Va da sé che "l'Ottava Isola" è la Sicilia stessa, oppure, in modo ancora più poetico e dettagliato, si tratta di quel "world apart" che sono le pendici dell'Etna, con il loro clima e terreni particolari. L'etichetta è molto grafica: presenta un grande 8 tipografico colorato ad aree con toni forti e quindi impattanti. Etichetta moderna per l'uso comune che viene adottto in questo periodo nella zona dell'Etna dalla gran parte delle realtà vinicole operati. Certamente di rottura, sia per quanto riguarda il nome sia per quanto riguarda il packaging. Da notare anche la caratterizzazione della bottiglia, che in prossimità del collo presenta un altorilievo in vetro che rappresenta "i Vigneri", marchio che nel sito dedicato viene spiegato così: "A Catania nel 1435 viene costituita la "Maestranza dei Vigneri". Questa importante associazione di viticoltori, operante sull'Etna, creò la basi per una professionalità vitivinicola di cui protagonisti erano gli stessi produttori-viticoltori. Dopo 500 anni, "i Vigneri" è una realtà operante sull'Etna ed in Sicilia orientale. I Vigneri è oggi il nome dell'azienda vitivinicola di Salvo Foti e di un gruppo di viticoltori autoctoni etnei, veri professionisti della vigna".
Bere Sotto la Pergola: Poesia di un Nome
Bersò, Barbera Colli Tortonesi,
La Corte Solidale.
La Corte Solidale.
Questa etichetta dallo stile misto, dove è identificabile almeno un pizzico di art-decò, si fa certo notare per una propria originalità. Sarà quel modo di scrivere il nome, sarà l'illustrazione in alto che raffigura una vite in modo allegorico, tra l'arabescante e l'arte contemporanea. Di fatto si distingue. Altra scelta particolare, che fa parte della grafica, quella di spiegare il nome del vino direttamente sul fronte dell'etichetta. Riportiamo quelle parole qui nel testo perché forse sono poco leggibili (abbiamo reperito in rete una immagine poco dettagliata, ma non ce ne sono altre): "Bersò... dal francese 'berceau', ovvero pergola, corrisponde a un antico metodo di coltivazione della vite; con ogni probabilità il termine ha dato origine al toponimo Berzano (Berzano di Tortona è dove ha sede l'azienda). Però 'berceau' vuol dire anche 'culla'; ci piace immaginare il nostro vino collegato a un'idea di culla di una nuova civiltà fondata sulle relazioni". Ed ecco quindi servita comodamente la spiegazione del nome, laddove non accade spesso: di solito il rational di un nome di un vino va cercato nei meandri dei siti internet dei produttori, molto spesso non si trova spiegazione alcuna o ci si deve accontentare di carpirla a voce nel corso di qualche incontro-degustazione. "Bersò" tra l'altro suona bene, è breve e memorabile grazie anche al fatto che può ricordare il "bere", come a dire: "so bere". Complimenti ai creatori (facendo finta di non aver visto quella foglia-logo con dentro l'immagine del cascinale).
Nonno Barolo e Bimba Pulcino.
Ecco un altro caso di etichetta "infantile", nel senso più puro e innocente del termine, cioè elaborata a partire da un disegno di una bambina molto piccola. La storia è semplice: Nadia Cogno e Valter Fissore nel 1991 decidono di piantare una nuova vigna, in concomitanza con la nascita della loro figlia Elena. La vigna e il vino che ne deriva vengono chiamati con il nome della piccola. "È il vigneto della rinascita, simbolo di un nuovo inizio" dice il produttore nel sito internet aziendale, dove si legge anche che: "L’eccellenza del Barolo Vigna Elena è testimoniata dalla scelta dell’etichetta: la figlia Elena ne è stata la piccola autrice, disegnando a tre anni per mamma Nadia e papà Valter un pulcino, divenuto da quel momento il simbolo del vino". Ed è questo il punto: siamo di fronte a un Barolo di grande levatura, tra l'altro prodotto solo nelle migliori annate, "un vino per i puristi del Barolo" precisa l'azienda. Tornando all'etichetta, è chiaro che la prosopopea del Barolo viene decisamente sminuita dal disegno del pulcino, dai tratti, appunto, fanciulleschi. Sono scelte, abbastanza estreme, dettate certo dall'amore filiale e non dal marketing o dai manuali di packaging design. Anche per quanto riguarda il nome, "Vigna Elena", nessun riferimento storico, culturale, tradizionale, toponomastico, bensì il nome di una bimba, certo nome celebre e risonante. Un omaggio famigliare che disdegna la sontuosità di certi Cru che evocano i "bric" più "altolocati" delle Langhe. Soggettivamente non siamo molto convinti da queste scelte, ma è il titolare del vino che decide e il mercato che eventualmente deve confermare.
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