Ecco un altro caso di etichetta "infantile", nel senso più puro e innocente del termine, cioè elaborata a partire da un disegno di una bambina molto piccola. La storia è semplice: Nadia Cogno e Valter Fissore nel 1991 decidono di piantare una nuova vigna, in concomitanza con la nascita della loro figlia Elena. La vigna e il vino che ne deriva vengono chiamati con il nome della piccola. "È il vigneto della rinascita, simbolo di un nuovo inizio" dice il produttore nel sito internet aziendale, dove si legge anche che: "L’eccellenza del Barolo Vigna Elena è testimoniata dalla scelta dell’etichetta: la figlia Elena ne è stata la piccola autrice, disegnando a tre anni per mamma Nadia e papà Valter un pulcino, divenuto da quel momento il simbolo del vino". Ed è questo il punto: siamo di fronte a un Barolo di grande levatura, tra l'altro prodotto solo nelle migliori annate, "un vino per i puristi del Barolo" precisa l'azienda. Tornando all'etichetta, è chiaro che la prosopopea del Barolo viene decisamente sminuita dal disegno del pulcino, dai tratti, appunto, fanciulleschi. Sono scelte, abbastanza estreme, dettate certo dall'amore filiale e non dal marketing o dai manuali di packaging design. Anche per quanto riguarda il nome, "Vigna Elena", nessun riferimento storico, culturale, tradizionale, toponomastico, bensì il nome di una bimba, certo nome celebre e risonante. Un omaggio famigliare che disdegna la sontuosità di certi Cru che evocano i "bric" più "altolocati" delle Langhe. Soggettivamente non siamo molto convinti da queste scelte, ma è il titolare del vino che decide e il mercato che eventualmente deve confermare.