L'ultimo nato dell'azienda agricola Pozzo non disdegna l'utilizzo del dialetto, come spesso accade soprattutto in Piemonte, per rappresentare se stesso. Il nome del vino è "Barùss", come dire "strano", "diverso", "balosso" direbbero in provincia di Como, tanto variegata è l'Italia dei dialetti locali. Strano forse perché si tratta di un rosato molto colorito che nasce da vitigni molto corposi e perché in effetti è abbastanza insolito, come tipologia, nel panorama enologico italiano. Visto il nome, consideriamo un attimo il design dell'etichetta. Moderna, diversa dal classico, impattante, "colorita" come il vino che rappresenta. Qualche miglioria potrebbe essere valutata: il nome dell'azienda, Pozzo, in alto, è grande come il nome del vino e porta via attenzione a quest'ultimo. Meglio bilanciare i "pesi" ottici. Inoltre, così formulato, potrebbe sembrare un nome consequenziale: "Pozzo Barùss", quasi che pozzo possa rivelare una caratteristica del luogo (denotando la presenza di un pozzo, appunto). I segni rossi sotto al nome sembrano tracciati da un rossetto. Li interpretiamo come arte moderna. Attirano l'attenzione ma non sono autonomi in senso di concept, percezione e storytelling. Infine, notiamo la scritta "Imbottigliato da Pozzo Elisa", dove l'inversione cognome/nome non sarebbe accettabile. L'etichetta presenta comunque elementi di spicco e si fa notare. E questo, per ora, può bastare.