L’azienda in questione è una cooperativa con molti soci conferitori. Tutto parte dai Gesuiti nel 1642, quando un drappello di 7 frati si stanzia in Contrada Valdibella, Camporeale, Sicilia Occidentale, nell’entroterra alle spalle di Palermo. Gli ecumenici organizzano una fiorente azienda agricola che si può ben considerare l’antesignana, anche per metodo e finalità, dell’attuale cooperativa. Oggi con agricoltura biologica, per quanto riguarda il vino l’azienda coltiva i vitigni autoctoni più noti, come questo Nero d’Avola in purezza. L’etichetta ruota attorno al nome di questo vino, molto bello, molto evocativo, riportato in alto con caratteri molto intelleggibili. Scrive il produttore nel proprio sito internet: “Il Nero d’Avola che usiamo per il Respiro proviene da un unico vigneto esposto a Sud, del nostro socio Pietro Scardino. Il suo valore aggiunto consiste nell’assenza di solfiti aggiunti che insieme alla fermentazione naturale valorizzano al massimo le caratteristiche varietali e di un territorio mantenuto il più possibile nella sua integrità. Ecco perché è stato chiamato così: niente di più vitale come il respiro”. Tutto torna. Il respiro della natura, il respiro del vino “vivo” che fermenta con i propri lieviti, il respiro del territorio, della cultura e della storia di questa regione. Il resto (del packaging) è un fondo variegato color mattone, puramente decorativo. Con le normali diciture di legge. Ma il nome, in questo caso, fa tutto.