Pluminus, Vermentino e Chardonnay, Ferruccio Deiana.
Prendiamo questa etichetta di un noto e stimato produttore sardo per proporre un esempio di "comunicazione di confusione". Osservando in prima battuta (e anche osservandola meglio, con calma) la grafica di questa etichetta si ha una sensazione di smarrimento generale. Gli elementi, dominati dal grande sole giallo al centro, disorientano. Il nome innanzitutto non è facilmente leggibile (sembrerebbe semplice: oro su giallo non si legge, come se pretendessimo leggibilità da marrone su nero, o da ocra su marrone, e via dicendo) e questo disturba subito la percezione, la fruizione, il piacere di guardare l'etichetta, che tutto sommato è la faccia del vino che stiamo per gustare. E' come se il viso di una persona con la quale vogliamo parlare avesse gli occhi chiusi... o la bocca storta o il naso colante... il nostro approccio sarebbe problematico. La "faccia" di questo vino è quindi poco interpretabile a partire da nome (anche come significato, forse riconducibile al latino Plus Minus che significa "così cosà", chilosà). Sullo sfondo la traccia (anch'essa poco intelleggibile) del perimetro della Sardegna. Cornici dorate a linea continua e tratteggiate delimitano gli elementi su sfondo nero, tra i quali un enigmatico marchio rosseggiante con una D e una F inserite in un ovale verticale. Come già detto, a parte il sole raggiante, unico elemento di spicco e graficamente sensato e gradevole (ma rovinato dalla disposizione e dalla cromìa degli altri elementi) siamo di fronte ad un classico esempio di etichetta "nè carne, né pesce", anche se il vino in questione, molto apprezzatto da schiere di intenditori, con il pesce ci va a nozze!