In dialetto del nord, dal Piemonte alla Lombardia, forse fino al Veneto, il modo di dire "te sèt pròpi un menelìc!" si indirizza a un ragazzino particolarmente sveglio e birbante. Ma da dove origina questo nome così particolare? Probabilmente attinge dalla storia del "negus" Menelik II d'Etiopia, e dalla "Lingua di Menelicche" che in conseguenza all'atteggiamento beffardo del ras etiopico, in un certo senso, prese il suo nome. La Lingua di Menelicche è quella trombetta retrattile molto colorata che si usa a carnevale per schernire amici e passanti. Simpatico il nome, suona e scorre bene, originale, troncato ma non trasmette percezioni esterofile, piuttosto sensazioni di derivazione dialettale, appunto. Il produttore Emanuele Rolfo, decide di utilizzarlo per tre dei suoi prodotti: l'Arneis "base", l'Arneis "cru" e lo spumantizzato. L'etichetta meglio riuscita è quella azzurra (se non fosse per il colore che, come di consueto su questo blog, viene ritenuto criticabile): difetta forse nel carattere di scrittura del nome, piuttosto "vecchio" e non chiaramente leggibile. Il design si presenta "leggero", lineare, pulito, con un interessante "taglio" che rompe la staticità dell'etichetta e regala dinamismo agli occhi. Nella seconda etichetta proposta qui in visione, quella in alto a destra, vediamo un enigmatico "bollo" rotondo centrale con delle sigle delle quali non comprendiamo l'utilizzo, visto che il logo aziendale dovrebbe essere quello alla base, "Emanuele Rolfo" in caratteri loghizzati. Inesattezze che non compromettono certo la qualità del vino e il buon nome del produttore, ma che, una volta risolte, potrebbero agevolare l'azienda nella comunicazione, percezione, consolidamento d'immagine dei vini prodotti e commercializzati.