Se ne vedono tante nel mondo del vino che ci si abitua a tutto. Certo, questa non è una delle etichette più belle tra quelle che abbiamo analizzato anche perché... il nome non c'è! Il fatto è che questo vino un nome ce l'ha, ed è anche molto significativo. In pratica, nel sito internet del produttore e, crediamo, sui suoi cataloghi on e off line, questo Dolcetto di Ovada viene chiamato Carasöi. Non vi è dubbio su questo, tant'è che il produttore dedica un paragrafo intero nelle sue pagine web (tra l'altro si tratta del vino "di punta" di questa casa vinicola), alla spiegazione delle origini del naming. Vediamo cosa dice: "Il nome “Carasöi” deriva dal dialetto ovadese e ricorda una delle tradizionali operazioni che i saggi contadini eseguivano in vigneto. Infatti, quando tutti i pali dei vigneti erano in legno, dopo la potatura, a cavallo tra l’inverno e la primavera (ancora oggi nei vigneti storici eseguiamo quest’operazione, che prevede la sostituzione dei pali che con il tempo si deteriorano) i pali che ne avevano bisogno, venivano sfilati dal terreno e la parte basale, sempre a contatto con il terreno e l’umidità, veniva tagliata via e utilizzata poi come legna da ardere. Alla parte superiore veniva invece rifatta la punta e il palo veniva ripiantato. Quest’operazione viene chiamata “ancarasè” e i monconi di palo che venivano tagliati via si chiamavano proprio “carasöi”. E a chiusura di questo "angolo di storia contadina" il produttore ribadisce: "E proprio perché questo vino racchiude in se stesso la storia e la tradizione del nostro territorio, abbiamo deciso di dargli questo nome". Però, guardando l'etichetta sembra quasi che il nome sia "Superiore", piuttosto che quello di cui abbiamo parlato e che il produttore ha deciso di attribuire, in teoria, al proprio vino. Forse “Carasöi” è scritto sul retro dell'etichetta della quale non abbiamo documentazione fotografica, ma che senso avrebbe? Da notare anche quella frase sotto alla foto del vignaiolo in etichetta che recita "Garanzia di un grande vino", piuttosto generica e poco sostanziale dal punto di vista semantico. Altra e ultima stranezza: il logo aziendale, riportato qui in alto a destra, è interessante, arcaico ma attenzionale. Ma anche di questo nell'etichetta non vi è traccia. Morale? Anche nel comunicare il vino, come per la vigna, servono dei pali ben piantati.