Non si tratta di un vino pregiato, anche perché ottenuto dal "plebeo" Trebbiano: diciamo che è un vino "di mercato". Ma il produttore ha trovato la strada giusta per attribuirgli un nome interessante e un'etichetta onorevole. Vediamo il nome: "Cuor di Vino". Nella sua banalità (quante volte avremo sentito giochi di parole con Vino-Divino et similia!) questo nome si esprime con simpatia (grazie anche al carattere di scrittura, non molto leggibile ma allegro e allegorico) e va dritto al punto: cioè dire (al di là dei possibili giochi di parole fugati, in questo caso, dal "di" distinto e separato da "vino") che dentro a questa bottiglia c'è il cuore del vino cioè il meglio, la summa, la selezione. E quindi anche se il vino non appartiene agli strati nobili del settore, la sensazione che vuole trasmettere è nobilitante. L'etichetta si difende bene anche per il design: equilibrato, pulito, e soprattutto abbastanza originale per la scelta cromatica: nero abbinato al turchese. Il risultato è una grafica elegante ma non stopposa, con simpatia e immediatezza: buon karma, insomma. A dimostrazione che anche un Trebbiano di Puglia può accedere alla tavola a collo (di bottiglia) alto.