Shiarà, Catarratto, Castellucci Miano.
Si tratta di un caso abbastanza comune di trasformazione di nome di luogo in nome di vino. E mentre l'annosa questione di come si scrive il nome del vitigno Shiraz (Syrah, Sirà, etc.), in questo caso Shiarà nulla c'entra anche perché il vitigno in questione è bianco ed è esattamente il Catarratto. Il nome di questo vino che nasce a quote alte (da 800 a 1000 mt s.l.m.) sulle Madonie, alle spalle di Palermo, in Sicilia, deriva dal nome della zona, della collina vinicola locale che si chiama "Sciarazzi". Ne deriva una specie di forma dialettale troncata, che somiglia molto a certe accezioni arabe che in Sicilia ancora albergano nelle locuzioni enogastronomiche anche di uso quotidiano. Ed ecco che, grazie anche all'ottima fonetica, alla brevità, al "fascino" del suffisso "sh" che rende il tutto un po' magico e fiabesco, oltre che vagamente internazionale, nasce un nome che è in grado di essere tale a tutti gli effetti, come memorabilità e carisma. Della grafica in etichetta si può dire che: sullo sfondo scuro, antracite, risalta molto bene il nome in carminio. E che in generale questa etichetta si può definire elegante. Migliorabile la leggibilità (ora in inchiostro argento fin troppo specchiante) del logo in alto, che risulta comunque di ottima realizzazione e sintesi (CM, iniziali del nome aziendale e grappolo stilizzato sotto al nome stesso). Aggiungiamo che il vino, commercializzato in soli 13 mila esemplari, viene ritenuto, dalla comunità di esperti assaggiatori, una delle eccellenze siciliane.