Il Vino che Non C'è

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San Giusto, Cabernet Franc (questa volta), Vigneti Poggiofoco.

Il nome di questo vino non è nulla di speciale, nel senso che nell'Italia clericale di nomi che inneggiano a santi ce ne sono molti. Tanti quante sono le chiese e le cappelle votive. E' invece la dicitura posta in etichetta proprio sotto al nome, che ci ha incuriosito, cioè "Il vino che non c'è". L'azienda in questione, sita in Toscana ed esattamente in Maremma, lavora a regime biologico e con una propria filosofia tutta imperniata sul naturale, nel rispetto di uomo e ambiente. Il produttore ha deciso per questo vino di utilizzare ogni volta un vitigno diverso: questo è il punto saliente. Ad ogni stagione, ad ogni vendemmia, viene scelto un tipo di uva da utilizzare che sarà quindi ogni anno diverso. Originale come iniziativa, a volte utile, per ovviare a qualche capriccio del meteo.
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Originale sottolinearlo in etichetta con un misto di ironia e mistero. In questo caso, noi abbiamo preso ad esempio l'annata 2010, quando il vino è stato prodotto con il vitigno Cabernet Franc. La grafica dell'etichetta (packaging design per gli americani) è ugualmente originale, a metà tra l'arte contemporanea, la decorazione murale e i fantasiosi costumi del Cirque du Soleil. Nel complesso tra il visual e i testi utilizzati, questa bottiglia, anche se non è definibile come elegante o come "classica", sicuramente guadagna in visibilità e in simpatia. Due fattori universalmente validi: il primo sullo scaffale e il secondo con gli amici a tavola.