L'antologia dell'eros è ampia e variegata. Difficile anche inquadrare questo concetto in una definizione. Proviamoci con Treccani: "dal greco ἔρως nome del dio dell’amore (che i Greci impersonarono in Eros, figlio di Afrodite), usato anche come nome comune per indicare sempre il desiderio, l’istinto sessuale, con riferimento alle concezioni che di esso ebbero gli antichi. Eros si contrappone a Thanatos". Si tratta di un'etichetta molto "ottica", con un croma incisivo, quasi invadente (arancione forte). La grafica è semplice, immediata: il nome del vino (Eros) in alto, brevi specifiche in basso (vitigno e agricoltura biodinamica), nome del produttore alla base. Al centro troviamo una sinergia con il nome: linee sinuose che possono ricordare parti del corpo femminile. Sorge spontanea una citazione: "...vorrei sentire i tuoi seni accendersi poi, come due piccoli vulcani, sentirli sotto le mie mani e scivolare poi sul pendio quello dolce che hai..." (Eros Ramazzotti, Fuoco nel Fuoco). Certo le due linee tracciate al centro dell'etichetta possono essere delle colline, quelle toscane attorno alla proprietà che produce questo vino, ma il nome porta con sé allusioni e quindi si tratta solo di riuscire a immaginare di quale parte del corpo si tratta. E quando si stimola la fantasia, il ricordo è sempre più incisivo.