Fledermaus, Blend di Bianchi, 2naturkinder.
Animaletti Naturali in Franconia
Green to the Extreme (Come Dicono Loro)
Purato, Catarratto e Pinot Grigio, Santa Tresa.
Fuga dalla Realtà in Terre Siciliane
Fuitina, Catarratto, Az. Agr. Bertolino.
Gnomi Furtivi in Valpolicella
Barabao, Garganega, Cà dei Maghi.
“Barabao” ha tutta l’aria di essere il nome dello gnomo accigliato che appare in etichetta, oltre ad essere il nome del vino, naturalmente. Certo che quella presenza un po’ ostile (forse ha paura che gli venga rubato il vino che tiene nella sua cantina) non è confortevole. Sia pure nella misura in cui, subito dopo un velo di preoccupazione subentra la simpatia di questo packaging. Tratti puliti, fiabeschi, grazie a uno stile illustrativo da narrazione, accompagnati da una scritta in corsivo: “Una casa sulla collina di Fumane, le scintille che escono dal comignolo e la polenta scompare dalla griglia. “Ci sono i Maghi”, si diceva in paese”. Insomma, il nano-mago ha pure molta fame e si diverte a fare gli scherzi, e quindi il ladruncolo è lui. La storiella coinvolge, genera allegria, a partire proprio dal nome, onomatopeico, ove “Barabao” diventa una specie di formula magica, foneticamente simpatica e ridondante. Proporre gnomi e folletti in etichetta non è certo originale, se ne vedono tanti, ma la modalità, anche grafica, di questo racconto rende il tutto plausibile.
Latte e Vino per uno Storytelling Coinvolgente
Navigabile, Nerello Mascalese
Omaggio a Warhol in Touraine
So What!, Terret, Domaine Le Briesau.
Questa piccola e diciamo pure giovane cantina francese (nata nel 2009) ha preso in prestito, per questo vino, un famoso refrain caro ad Andy Warhol: “So What!”. Un nome originale per un vino. Che potrebbe far pensare a molte cose insieme. Più di un nome, molto più di due parole: si tratta di uno stile di vita, di una filosofia tutt’altro che spicciola, di una apparente superficialità che scava invece in profondità. Di certo non per tutti, così come non erano per tutti le bravate artistiche del Warhol dei tempi migliori. Il punto esclamativo rosso afferma, sottolinea, sancisce, rafforza. Traducibile in italiano con un intercalare tipo “E allora?”, può essere ulteriormente dispiegato in “Chi se ne importa!”, del parere degli altri, del destino, dei fatti della vita, del semaforo rosso (ma anche di quello verde), del bello e del brutto, delle miserie ma anche delle nobiltà del mondo. Un forma di autodifesa psicologica che l’instabile Andy aveva progettato per sé e consigliato agli altri. Sull’etichetta di questo “petillant” vediamo il disegno di una coppia, lui e lei, in confidente atteggiamento, forse lui corteggiante, lei con il calice in mano a sancire il ruolo del vino come frangente introspettivo più che elemento oggettivo. Un invito a sorbire (non a subire) quello che il Grande Sceneggiatore ci propone (e quel che ci propina) senza fare un plissè, con olimpica compiacenza e suadente complicità. Ovunque e comunque. Un “chissenefrega” cosmico elevato a principio e fine di ogni esistenza libera e felice, accompagnata da una sana inconsapevolezza del vivere.
La Follia Coraggiosa è Contagiosa
Ma Petite République, Merlot e CabFranc, Paul Carille.
Se non sono matti non li vogliamo. O meglio: il vino buono lo producono i folli. Accezione portata in auge dalla Apple di Steve Jobs in un celebre spot televisivo. Ed eccone uno di quelli, francese, che esercita le sue pazzie vinicole nella zona di Bordeaux e precisamente a Saint Michel de Fronsac. Ma l’estro creativo si vede anche nel packaging anzi, si vede prima proprio nell’etichetta. Innanzitutto questo vignaiolo (piccola produzione, solo 0,4 ha di vigna per questo vino) ha chiamato la propria azienda (e il vino, 50% Merlot e 50% Cabernet Franc) “Ma petite république”, proclamando la sua piccola e personale repubblica proprio lì, in quella vigna. Il nome è grandioso, altro che piccolo. Si percepiscono, in ordine sparso, appartenenza, orgoglio, padronanza della materia, storia, tradizione, competenza e al tempo stesso quella umiltà contadina di chi sa di fare le cose per bene. E il visual dell’etichetta? Originale, sorprendente, trasgressivo ma elegante: i colori della bandiera francese, riuniti in cerchio nella modalità tipica delle insegne dell’aeronautica, sconfinano dal rosso, il colore esterno, con delle sagome che rappresentano il lavoro e il territorio: un cavallo, un calice, una chiesa, delle croci (la piccola vigna è in paese, proprio tra la chiesa e il suo cimitero e la scuola pubblica e il municipio). Genial Monsieur Carille! P.S.: ci scusiamo per la qualità non eccelsa della foto, ma questo vino è davvero una rarità e non si trovano molte documentazioni fotografiche in merito.
La Quadratura dell’Ovale
Picchio Rosso, Vino Novello,
La maggior parte delle etichette di vini sono rettangolari o quadrate. Raramente se ne vedono di ovali o rotonde. Incide forse una maggiore difficoltà di centratura sul vetro della bottiglia (ma oggi le macchine appositamente progettate possono fare un ottimo e preciso lavoro). Forse è perché le etichette rotonde offrono meno spazio utilizzabile. Però anche questo fatto non è plausibile. Ma veniamo al nostro “Picchio Rosso” e alla sua etichetta (ovale) raffigurata qui a sinistra. Sono invece frequenti le etichette che mostrano animali, soprattutto illustrati, come in questo caso. Il picchio è volatile in generale simpatico. Dedito ad affilarsi il becco sul legname o ad estrarre pinoli dalle pigne, in questa specifica scena boschiva. Il vino è di quello “novello”, l’etichetta gradevole, senza infamia e senza lode. Alla base scorgiamo un bollo rotondo (continua lo stile “curvativo” di questo packaging) dove troviamo una iscrizione a spirale: “Vinum Merum Placentinum Laetificat...” cioè “il vino (schietto) piacentino rende lieti...”. Un motto che la cantina Valtidone ha fatto proprio e che nessuno si sentirebbe di smentire. E quindi tutto quadra.
Il Guizzo di un Nome Particolare
Fiori e Colori Gentili sulle Colline Piemontesi
Dahlia, Barbera e Nebbiolo, L’Annunziata.
La Dalia (o Dahlia) è un fiore. Che annovera diverse specie e colori. Esprime delicatezza, armonia, gioia ed è il nome di questo blend di Barbera e Nebbiolo che nasce sulle colline di Costigliole d’Asti, il comune più vitato d’Italia per estensione, a 400mt di altitudine. L’azienda, che si chiama “L’Annunziata”, dal nome della frazione dove si trova la cantina, agisce in regime Biologico e Biodinamico. Ma torniamo a questo vino e alla sua etichetta. Leggiamo il nome, in carattere graziato-stilografico, tratto sottile, forse troppo, ma in linea con la “gentilezza” dell’insieme. Una donna, ballerina, madama, contessa e perché no, contadina, di spalle, indossa una gonna che esprime tutta la dolcezza di un fiore, la fragranza del suo profumo, la leggiadria di stoffe preziose, ma assistiamo anche alla naturalità di una posa spontanea, sognante. In basso, alla base dell’etichetta, il nome dell’azienda. Da notare il tipo particolare di carta: potremmo definirla “martellata”, tecnicamente si dice goffrata, che fa risaltare un certo spessore, una consistenza volumetrica in rilievo, una porosità che esprime materia, concentrazione, qualità. Ne deriva, alla vista, la voglia di toccarla, di apprezzare con i polpastrelli la sua densità. Di percepire la fine e al tempo stesso genuina tessitura. Il vino contiene la “rude” Barbera e il nobile Nebbiolo. Il tutto rastremato e ingentilito da questi toni femminili ed estatici. Apprezzabile quindi il mood comunicativo del packaging.
Caos Creativo negli States
Fugge l’Ora, ma il Packaging Richiede Tempo
Ruit Hora, Barbera e Nebbiolo, Ghiomo.
Il Polpo, il Passito e un Bambino Ardito
Il Vino dagli Occhi Blu
Occhi Blu, Sauvignon, Cantine Angelinetta.
Questa etichetta raffigura un disegno dell’artista Felice Beltramelli, opera ritrovata in un album-raccolta dopo la sua scomparsa. Da sempre il mondo del vino è legato a quello dell’arte. Con il chiaro monito che fare arte non è da tutti. Quindi non basta un sghiribizzo mentale o da lapis improvvisato per creare qualcosa di valido, che possa rappresentare e comunicare un vino. Questo disegno, a nostro parere ci riesce. Ricorda un po’ quel gran genio di Picasso, ma conserva una propria identità. Un tratto sottile, qualche macchia di colore, ed ecco nascere una figura pseudo-umana dagli occhi blu. Una luna e una stella completano il panorama stilografico. Poesia in arte moderna. Il nome del vino non poteva essere che “Occhi Blu”, un omaggio a una persona speciale, una condizione fisico-cromatica che affascina sempre, visto che di occhi di quel colore ce ne sono pochi in giro. Anche il vino ha la sua particolarità: si tratta di un Sauvignon coltivato e prodotto sulle colline del lago di Como, a Domaso, sponda occidentale, quella ben esposta al sole. Un vino bianco che si avvale di passaggio in barrique non tostate. Un vezzo, se vogliamo, poche bottiglie prodotte, costo elevato. Ma anche la manifestazione di una passione di un produttore che ha lasciato la professione di ingegnere edile per dedicarsi alle vigna. Ultima nota: sotto al nome, in etichetta, troviamo la scritta in corsivo “Una sera al chiaro di luna sulla riva del lago in compagnia di due occhi blu”. Tutto il resto è fantasia.