Un “Roggio” di Sole (e di Design)

Roggio del Filare, Rosso Piceno Superiore, Velenosi.


Sulla scelta di chiamarsi “Velenosi”, cioè di far diventare il cognome di famiglia un marchio, abbiamo già discettato in altri articoli. In un settore che, soprattutto negli ultimi anni, privilegia naturalità e dintorni, un nome così potrebbe portare, almeno inconsciamente, verso altre aree di significato. Ma andiamo oltre: in questo caso il nostro commento è su un packaging scultoreo, dove la forma della bottiglia si fa emblema. Partiamo dal nome del vino, “Roggio del Filare”, che nasce dalla poesia di Giovanni Pascoli, “Arano”. Eccola in versione integrale: “Al campo, dove roggio nel filare qualche pampano brilla, e dalle fratte sembra la nebbia mattinal fumare, arano: a lente grida, uno le lente vacche spinge; altri semina; un ribatti le porche con sua marra paziente; ché il passero saputo in cor già gode, e il tutto spia dai rami irti del moro; e il pettirosso: nelle siepi s’ode il suo sottil tintinno come d’oro”. Ci teniamo a precisare che le “porche” sono strisce di terra tra due solchi. “Roggio” invece, sarebbe il colore “rosso” di qualche “pampino”, cioè di quelle foglie di vite rimaste sulla pianta (i campi si arano tra ottobre e novembre). Passando alla forma della bottiglia, quel taglio verticale così originale fa riferimento alla luce diagonale del sole che attraversa la vegetazione e che, in questo caso, indica la vera e propria etichetta in carta, nella parte bassa. Un esercizio di design che spicca tra molte altre “forme” di comunicazione di prodotto. Ci vuole coraggio (e qualche costo in più) ma il risultato è evidente.