Sablà. Ribolla Gialla, i Clivi.
Il nome di questo vino, che potrebbe sembrare un riferimento al “sabrage”, termine francese che indica la pratica di stappamento violento a mezzo di una sciabola di un vino spumante (da “sabre”), si riferisce invece e molto probabilmente al tipo di terreno dove radicano le viti di Ribolla Gialla che lo compongono: si tratta di roccia arenaria formata da granuli assimilabili a una sabbia. Ed ecco qua il nome: come dire “dalla sabbia, oplà”, sintetizzando, “Sablà”. Il nome risulta compatto, simpatico, memorabile, attinente. Ma anche la grafica dell’etichetta ha uno svolgimento interessante. Su fondo nero molto charmant, spiccano delle grosse bolle, forse acini, forse entrambi. Guardando bene il packaging si notano delle sinuosità stampate con inchiostro lucido. Sono le colline friulane dove matura l’uva che serve a produrre questo Brut. Il risultato è molto impattante: abbiamo la nota cromatica, arancione, che attira molto l’attenzione (anche il tassello alla base spicca, e il nome si legge in modo chiarissimo), abbiamo pochi elementi ma molto distintivi (le bolle, il nome, il nero dello sfondo), abbiamo infine la “finezza” di quelle colline appena accennate, che letteralmente sbucano, discrete ma a loro modo protagoniste, fornendo all’elaborato un equilibrio invidiabile, tra impatto ed eleganza. Il vino, come promesso dal produttore, è morbido, l’esperienza cognitiva (che di fatto inizia quando l’occhio incontra l’etichetta) è completa.