Questo vino viene prodotto in Georgia, nella regione di Meskheti, a lungo occupata dagli Ottomani che distrussero villaggi, vigne e cantine. Oggi Giorgi Natenadze e altri giovani viticoltori, provano a recuperare antichi vitigni autoctoni. Ma andiamo con ordine. L’etichetta di questo vino, indubbiamente molto particolare, vuole narrare una storia che risale al 1160, anno di nascita della Regina Tamara, alla quale è dedicato il vitigno (il Tamaris Vazi). Le pagine di storia narrano che fosse il preferito dal Re Tamar di Georgia, in realtà la figlia (donna) di Re Giorgio III, e non si tratta di un errore perché qui viene l’aneddoto: “Tamara, pur essendo donna, usava il titolo spettante di diritto al sovrano maschio, ossia re, facendosi chiamare Re Tamara (Tamar Mepe)” (Wikipedia). Probabilmente un caso unico al mondo che oggi, nella tendenza gender-fluid, dove sembra che non ci sia più distinzione tra maschio e femmina, risulta quindi molto attuale. Graficamente l’etichetta presenta una corona in alto e un collare di pietre preziose. Insomma, il tesoro della Regina, anzi del Re Tamara. Il risultato, cromaticamente, è sorprendente. La preziosità traspare, anzi, esonda. Si tratta forse di una ridondanza, di sfaccettature un po’ sfacciate. Ma di fronte al racconto della vita di questa Regina particolarmente autoritaria (si faceva chiamare, “re dei re e regina delle regine”), lo sfarzo può essere un modo di essere e di comunicare.