Aperture, Cabernet Sauvignon.
Il territorio è quello californiano, nei pressi di Healdsburg, a nord di San Francisco, dove per i vini hanno ancora qualcosa da imparare, ma per il packaging hanno tutt’oggi qualcosa da insegnare. Niente di trascendentale, intendiamoci, ma qualcosa da sottolineare, questo sì. L’etichetta si fa notare subito per la presenza centrale di alcuni acini. L’elaborato potrebbe essere fotografico, ma tradisce subito qualcosa di artistico. Riproduzione dal vero? Libera interpretazione di quello che la natura, anche sulla buccia di un acino, può regalarci? Fatto sta che il packaging di questo Cabernet si distingue per preziosità, estetica, spessore, sia pure esprimendo un omaggio agli aspetti naturali del processo di vinificazione, a partire proprio dal grappolo d’uva, intonso, come la linfa l’ha fatto, che la mano del vignaiolo raccoglie a piena maturazione. E per il resto? Due gentili e sottili scritte sotto all’immagine, Cabernet Sauvignon a sinistra e Soil Specific a destra, a sottolineare il vitigno, certo, ma anche la particolarità del suolo, vulcanico, minerale, come affermato dal produttore nel proprio sito internet. Il nome del vino è anche il nome dell’azienda, “Aperture”, che non ha bisogno di traduzioni (esattamente sarebbe apertura o cavità), in quanto consente in lettura di spaziare, di immaginare vallate, sole, vento. Dal piccolo (l’acino) al grande: il potere di una parola a volte è illimitato.