Mater Matuta, Syrah e Petit Verdot, Casale del Giglio.
IL NOME DEL VINO
L’etichetta è la PRIMA e più IMMEDIATA comunicazione del VINO.
Divinità Italiche Vestite alla Francese
Mater Matuta, Syrah e Petit Verdot, Casale del Giglio.
Omaggio a Ligabue e alla Sua Fiera Mente
Moderatamente Alcolico, Allegoricamente Natalizio
Sidro Melchiori Trentino, Lucia Maria Melchiori.
A ridosso di ogni Natale fioccano le edizioni speciali dei vari prodotti enogastronomici e di conseguenza dei loro packaging. A dire il vero questo sidro di mele non rientra nell’enogastronomia perché… gli manca “l’eno”. Anche se alcolico non è un vino. Vediamo comunque per i non addetti di cosa si tratta, nella descrizione che viene data da questa azienda nel loro sito Internet: “Il sidro è un fermentato di frutta, ad esclusione dell’uva, opportunamente preparato per il consumo. Il sidro più consumato e prodotto è sicuramente quello derivante dalla fermentazione delle mele: è un prodotto vivace, fresco, pieno di storia, simpatico e felice, da gustare in ogni momento della giornata. Bevanda di colore giallo, leggermente alcolica, acidula o dolce, caratterizzata da aromi particolari e diversi che derivano dalla frutta utilizzata e dal metodo di produzione impiegato che può essere Charmat, dove il prodotto fermenta in autoclave, o Metodo Classico, quando il prodotto fermenta in bottiglia”. Ebbene sì, il sidro di mele può essere finalizzato anche in versione “Metodo Classico”. Ma veniamo a questa confezione particolare: carta rossa natalizia con fiocco verde sul collo della bottiglia, illustrazione da favola con montagne rocciose (le nostre, non quelle americane) sullo sfondo e slitta di Babbo Natale alla base. Tutto molto aulico. Da portare in tavola con festosa appartenenza. Per il resto il sidro è un prodotto moderatamente alcolico, in grado quindi di fornire allegria, senza eccessi. E la mela fa pure bene.
Spumante da Aperitivo con Spessore
Il Faccione di Quel Piacione di Platone
Stranezze Astratte di una Romagna Romantica
Lo Stralisco, Sangiovese, Chiara Condello.
Bollicine Concrete sulle Colline Pavesi
Zuffada, Pinot Nero (Spumante), Casa Zuffada.
Si tratta in sostanza di un agriturismo a circa 70 chilometri da Milano. Si trova a Ruino in provincia di Pavia (dove ha sede e produzione anche il celebre caseificio “il Boscasso”). La specialità di Casa Zuffada sono gli spumanti. Su quelle colline, a trattarlo bene, il Pinot Nero (o Noir, secondo le origini francesi) rende bene, soprattutto sotto forma di bollicine. Ed ecco quindi un Metodo Classico sfidante, anche per quanto riguarda il packaging. Cosa vediamo in etichetta? Tanta semplicità. Su un fondo di carta tattile la grande scritta che è nome del vino e della cantina stessa: “Zuffada”. Sotto al nome un simbolo. Moderno, ottico, ipnotizzante, anche un po’ tribale. Alla base la scritta in rosso “Pas Dosé”, in evidenza. Più in piccolo, Pinot Nero e Metodo Classico. Nient’altro. Poche parole, grandi certezze. Uno schema da leader di mercato se non fosse che questa piccola realtà produce questo vino con una vigna di solo 1 ettaro. Eppure la semplicità paga, in termini di credibilità e sostanza. Nessuno fronzolo, solo concretezza. Cosa ci vuole a creare un’etichetta così, direbbero in molti. Creatività poca, ma tanto coraggio e amor proprio.
La Catarsi Filosofica dello Champagne
Blanc de Noirs, Champagne, Domaine Rousseaux-Batteux.
L’eterna battaglia tra il bianco e il nero è una questione filosofica. Forse anche tra il bene e il male, tra il giorno e la notte, tra il sole e la luna. Si tratta di un combattimento che si svolge da secoli anche nelle campagne dello Champagne (l’assonanza è voluta: ormai si dimentica che “Champagne” significa proprio quello e non cene sfarzose in castelli fiabeschi, significa proprio “campagna”, campagnolo, rurale, genuino). Il dilemma è sempre tra il vitigno Pinot Noir e lo Chardonnay. Caratteri diversi che di solito vengono amalgamati (insieme al Meunier nella formula classica), ma che per gli esperti valgono molto anche come vitigni solisti. E qui si apre lo spartiacque tra gli austeri e i gaudenti, tra gli amaricanti e i fruttanti (giusto per la rima). Alcuni dicono tra il maschile e il femminile. Ma non vorremmo cadere nella trappola del geneticamente scorretto. Ironia della sorte vinicola (storica) lo Champagne più acquistato e quindi, a monte, conosciuto è il Blanc de Noirs, bene in evidenza in questa etichetta, che gioca a confondere le idee ai meno avvezzi. Si tratta di un “bianco” creato con un vitigno “nero”. Intrigante quanto basta già in partenza. Cosa desiderare di più? Un tocco di mistero, tra bollicine fini e aromi ben marcati, è quello che ci vuole per un incontro romantico o un brindisi festoso.
Pane, Olio e Vino, la Formula della Semplice Felicità
EVO, Tenuta Sigillo.
Si sa che olio e vino vanno a braccetto, soprattutto in Italia, da molti secoli. E gli Antichi Romani ci sono sempre in mezzo. Certo l’Abruzzo non è una delle regioni di riferimento per il vino, ma lo è per l’olio extravergine di oliva, ancora oggi sottostimato. Ed ecco quindi un post che parla di un’etichetta di olio, in onore della buona tavola italiana. Si dice che pane e vino possa essere un cibo completo e nutriente, ma pane e olio lo è ancora di più. Soprattutto quando la qualità della materia prima è elevata. In questo caso elevatissima. Ma veniamo all’etichetta di questo EVO prodotto a Penne, uno dei Borghi più Belli d’Italia, da Emanuela Sigillo, discendente di una famiglia che da generazioni ha abitato e coltivato quelle colline in provincia di Pescara, a metà strada tra il Mare Adriatico e il Gran Sasso d’Italia. Etichetta verde-oliva, biologica al primo sguardo, lo stemma dei Baroni Sigillo in alto, la scritta al centro con evidenza, in bianco, alla parola “bio”, un ramo con frutti e foglie in basso. Nient’altro. Semplicità. Alla base, meno visibile in questa foto, la doverosa precisazione “100% italiano”, laddove ormai l’olio d’oliva che si trova in commercio non si sa più da dove venga. Ed è già un miracolo se proviene solo da terre che si affacciano sul Mediterraneo. Non solo italiano, questo olio, ma regionale e ancora di più (o ancora meno, dipende dai punti di vista): locale. Ed è questo essere circostanziato da storia, cultura, territorio, tradizioni, che lo rende perfetto. O semplicemente molto buono, senza esondazioni in materia di marketing. E allora la formula della felicità è: pane, olio e vino. Con un pizzico di sale, anche sotto forma di saggezza, che non guasta mai.
Gutturnio e Fasulìn in Edizione Speciale
Gutturnio, Cantina di Vicobarone.
A volte succede (molto spesso in Italia) che vengano commissionati dei vini in edizione speciale (in particolare delle etichette redatte apposta per situazioni estemporanee) da parte di Ristoranti, Eventi, Celebrazioni, Fiere e Sagre. E’ proprio quest’ultimo il caso in cui la storica Festa del Fasulìn de l’Oc con le Cudeghe, che si tiene ogni anno a Pizzighettone, vicino a Cremona, tra la fine di ottobre e l’inizio di novembre, ha ordinato numerose bottiglie di Gutturnio alla poco distante Cantina di Vicobarone. La decisione in merito a come organizzare graficamente l’etichetta in questione varia da un’impronta simpatica a quella magari più storica e celebrativa. In questo caso si è approfittato dell’occasione per fornire una mappa del luogo dove si tiene la fiera: si tratta della Gerra di Pizzighettone, come riportato in etichetta. Innanzitutto vediamo cosa significa questa parola, “Gerra”. Andiamo da “giaciglio, stuoia, graticcio” a “guerra” vera e propria, fino a “sciocchezza”, sempre dal latino. Siamo più propensi a tradurre come “guarnigione” visto che il comprensorio in oggetto è fortificato con alte mura e casematte (a proposito, cos’è una casamatta? Trattasi di opera difensiva fissa in muratura, insomma un bunker). Cos’altro su questa etichetta speciale? Il nome del vitigno in grande (che diventa anche nome del vino) e il logo della cantina produttrice in alto. Qualcuno le colleziona queste edizioni speciali. Oppure se le beve, che è anche meglio.
Baffetto Perfetto e Occhiale Modello per un Tempranillo Brillo
El Figura, Tempranillo, Siete Pasos.
Un’etichetta davvero curiosa, che ci diverte analizzare. Innanzitutto dobbiamo dire che in rete non si trovano sufficienti informazioni sull’azienda e su questo vino in particolare. Si sa che siamo nella regione vinicola più importante della Spagna, La Rioja, dove dominano i vini rossi. Si sa anche che questo vino è composto al 100% da Tempranillo, uno dei vitigni più diffusi in Spagna. Cosa possiamo notare nel packaging? Un colore di fondo rosa che contrasta nettamente (nella percezione stereotipata) con il viso dell’uomo “macho” in primo piano. Baffi da avventuriero, occhiali da maranza. Il nome del vino è “El Figura”, forse un epiteto indirizzato proprio al soggetto ritratto in primo piano. Figura in spagnolo si traduce con… figura. Ma a parte queste considerazioni grafiche dobbiamo passare ad una valutazione semantica, laddove in alto leggiamo questa frase: “Preciosa! I dònde tiene el botòn de “Me gusta”? Più o meno traducibile con “Carissima, dov’è il pulsante “Mi piace”? Variamente interpretabile, certo. Sicuramente sorprende e incuriosisce. Questo packaging, quindi, si colloca nella serie di etichette simpatiche, anacronistiche, curiose e creative. Non ci sono dubbi, se non sul modello di occhiali da sole indossati dal famigerato individuo brillantinato.
Cognomi Storici che Cambiano ma non Mentono
Essere Amato Come un Magliocco Rosato
Amaris, Magliocco, Biofattoria Sociale Marinello.
Le Trame Biologiche di una Antica Diramazione
Rapimenti Tattili e Organolettici nell’Isola più Greca d’Italia
Vetro Verde, Vino Rosso
Un Trisnonno Tardivo, Come il Suo Passito
Tardivo (Bianco), Grillo Passito, Foderà.
Uno Zibibbo che Vola Via
La Felicità di Iniziare Tutto da Zero
Felicitas, Müller Thurgau, Mai Domi.
La Coerenza tra Etichetta e Racconto del Vino
Lamettino, Marzemino (Merlot e Sangiovese), Tenuta La Vigna.
Cento Anni (e Forse più) di un Vino Vulcanico
Parole d’Italia, la Francia s’è desta
Invitare, Viogner, Chapoutier.
L’inequivocabilmente francese Monsieur Michel Chapoutier, il noto produttore della Valle del Rodano (Condrieu), ha deciso di dare un nome in italiano a uno dei suoi vini di riferimento. E’ tutto molto classico, nella modalità francese di fare le etichette (che anche in Piemonte adottano spesso): uno stemma in alto, ben evidente (tre botti, un alfiere, un luna, un sole, le colline…), il nome del produttore in basso (che ripropone lo stemma già citato) con il motto “fac et spera”: un po’ come dire “aiutati che il ciel t’aiuta” in italiano. Ma a noi interessa prevalentemente il nome del vino, al centro, con un’ottima rilevanza (in termini di gradezza): “Invitare”. C’entra con la buona tavola e il buon vino: se io ti invito a cena, l’atto dell’invitare è necessario, allora devo premurarmi di poterti offrire qualcosa di speciale (altrimenti ognuno a casa propria). Stupisce l’utilizzo dell’italiano in un luogo così profondamente francese come la Valle del Rodano. Invitare in francese si dice “inviter” e quindi la parola è facilmente interpretabile in entrambi i paesi. Un guizzo di italianità, insomma. E noi ne siamo fieri.
Uno Champagne del Sud, Forte e Delicato (con Cappello)
Osmose Rosé, Champagne, Mademoiselle Marg’o.
Un’etichetta che invita all’assaggio. Spumeggiante, primaverile, leggiadra, certo anche molto femminile. Una figura di donna con un copricapo a falda larga. Fiori, vegetazione, foglie che volano. Sguardo e cappello molto sfiziosi. Molto francese, insomma. E anche per i nomi l’immagine del produttore è andata verso il classico, l’intrigante, il romantico: “Mademoiselle Marg’o” è il nome dell’azienda guidata da Aurelie e Sonia, “Osmose Rosé” è il nome di questa cuvée a base Chardonnay con un pizzico di Pinot Noir vinificato in nero. Tutto insomma ruota attorno a una immagine bucolica, piuttosto stereotipata, certo, ma resa molto bene dall’illustrazione in etichetta e dalla delicatezza dei suoi particolari. Compresa la goffratura (lo spessore, in rilievo) della carta che sullo sfondo ripropone il tema vegetale. Insomma molto candore (di colore) con un po’ di malizia che male non fa. Bollicine birichine che allietano la tavola anche con la loro presenza scenica. Il resto lo farà il calice (rigorosamente in cristallo di Boemia).
Il Gallo Nero Sorveglia il Terreno
Le Tre Vigne, Chianti Classico, Terreno.
In questo packaging molto “casereccio” (o quanto meno così vuole apparire) troviamo l’elemento “nome dell’azienda” molto importante, come presenza. Al punto da poter sembrare il nome del vino. “Terreno” è quindi l’azienda, mentre “Le Tre Vigne” è il nome del vino (un po’ nascosto anche dalla traccia rossa che in realtà sarebbe servita ad evidenziare). A seguire la denominazione “Chianti Classico” e il nome della titolare dell’azienda: “Sofia Ruhne”. Sopra al nome aziendale troviamo uno scudo, un marchio, uno stemma, che riporta tre foglie di vite, una stella, un grappolo d’uva e una “R” al centro (iniziale del cognome della famiglia proprietaria). L’etichetta dunque è semplice, di quelle fintamente compilate a mano, che fa molto artigianalità, attività umane dirette. L’azienda risale al 1988 e dal 2014 è diventata biologica. L’impressione è quella di un Chianti (inteso come zona) contadino che ha ricevuto la spinta di investimenti importanti. E che si colloca a metà tra una logica tradizionale e un marketing attuale. Il Gallo Nero, sul collarino della bottiglia, veglia sulla genuinità del tutto.
Il Grillo in Spagna Non è un Vitigno
Hop Hop, Syrah e Garnacha, El Grillo Y la Luna.
Una piccola azienda spagnola, quasi famigliare, nella zona del Somontano de Barbastro, alle pendici dei Pirenei, si diverte a creare etichette bizzarre che hanno sempre per protagonista un grillo (stilizzato). In questo caso, un vino rosso a base Syrah e Garnacha, il nome effettivo sembrerebbe essere “Hop Hop”. A simboleggiare in modo onomatopeico (diciamo così) il saltellare del celebre e simpatico insetto parlante estivo. Si tratta di una bottiglia decisamente giocosa che lascia poco spazio a nozioni e sensazioni tecniche, enologiche, gustative. C’è solo la simpatia, che cattura, certo, ma che non trasmette valori relativi ad affidabilità e competenza dell’azienda produttrice. Fino a che punto è giustificabile sacrificare la credibilità in favore dell’ allegoria? Non lo sappiamo. La misura è diversa per ognuno. Certamente il packaging di questa bottiglia è stato studiato bene e realizzato con eleganza e chiarezza. Il resto lo saltiamo, un po’ come fa il grillo, senza troppi complimenti. N.B.: il Grillo in Italia, e in particolare in Sicilia, è un vitigno. Tant’è che in prima battuta abbiamo pensato che ci fosse proprio quello in questa bottiglia!
























