Nomi di vini, nomi di luoghi, nomi di vigneti. Molti produttori percorrono questa strada per caratterizzare il loro prodotti. In generale non sbagliato. Ma il nome del luogo, della collina, della zona, dovrebbero essere in linea con le caratteristiche e soprattutto con le esigenze comunicative del vino in questione. Facciamo un esempio: abbiamo un vino bianco, ottimo vino, un Roero Arneis, dal Piemonte, frutto del lavoro di un ottimo produttore. E lo chiamiamo Bricco delle Ciliegie, dal nome del vigneto storico dove vengono coltivate le uve "un puzzle di piccoli appezzamenti, un mosaico di suoli differenti" dice l'azienda. Ok, fin qui ci siamo. Ma c'è un ma. Le Ciliegie. Una tira l'altra, ma soprattutto ricordano sapori fruttati tipici di vini rossi. E qui abbiamo un bianco. Si genera un contrasto, un "conflitto" semantico che conscio e insconscio possono recepire. Questo perché il messaggio (il comunicare) dovrebbe essere univoco e unisono per essere incisivo ed efficace. Andando oltre il nome, l'etichetta è piacevole, ottima l'idea di collocare sulla sinistra una "rudimentale" mappa del territorio, bello il carattere di scrittura del nome in etichetta, criticabile il loghino superiore verde con casetta e alberello: troppo infantile nello stile proposto.