La questione è complessa. Ma l'etichetta è gradevole. Vediamo i vari elementi: siamo in Toscana (esattamente in Lunigiana, "terra di mezzo" tra Liguria, Emilia e Toscana), dove una azienda vitivinicola ha "ripescato" un vitigno semi-sconosciuto, la Pollera Nera, decidendo di vinificarlo in bianco. Il nome prescelto è "Durlindana": Treccani dice "Nome della spada di Orlando (nei poemi francesi chiamata Durandal o Durendal); per estensione, scherzoso, spada, sciabola in genere". E infine l'illustrazione in etichetta: abbiamo saputo direttamente dall'autrice, Chiara Ghigliazza, essere la rappresentazione di una pera aperta a metà. Questo perché i sentori del vino, in parte, possono richiamare il sapore di quel frutto. Il fatto (anzi, l'artefatto) curioso è che il disegno potrebbe sembrare una stilizzazione di un pollo, da qui il sospetto di affinità con il nome del vitigno "Pollera". Ma così non è, ci hanno assicurato. In analisi finale: il nome, Durlindana, è curioso, foneticamente morbido, il labiale incita al gioco di parole, allo scioglilingua, lungo ma tutto sommato memorabile. E anche con un riferimento di tipo storico-culturale. Non sappiamo se la spada possa rappresentare il vino, che ci aguriamo (non lo abbiamo ancora assaggiato) non sia comunque troppo affilato. Graficamente il design dell'etichetta è pulito, impattante, si fa notare: la sintesi degli elementi, in comunicazione, è una caratteristica in generale vincente anche per quanto riguarda la parte visual.