Chicchirossi, Blend di Rossi Toscani, Fattoria San Michele a Torri.
Quello che colpisce di questa etichetta, molto essenziale, è la nitidezza dell'illustrazione del grappolo d'uva, o meglio, della sua rappresentazione. Molto bello, attraente, luminoso, coerente con il nome "Chicchirossi", molto "realistico" ma forse poco reale, in senso di poco somigliante a un vero grappolo d'uva. Certo colpisce molto il cromatismo rosso brillante sullo sfondo scuro. L'iconografia è classica (un grappolo, se ne vedono dappertutto) ma attira l'occhio e stabilisce un "contatto". Anche il nome, a dirla tutta, nella sua semplicità descrittiva risulta comunque originale e non inflazionato. Chiamare "chicchi" gli acini d'uva può essere un po' arcaico o forse infantile, ma ci può stare, soprattutto per differenziarsi dagli altri, dai concorrenti. È anche probabile che "chicchi" sia più utilizzato in Toscana, come verbalizzazione, rispetto ad altre parti d'Italia. Per chiudere questa breve analisi, ritorniamo su quanto accennato all'inizio: emerge una essenzialità data da pochi elementi. In sostanza tre: il nome del vino, l'illustrazione "fotografica" al centro dell'etichetta e infine logo e nome del produttore alla base della bottiglia. Poche cose, ben "tornite".