Colle Ozio, Grechetto, Leonardo Bussoletti.
Si chiama “Colle Ozio”, questo vino, e la sua etichetta è caratterizzata da una serie di “parole sparse”. Non ci sono altre possibili definizioni per la modalità con la quale il produttore ha deciso di occupare lo spazio a sua disposizione, sulla bottiglia, per quello che si chiama packaging. Per la cronaca l’azienda in questione si trova in Umbria e per la precisione i vitigni che compongono questo vino sono due: il Grechetto di Orvieto e il Grechetto di Todi. Ma andiamo oltre, “Colle Ozio” si diceva. Nome interessante se vogliamo scavare nella cultura mediterranea e affiancarlo quindi all’otium come lo intendevano i Romani, con un significato tutt’altro che banale. Infatti l’otium veniva considerato sempre in contrapposizione al negotium. Quindi “otium” non significa ozio, cioè il non fare nulla, come si potrebbe pensare: per gli Antichi Romani era la cura di sé e della propria istruzione, gli aspetti spirituali e lo studio. L’otium era un modo di vivere che prevedeva buone letture, meditazioni filosofiche, gusto per l’arte, esercizio fisico. Il negotium invece erano gli affari, il lavoro, cioè tutte le attività compiute per garantirsi la sopravvivenza (a quei tempi in secondo piano rispetto all’otium). Il negotium era per gli schiavi, l’otium per i padroni. L’Impero Romano inizia a decadere proprio quando cade in disuso l’otium, cioè la società del pensiero e della saggezza per fare posto alla società degli affari, della ricchezza materiale. Se invece il produttore di questo vino con “Colle Ozio” intende indicare proprio una collina chiamata così, pazienza. A noi ha dato modo di estrapolare un argomento interessante.