Tutti sono in grado di riconoscere al primo ascolto il raglio di un asino. Si tratta di un verso animale molto distintivo. Che spesso suscita ilarità, ma anche simpatia. Certo l’asino, come animale, viene associato (anche con l’accezione “somaro”) a qualche studente svogliato o poco brillante. In questa etichetta, invece, l’asino viene eletto a simbolo. Infatti l’azienda, nella scheda di presentazione del vino, scrive: “Ci sono produttori nobili che dedicano un vino a un animale elegante come il cervo. Noi siamo umili produttori di vino e quindi abbiamo scelto di dedicare un vino al grido dell'asino, l'animale che ha sempre accompagnato il lavoro del contadino e con i muretti a secco rappresenta i popoli del Mediterraneo”. Il produttore in questione è calabrese, della provincia di Cosenza, dove in effetti l’utilizzo di animali da traino o da trasporto è ancora una buona, ecologica, conveniente abitudine. Veniamo all’etichetta nello specifico: il simpatico animale, sbuca da sinistra in versione illustrata e accenna al tipico raglio con gli occhi spalancati. Sulla destra in alto vediamo un cerchio giallo, il sole di Calabria, forse, ma più probabilmente un acino d’uva visto che l’azienda si chiama così e che un simile cerchio appare anche nel marchio. Per il resto vediamo il nome del vino in buona evidenza e per il fronte-etichetta è tutto, rimandando le informazioni aggiuntive sul retro. Che dire? Questa bottiglia si fa notare. Tutto sommato, dietro a questo packaging c’è un rational che non fa una piega. E anche graficamente, si fa sentire.