Passione e Passito: l’Effetto Psicologico delle Parole

L’Afrodisiaco, Passito Rosso (Oselèta), Buglioni.

Tra le stranezze vinicole d’Italia (chiamiamole eccellenze) possiamo annoverare anche qualche raro passito in rosso. Questo, che esula dal disciplinare di zona, quello del Recioto, è prodotto con uve Oselèta al 100% e si fa chiamare “l’Afrodisiaco”. L’etichetta è di quelle anonime, ordinate, “pulite”, ma fin troppo sobrie. Il nome invece ci fornisce l’occasione di esplorare l’area della trasgressione partendo da osservazioni etimologiche: letteralmente “sostanza che stimola l’eccitamento sessuale”, la parola ha origine da Afrodite, dea greca dell’amore (Venere per gli Antichi Romani). O anche, secondo un antico dizionario etimologico: “Attributo di sostanza che eccita la libidine amorosa, come la cantaridina o il fosforo”. Per la cronaca la cantaridina viene ricavata dalle elitre di un coleottero. Di certo, a parte l’effetto disinibitorio del vino, le caratteristiche afrodisiache vengono attribuite più che altro a cibo come ostriche, tartufi, peperoncino, cioccolato, zenzero… ma sono tutte fanfaluche. Diciamo piuttosto che l’idea stessa di bere o mangiare qualcosa che si presume possa essere afrodisiaco, crea una effetto psicologico. Forse è questa l’intenzione di questa azienda nel proporre un passito, dolce, suadente, galeotto, che si chiama “l’Afrodisiaco”, come fine pasto e “inizio” di un altro tipo di serata.