L’utilizzo di carte, inchiostri e tecnologie speciali per le etichette dei vini sta diventando prassi comune. Complice anche la diminuzione dei costi di stampa (dispositivi digitali, minor apporto di ore-lavoro umano e più automatismi). Un sobrio ma elegante esempio lo abbiamo con la nuova etichetta di questo Trento Doc che intende valorizzare la sua provenienza “rocciosa”. Il nome del vino, “Dolomis”, richiama direttamente le Dolomiti (dal nome “Dolomia” della roccia tipica di quei pendii). In tal guisa, Wikipedia ci informa che: “La dolomia è una roccia sedimentaria carbonata costituita principalmente dal minerale dolomite, chimicamente un carbonato doppio di calcio e magnesio. Questa roccia prende il suo nome (come il minerale dolomite) dal naturalista e geologo francese Déodat Gratet de Dolomieu (1750–1801), il quale osservò tale roccia nei gruppi montuosi dei Monti Pallidi”. Insomma anche in questo caso abbiamo tra i piedi un francese. Aggiungiamo che alcuni Trento Doc nulla hanno da invidiare allo Champagne. Bollicine di montagna, come vuole fortemente affermare questo produttore con il pay-off “Plasmato dalla roccia”. Vediamo i particolari di questa etichetta: l’accento giusto (sulla seconda “o”) con il quale pronunciare il nome del vino viene indicato da un simbolo che somiglia a un picco della montagna. La scritta stessa del nome viene adombrata (tagliata dal basso) da un profilo montuoso. Nei tasselli che formano il design dell’etichetta ne vediamo alcuni stampati con un inchiostro ruvido, polveroso, roccioso. Il resto lo fa l’immaginazione, ben attivata da una comunicazione studiata nei dettagli e concettualmente strutturata.