Questa etichetta dai tratti "moderni" che distingue il vino di una piccola cantina della provincia di Caserta, ci offre l'occasione per parlare un po' di... parole. Il primo contatto, l'impatto attenzionale, oltre che sull'aspetto cromatico, nero e oro, cade sui due nomi in evidenza: Campantuono in alto e Papa in basso. Per un attimo abbiamo pensato che Campantuono fosse un cognome e Papa il nome del vino, in omaggio a qualche antico onore Vaticano. Invece Papa è il cognome del produttore, Antonio Papa e Campantuono è il nome del vino. L'equivoco può essere generato dal fatto che di solito il cognome del produttore viene "isolato" in una banda cromatica al vertice o alla base dell'etichetta (solitamente in alto). Vero è che il "di solito" nel design non dovrebbe nemmeno esistere, ma alcune consuetudini, quando adottate dalla maggioranza, posso cristallizzare delle percezioni da parte dei potenziali clienti. Si noti anche che a favor di equivoco il nome Papa, molto stilizzato, presenta due "P" che ricordano il Pastorale (o Vincastro), il "bastone" del Papa o dei Vescovi. Detto questo e scoperto quindi che Campantuono è il nome del vino, scopriamo e diciamo anche che questo nome deriva da "il Campo di Antonio" come viene definito in forma contratta e dialettale la sommità dove viene coltivata la vigna in questione. Anche se lungo e composito, Campantuono è un ottimo nome: c'è il campo, la natura, la terra e, più che Antonio, c'è il "tuono", promessa di fulgore, forza, esuberanza di questo vino.