Oliva, Riesling (Renano), Cà di Frara.
D'accordo, il sito dove ha dimora il vigneto si chiama "Oliva Gessi", per storia, cultura, tradizione, eccetera. Valori che valgono davvero nel mondo del vino. Ma chiamare un vino "Oliva" ed enfatizzarlo in etichetta ponendo tale nome in grande evidenza sembra proprio un errore di tipo psico-gustativo. L'abbiamo già detto molte volte, occhio e cervello sono meccanismi di un medesimo, complesso, "edificio". Quanto l'occhio legge "oliva", il cervello riceve un segnale che è inevitabilmente vittima dell'esperienza pregressa, del "conosciuto". E il conosciuto riguardo le olive è tutto in una direzione: gusto e sensazioni legati al frutto dell'ulivo, sia esso in salamoia o in spremitura extra-vergine. La grafica in etichetta pone in parte rimedio a questo cortocircuito comunicazionale, proponendo una sintetica mappa della zona di produzione e mostrando che Oliva Gessi è un luogo. Ma a parte l'essenzialità un po' scarna del design, il problema permane con quel grande nome "Oliva" in primo piano. Il cortocircuito Oliva-Riesling è forte, anche a causa delle "contaminazioni" commerciali che spesso portano le aziende vitivinicole a proporre anche bottiglie di olio prodotto nelle proprie tenute. Ecco perché la comunicazione dovrebbe essere sempre chiara: scevra di possibili fraintendimenti, anche di tipo "sottocutaneo". E non chiamiamoli "particolari", se non nel senso di "aspetti che richiedono particolare attenzione".